Caso Mastrogiovanni, 5 anni dopo. Gli amici: «Più controlli nei reparti psichiatrici e nelle carceri»

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Caso Mastrogiovanni, 5 anni dopo. Gli amici: «Più controlli nei reparti psichiatrici e nelle carceri»

cinque anni dalla morte di Franco Mastrogiovanni nel reparto psichiatrico di Vallo della Lucania, il Comitato non ferma la sua battaglia e chiede che quanto accaduto al maestro elementare di Castelnuovo Cilento non si ripeta più. «La sentenza di primo grado – spiega Giuseppe Tarallo, membro del Comitato, su Facebook – ha comunque portato a casa dei punti che però rischiano di rimanere senza conseguenze nell’operato quotidiano privando così questo caso delle ricadute positive a vantaggio di altri malcapitati e sventurati sottoposti a Tso o ancora a contenzione».

«Ci aspettiamo che le Regioni, a partire dalla nostra, – continua nella nota – dispongano misure minime ed elementari in proposito: siano diramate linee operative vincolanti e chiare sulla contenzione negandola come atto terapeutico affermandone la illiceità e illegittimità vietandone l’uso nei reparti psichiatrici, familiari o anche associazioni siano ammesse in reparto in qualunque momento a garanzia del soggetto in esso internato per evitare che questi reparti rimangano di fatto chiusi e impenetrabili come i manicomi che la legge Basaglia ha messo fuori legge». «Nei reparti di psichiatria come nelle carceri sia istituita un’autorità di garanzia – continua Tarallo – nei reparti di psichiatria sia installata,a garanzia di tutti,una videosorveglianza continua le cui immagini siano disponibili a richiesta e comunque conservate per almeno 5 anni, nei reparti sia utilizzato personale medico e paramedico sufficiente e soprattutto qualificato e preparato. In ultimo, ma non per ultimo, il Tso -al di là di qualsiasi giudizio e/o opinione in merito ad esso – sia effettuato prioritariamente nelle strutture ambulatoriali e non ospedaliere o anche in strutture convenzionate alternative ed aperte». TUTTA LA NOTA SU FACEBOOK

«La morte di Francesco Mastrogiovanni è stata atroce, di grande sofferenza e crudeltà e c’è da augurarsi che non si ripeta mai più in una struttura pubblica: troppe morti ci sono state e forse continuano ad esserci nei reparti psichiatrici, così come nelle carceri, altri luoghi di sofferenza in cui viene negata la dignità della persona». «Francesco Mastrogiovanni ha sicuramente, come tante altre vittime di Stato, subito un trattamento disumano pur rimanendo l’atroce dubbio della tortura. – continua il Comitato – Essa è un atto punitivo volontario e intenzionale e nel nostro caso questo aspetto è rimasto inesplorato ma ad essa fa pensare il trattamento ‘speciale’ ed unico subito in quel reparto rispetto agli altri pazienti anche essi contenuti o parzialmente contenuti ma alimentati, idratati e curati a differenza di Franco che ha subito una contenzione continuata da quando è entrato fino alla morte senza essere né alimentato e idratato né assistito. E’ stato casuale frutto solo di un reparto che funzionava così o anche di una volontà e intenzionalità che spiegherebbe così anche la sua paura di essere portato a Vallo temendo di rimanerci ammazzato,e la sua resistenza alla cattura prima di cedere ad essa stremato arrendendosi alla sua sorte che sentiva inevitabile e vicina intonando i suoi canti e le sue invettive anarchiche e libertarie? – Si chiede ancora il comitato e conclude – Nel quinto anniversario della sua morte fatemi dire: Ciao, Franco amico caro, maestro più alto del mondo! noi amici e familiari continuiamo a ricordarti e a portare avanti le giuste battaglie di libertà e civiltà in cui tu stesso hai creduto».

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