Vallo della Lucania, i perché della sentenza Mastrogiovanni: «Contenzione frequente al San Luca»

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Vallo della Lucania, i perché della sentenza Mastrogiovanni: «Contenzione frequente al San Luca»

In 183 pagine il giudice di primo grado del tribunale di Vallo della Lucania spiega il perché del verdetto di condanna per i medici del reparto psichiatrico dell’ospedale San Luca e di assoluzione per gli infermieri accusati della morte di Franco Mastrogiovanni.

Colpe insussistenti Il giudice monocratico Elisabetta Garzo ha sottolineato nelle sue motivazioni «l’insussistenza della colpevolezza» per i 12 infermieri imputati nel processo per la morte del maestro elementare di Castelnuovo Cilento. «Sia dalle deposizioni testimoniali che dalle parole di tutti gli imputati – scrive il giudice nella decisione resa nota a distanza di 6 mesi dalla sentenza – è emerso che le cartelle cliniche erano visionate esclusivamente dai medici e che non erano custodite in prossimità dei pazienti ma in apposite stanze». «Tutti gli indagati e i consulenti – continua il giudice – hanno precisato che la contenzione è un atto medico e le modalità applicative sono rimesse all’insindacabile scelta dell’operatore».

Contenzione frequente «E’ doveroso rimarcare – scrive ancora il giudice – come dal dibattimento sia emersa l’assoluta impreparazione degli infermieri rispetto alla contenzione. Impreparazione intesa in senso scientifico – sottolinea la Garzo – Hanno negato di aver svolto corsi di aggiornamento sul punto, hanno sostenuto che ogni iniziativa era rimessa alle valutazioni del medico. E’ stato dimostrato che la pratica della contenzione era alquanto frequente nel reparto spdc dell’ospedale San Luca».

IL VIDEO DELLA LETTURA DELLA SENTENZA

Sempre legato Dal 31 luglio, giorno del ricovero, al 4 agosto, giorno del decesso, Franco Mastrogiovanni appare in video «legato e sedato». «Durante la manovra si dimena, si accorge di essere legato, tenta di liberarsi dal catetere ma appare sempre legato – si legge nelle motivazioni – E’ sempre seminudo e scoperto. Entra un’addetta alle pulizie che sembra non prestare attenzione ai degenti presenti nella stanza. Alle 9.51 del 3 agosto ha il pantalone strappato. E’ sempre catetarizzato. Un infermiere presente non sembra accorgersene». «Francesco Mastrogiovanni fu contenuto per tutto il periodo del suo ricovero (83 ore) senza manifestare alcun sintomo di violenza nè verso se stesso nè nei confronti dei sanitari. Rimase senza mangiare e bere e non fu mai liberato dalle fascette impiegate per immobilizzargli i polsi e le caviglie». 

«Il tso è contenzione» «Il direttore sanitario dell’Asl, Pantaleo Palladino, – si legge ancora – nel corso dell’istruttoria, avrebbe equiparato il tso alla contenzione. Quindi l’applicazione delle fascette (aveva dichiarato) è uno dei tanti sistemi che si applicano nella contenzione, quindi il ricovero sanitario obbligatorio è una contenzione». «Ma si tratta di una equazione assolutamente surreale – sottolinea il giudice – destituita di qualsiasi fondamento sia sul piano medico scientifico che su quello giuridico, in quanto l’attuazione del tso in nessun modo autorizza automaticamente l’attuazione di pratiche di coercizione quali appunto la contenzione meccanica».

Sentenza di primo grado Per la morte di Franco Mastrogiovanni il giudice Elisabetta Garzo ha condannato i medici Di Genio, Barone, Basso, Della Pepa, Mazza e Ruberto a pene che vanno da un minimo di 2 ad un massimo di 4 anni. Tutti assolti dai reati, invece, i 12 infermieri del nosocomio vallese. A giocare un ruolo significativo nella vicenda giudiziaria sono state, probabilmente, le immagini del video di sorveglianza che hanno ripercorso le 83 lunghe ore di agonia di Mastrogiovanni. Nello specifico, il primario del reparto di psichiatria, Di Genio, è stato condannato per tutti i capi di imputazione, sequestro di persona, omicidio colposo e falso in cartella, come per gli altri medici, a 3 anni e 6 mesi. Barone condannato a 4 anni, così come Basso, mentre Mazza e Ruberto condannati a 3 anni. Pena più lieve per Michele Della Pepa, condannato a 2 anni di reclusione.

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