“Il lancio del nano”: dai Monty Python a “Matrix” una riflessione a VeliaTeatro fra filosofia, cultura, scienza e… stronzate

| di
“Il lancio del nano”: dai Monty Python a “Matrix” una riflessione a VeliaTeatro fra filosofia, cultura, scienza e… stronzate

Da solo in riva al mare, comincio a pensare.
Ecco le onde scroscianti
montagne di molecole
ognuna ottusamente intenta ai fatti suoi
miliardi di miliardi lontane
eppure formano all’unisono spuma bianca

Ere su ere
prima di un occhio che potesse vederle
anni dopo anni
martellare possenti la riva come ora.

Per chi? Per cosa?
Su un pianeta morto
che non ospitava alcuna vita.

Senza requie mai
torturate dall’energia
prodigiosamente sprecata dal sole
riversata nello spazio.
Una briciola fa ruggire il mare.

Nel profondo del mare
tutte le molecole ripetono
l’altrui struttura
finchè se ne formano di nuove e complesse
ne creano altre a propria immagine
e inizia una nuova danza.

Crescono in dimensioni e complessità
esseri viventi
masse di atomi
DNA, proteine
danzano figure ancora più intricate.

Fuori dalla culla
sulla terra asciutta
eccolo
in piedi;
atomi con la coscienza
materia con la curiosità.

In piedi davanti al mare
meravigliato della propria meraviglia: io
un universo di atomi
un atomo nell’universo.

Richard Feynman

Tratto da “Il lancio del nano” di Armando Massarenti, giornalista per “Il Sole 24 Ore”, una lettura a tre voci di estratti del libro interpretati da Antonietta Bello, Lino Guanciale e Charlotte Ossicini per la regia di Claudio Longhi; un “viaggio” nelle epoche e nel pensiero umano che parte dal dubbio per richiudersi sul dubbio, che è l’unica certezza del pensiero filosofico. Allo spettacolo è seguito un dibattito con l’autore del libro che, in un’intervista/dialogo, ha spiegato meglio le proprie posizioni.

Massarenti, nel suo libro, analizza in maniera ludica e lucida interrogativi quotidiani che nessuno (o quasi) mai si sogna di poterli pensare come “filosofici”: cosa accade quando ci troviamo di fronte a un distributore di bevande e leggiamo “bevanda AL GUSTO di latte macchiato”? Dovrebbe insinuarsi quanto meno in noi il dubbio su cosa effettivamente stiamo bevendo: abbiamo appena intrapreso un percorso filosofico.

Lo spettacolo si muove fra riferimenti culturali che spaziano dalla letteratura alla fisica con una forte propensione verso il cinema: troviamo i quasi onnipresenti Monty Python (e il loro “senso della vita”) e “Matrix”, “Alice nel paese delle meraviglie” e la “poesia scientifica” (se mi passate il termine) del fisico Richard Feynman fino alle “stronzate” di Harry Frankfurt; ci si interroga di morale, di senso estetico, di interpretazione dei messaggi; quindi di psicologia, linguistica, religione; il tutto partendo da questo emblematico “lancio del nano”.

Ma cos’è, appunto, “il lancio del nano” del titolo? “Il lancio del nano” è uno sport.

Di primo acchito forse pochi potranno prendere questa affermazione come realistica, eppure in alcuni stati esiste “il lancio del nano”: uomini muscolosi lanciano su materassi posti ad una certa distanza nani (naturalmente muniti di protezioni).

Questa pratica, che potrebbe far sorridere o inorridire in prima base, è diventata soggetto di un dibattito che apre a una serie di implicazioni principalmente legate alla morale: stiamo di nuovo intraprendendo un percorso filosofico.

Il punto focale, il nodo centrale della questione, nasce da chi si è posto contro tale pratica in quanto sarebbe non rispettosa della dignità umana di chi è nano. In tutta risposta, la comunità dei nani ha ben risposto che loro non hanno certo bisogno di “protettori” che ne difendano i diritti se è loro piacere e scelta farsi lanciare; che saranno anche nani ma non sono certo idioti.

E di qui tutta una serie di implicazioni ed interrogativi (ancora il dubbio) inerenti la vicenda, di cui probabilmente il più interessante su cui ci si potrebbe soffermare è quello sulla divisione per categorie che l’essere umano compie, in questo caso sul “soggetto nano”: il “soggetto nano” visto non più come un essere umano, come una persona, ma come, appunto, un nano. Quindi un diverso, quindi che merita di essere “protetto” da quell’essere “ben più superiore” che è l’uomo “normale”. È la vittoria dell’ipocrisia di taluni comportamenti che vengono immaginati come legati alla giustizia.

Di casi del genere, di forzato antirazzismo come di forzata propensione a difendere gli omosessuali per partito preso e via dicendo, se ne vedono a bizzeffe in giro: tutti figli di un’ipocrisia che nasce proprio dal razzismo stesso in quanto valutazioni mosse dalla visione di ciò che viene percepito “altro” come “diverso”. Querelle che forse finirà quando ci renderemo conto che, a differenza di statura, colore della pelle, gusti sessuali e diversità di ogni sorta, siamo solo esseri umani, per dirla con John Lennon, “vittime della pazzia”.

Foto a cura di Michele Calocero

Consigliati per te

©Riproduzione riservata