Cilento, la rivolta sul caso di Marco Penza corre sul web, Roberto Saviano su Facebook: «Il carcere unica misura?»

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Cilento, la rivolta sul caso di Marco Penza corre sul web, Roberto Saviano su Facebook: «Il carcere unica misura?»

Il tam tam sulla rete continua senza sosta da alcuni giorni, da quando cioè i quotidiani locali e nazionali hanno acceso i riflettori sul caso di Marco Penza (nella foto), il 40enne incensurato di Casal Velino in carcere per essere risultato positivo ad un alcool test ad un posto di blocco di 3 anni fa, dopo aver bevuto due birre. Una storia che ha scatenato la rabbia dell’opinione pubblica, anche perché Marco è un ragazzo con disabilità motorie, ed è costretto a vivere con una protesi al posto della gamba sinistra, protesi che nel carcere gli è stata tolta perché risultava, a causa delle norme sulla sicurezza, un’arma.

L’indignazione popolare non si è fatta attendere. Dopo le dichiarazioni di Antonio Bruno, del Pd di Vallo della Lucania, ecco spuntare un gruppo sul social network Facebook. Gli iscritti sono già 1500 e sono in continuo aumento. Prova, forse, che questa storia sia un errore giudiziario?

Intanto Marco dovrà restare in carcere ancora un po’ per essersi messo al volante dopo aver  bevuto due birre. La sua incredibile storia, però, in meno di due giorni, ha fatto il giro del web e anche sulla pagina del famoso scrittore casertano, Roberto Saviano, si parla di Marco. «”Mi dispiace, qua dentro può essere un’arma”. – scrive lo scrittore sulla sua bacheca–  Conchita Sannino oggi su Repubblica ci racconta la terribile storia di Marco Penza, onesto cittadino, operatore del sociale, quarant’anni… e disabile. È in carcere da dieci giorni per un alcol test risultato positivo nel 2009. E ha una protesi al posto della gamba sinistra che gli è stata immediatamente tolta appena varcata la soglia del carcere perché, appunto, là dentro “può essere un’arma”. In molti ci chiediamo come mai a Marco Penza non sia stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, pressoché automatico anche in casi più gravi. Ma soprattutto, è mai possibile che l’unica misura che il nostro codice preveda sia il carcere? E che senso hanno le misure alternative alla detenzione quando non si riesce ad applicarle? Siamo certi che tutto questo sia degno di uno stato democratico?».

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