No all’abusivismo e alle lottizzazioni. Il progettista Dal Piaz detta regole d’oro

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No all’abusivismo e alle lottizzazioni. Il progettista Dal Piaz detta regole d’oro

 

Dal Piaz in un incontro pubblico e con il giornaledelcilento.it spiega: “Molto spesso si confonde lo sviluppo economico con la produzione di rendita. La rendita è un meccanismo parassitario che i cittadini pagano. In gioco sono i beni comuni”.

Non sfuggono più le idee a chi ascolta una personalità nel campo degli urbanisti/progettisti come Alessandro Dal Piaz. Diventa facile, quando si è portati per mano, riflettere sui paesaggi cambiati, sui sovradimensionamenti e la cementificazione disordinata dei paesi sulla costa, sulla noncuranza progettuale, sull’incuria generale degli amministratori. A cosa ci portano gli individuali interessi economici? Sull’attenzione personale, sui danni perpetrati  fino ad oggi sul suolo e nel cuore del territorio cilentano, chi dissente? Ancora oggi assistiamo alle bacchettate del presidente del Parco, Amilcare Troiano, che parla di certa stampa e certa televisione che denigrano l’immagine del Cilento . E’ proprio così? Cosa sono le notizie allarmate di cittadini che si battono perché si fermi la cementificazione, perché si fermino le lottizzazioni di suolo pregiato?  Cosa significano le notizie che quotidianamente pervengono di denuncie di abusivismo edilizio e di sequestri nel Cilento?

Alessandro Dal Piaz, professore, architetto, docente di architettura e progettazione all’Università di Napoli, ex coordinatore scientifico del Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Salerno: “Quello che è in gioco in questo momento, sono quelli che chiamiamo ‘beni comuni’, quelle risorse primarie della natura, quei valori culturali che la storia della vicenda umana del cui movimento abbiamo bisogno tutti per poter vivere dignitosamente come individui e come comunità costituita da cittadini e non semplicemente da interessi economici. Abbiamo alle nostre spalle alcune decine di anni di trasformazione profonda della nostra cultura, abbiamo quasi perso il senso della gestione solidale delle cose che riguardano tutti, riscontrando ogni giorno che quello che prevale è solo lo specifico interesse individuale, ignorando tutte le conseguenze su quello che c’è intorno.
A questo tipo di atteggiamento bisogna reagire. Come reagire?
Avendo consapevolezza delle questioni con le quali misurarci. Molto spesso si confonde lo sviluppo economico con la produzione di rendita. La rendita è un meccanismo parassitario che la comunità, i cittadini pagano. Se c’è un guadagno per qualcuno è perché qualcun altro ha pagato. E praticamente la creazione di un meccanismo di incremento di valore, senza un investimento imprenditivo,  è un’associazione parassitaria al benessere collettivo. Questo è il meccanismo della rendita. Lo sfruttamento delle possibilità edificatorie semplicemente per lucrare rendita è un’operazione che torna perfettamente a vantaggio dell’individuo che la può praticare, ma viene pagata da tutti, non dalla collettività astratta, ma sono gli altri cittadini che, perdono in termini di fiscalità, perdono in termini di dignità, perdono in termini di paesaggio, perdono in termini di ‘luogo dell’anima’. Ed è un meccanismo, quello della rendita che ha anche corto respiro.

La crisi finanziaria è derivata innanzitutto, da un eccesso di produzione di immobili. La bolla immobiliare degli Stati Uniti è all’origine della crisi finanziaria mondiale; la Spagna  è in questo momento in una delle peggiori condizioni in Europa perché negli ultimi venti anni sono state costruite tante abitazioni che praticamente c’è uno scoperto di imprese immobiliari che non si riesce a recuperare perché il mercato non assorbe la quantità di case che sono state prodotte.

Ma senza andare troppo lontano e per fare riferimento a cose che sono paragonabili a quelle di questa costa, pensate a quello che è accaduto sulla costa tirrenica  della Calabria, dove se riuscite a trovare un turista straniero, forse meritate un premio. O quello che è successo sul litorale domizio: una quantità sterminata di costruzioni turistiche che oggi sono semplicemente il rifugio degli immigrati più o meno irregolari, perché non c’è altra possibile utilizzazione per questi immobili. Allora il rapporto a questo tipo di ragionamenti: tutte le operazioni costruite sulla produzione di edifici al di fuori della logica di fabbisogno, consumano territorio, determinano effetti ambientali negativi, comportano costi collettivi per la gestione delle infrastrutture e dei servizi assolutamente insostenibili e alla fine non producono nessun tipo di sviluppo. Da questo punto di vista è evidente che occorre una inversione di tendenza e se noi aspettiamo che lo faccia chi detiene la possibilità di fare rendita, ovviamente siamo degli illusi.

Il meccanismo deve nascere innanzitutto da una consapevolezza collettiva, da una mobilitazione, da un rapporto tra i cittadini e i rappresentanti dei cittadini che, nei fatti, dichiarino volontà di praticare modelli sostenibili, di far partecipare i cittadini alle scelte e di controllare che quello che si realizza possa essere coerente e che venga corretto nel caso fosse sbagliato. Da questo punto di vista la pianificazione del territorio è indispensabile. Non è sufficiente, non ci illudiamo che con il piano urbanistico migliore si risolvano tutte le questioni complesse, complicate, della vita associata delle attività economiche, delle relazioni fra cittadini, per le quali occorrono anche diversi tipi di  strumenti e una vigilanza  e un impegno civile, civico, costante, perché non c’è una formula che ci metta al sicuro. Ma certamente per far si che l’ambiente in cui viviamo, possa essere un ambiente accettabile, utile allo sviluppo delle persone e delle comunità, occorre un Piano urbanistico locale(PUC).  Occorre una strumentazione che disciplini non soltanto il luogo in cui si costruisce o non si costruisce, ma anche tutte le articolazioni e le modalità d’uso delle risorse del territorio, perché il PUC si occupa fondamentalmente anche delle condizioni di gestione delle risorse agricole, di gestione delle risorse naturali, di interrelazioni fra le attività economiche e il traffico, la mobilità, i servizi, le infrastrutture. E’ effettivamente uno strumento con il quale, non in maniera compiuta, ma in maniera indispensabile, si pongono le basi per una maniera collettiva utile di risorse scarse e delicatissime.

Il discorso della fragilità di un territorio è un discorso importantissimo, soprattutto in un territorio come il Cilento in cui il supporto idrogeologico è un supporto particolarmente delicato, vulnerabile, da trattare con estrema cautela.

E’evidente immaginare che la comunità che continua a ricevere benefici, vantaggi dalla costruzione di ulteriori presidi stagionali per ospitare turisti nel periodo estivo, è assolutamente irrisorio perché in concreto, da un punto di vista economico, il meccanismo occupazionale legato al ciclo edilizio è un meccanismo che si esaurisce rapidamente col tempo e dopo, quello che resta al territorio, sono invece gli oneri e la gestione dei servizi e delle infrastrutture e il peggioramento della qualità di vita per sovraccarico, in termini concentrati e neanche distribuiti nel tempo di utenti rispetto ad un territorio fragile, delicato, costruito nei secoli per comunità di altro tipo, per attività sostanzialmente di tipo agricolo. Allora è evidente che i vantaggi legati alla qualità del paesaggio, dell’ambiente, del patrimonio storico di questo territorio è certamente una risorsa per il turismo, ma da questo punto di vista turismo non può ‘significare’ secondo i casi, ma deve significare una struttura  permanente che crei occupazione e che dia in continuo nel tempo un tornaconto al territorio stesso.  Non si tratta di imbalsamare il territorio impedendone  ogni trasformazione, si tratta di costruire ipotesi calibrate, particolarmente caute, che eventualmente possono essere forse incrementate nel tempo, con le condizioni che lo determineranno per incrementare un’offerta di tipo turistico basata su spazi da occupare con il rendimento più alto possibile, quindi strutture a rotazione d’uso, che possono essere alberghi, altre tipologie diverse, non così rigide da un punto di vista gestionale, ma non certamente edifici che poi vengono utilizzati un mese all’anno e poi per undici mesi sono chiusi. Questo meccanismo è qualcosa che non è solo teorico. Nel nostro paese luoghi in cui il turismo è effettivamente sviluppato salvaguarda il territorio nelle sue fragilità, garantisce che le attività dell’agricoltura, che sono attività di pregio, sono sostenute attraverso la qualificazione mercantile dei prodotti, per giustificare un maggior prezzo rispetto a quelli che la speculazione dell’intermediazione parassitaria sui mercati agricoli toglierebbe al produttore. Contemporaneamente puntare sull’organizzazione del turismo non legata alla stagionalità, ovviamente giocata non solo su una scala comunale, ma su una scala comprensoriale. D’altra parte la logica del Parco dovrebbe essere esattamente questa. Non soltanto la risorsa che si poteva sfruttare anche senza il Parco: quella della balneazione. La logica del Parco significa mettere in rete risorse di tipo diverso che possono essere all’origine di frequentazione turistica anche per segmenti diversificati: i giovani, l’escursionismo, il turismo culturale, gli anziani, il turismo climatico, il turismo balneare, in un sistema che quindi coinvolga le località costiere, le località interne, il sistema delle città d’arte e il patrimonio dei grandi monumenti, Padula e Paestum. Da questo punto di vista le questioni che bisogna affrontare sono questioni sulle quali c’è una mobilitazione in rapporto alla politica urbanistica comunale, ma c’è anche una mobilitazione in rapporto alla politica comprensoriale, almeno quella del Parco, e forse anche provinciale e regionale. Perché poi gran parte dei soldi provengono da decisioni regionali. Spesso ci si illude che attraverso programmi molto accurati locali, si risolvono i problemi dell’investimento, mentre le decisioni si assumono in un’altra sede, non sempre coerentemente con le politiche di carattere urbanistico.
Il fatto che siamo qui a ragionare di queste cose, documenta che esiste una richiesta, una esigenza, di consapevolezza, di mobilitazione, di impegno, a cui non bisogna rinunciare. Diamo continuità e struttura a questo tipo di impegno e cerchiamo di dialogare con quegli altri gruppi che in moltissimi, in tutte le località del nostro paese costruiscono il loro impegno su delle questioni che si legano fra loro”.

 

 

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