Finito l’incubo di Marco Penza: «Io indagato nell’omicidio Vassallo? Querelerò chi mi ha diffamato». Ecco l’intervista

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Finito l’incubo di Marco Penza: «Io indagato nell’omicidio Vassallo? Querelerò chi mi ha diffamato». Ecco l’intervista

Finito l’incubo di Marco Penza, il quarantenne incensurato di Casal Velino finito dietro le sbarre dopo essere risultato positivo ad un alcool test durante un posto di blocco di tre anni fa. Scarcerato nella giornata di mercoledì, dovrà continuare a scontare il restante della pena ai domiciliari ma intanto ha potuto riabbracciare la famiglia e gli amici che in queste settimane gli sono stati vicini ed hanno lottato per lui.

«Sono stati 15 giorni difficili e duri – ha dichiarato Marco Penza al Giornale del Cilento – La notizia dell’arresto mi è caduta letteralmente in testa. Mi hanno chiamato i carabinieri dicendomi che c’era un ordine di arresto nei miei confronti, anche loro increduli e dispiaciuti ma non hanno potuto fare altro che portarmi in cella. Sono stato tradotto nel carcere di Vallo della Lucania dove sono stato perquisito e schedato. Ho subito, insomma, la prima dose di umiliazioni».

Un passo indietro «Nell’estate del 2009 nel mio comune, a Casal Velino – racconta ancora Marco – una pattuglia dei carabinieri mi chiese di fare il test alcolemico. Avevo la cintura di sicurezza allacciata e non avevo fatto nessuna infrazione, né guida pericolosa. Mi è stato riscontrato un tasso alcolemico pari a 1,1 cioè due volte il minimo consentito dalla legge».

«Da lì per me è iniziato il calvario». – continua a raccontare Marco al Giornale del Cilento – Mi hanno sospeso la patente per sei mesi, io ero già disabile, avevo già dei problemi fisici importanti, una ostiomelite mi stava mangiando la gamba ma non ho mai detto che avevo una disabilità, forse avrei dovuto farlo?!  I carabinieri hanno fatto quello che dovevano fare: mi è stata sospesa la patente e dopo due anni di controlli e analisi del sangue finalmente l’ho riavuta. Nel frattempo la mia vicenda ospedaliera è andata avanti: operazioni, interventi… ed io ho tralasciato, sicuramente con negligenza, questa causa che nel frattempo era diventata penale. Avevo delegato ad un’amica di seguire la causa, l’ha fatto finché ha potuto poi errori di comunicazione, si sono perse le tracce. Voglio assumermi la colpa d’essere stato negligente ma ho pagato un prezzo altissimo».

Marco Penza e il caso Vassallo Intanto, mentre Penza scontava la pena nel carcere di Vallo della Lucania prima e di Fuorni poi, in un’edizione del Tg5 si è appresa la notizia che Marco risultava indagato nell’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica ucciso il 5 settembre 2010 durante un attentato. Un errore di omonimia ha accostato il nome del quarantenne disabile di Casal Velino ad un presunto indagato nell’omicidio? Il boato dei mass media è stato così forte da scatenare la rabbia degli amici e della famiglia di Marco che, soprattutto sul web, lo ha difeso a spada tratta. «Marco non ha niente a che vedere con l’omicidio di Vassallo», hanno scritto sul gruppo facebook nato dopo l’arresto. «La prima sensazione che ho avvertito quando ho sentito la notizia – ha dichiarato poi Marco – è stata di stupore ed incredulità, sensazione che poi si è trasformata in rabbia. Non avevo parole. Non riuscivo a capire il servizio, perché fosse stato confezionato un servizio del genere. Non capivo perché il mio nome fosse stato accostato all’omicidio di Vassallo. Non riuscivo a crederci. Querelerò il responsabile di quel servizio vergognoso. Non voglio vendette ma non voglio che il mio nome e quello della mia famiglia venga diffamato. Non c’è nulla di vero in quello che è stato raccontato. Bisogna informarsi prima di parlare. Questo non è giornalismo, è sciacallaggio».

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