La sentenza di Ustica ed i misteri d’Italia: intervista a Rosario Priore

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La sentenza di Ustica ed i misteri d’Italia: intervista a Rosario Priore

Abbiamo incontrato ad Agropoli, nell’ambito della rassegna di libri “Settembre al Castello”, il giudice Rosario Priore che per anni ha seguito in qualità di magistrato inquirente, le inchieste sulle stragi più efferate degli ultimi cinquant’anni.

Intervistato sui tanti misteri insoluti d’Italia, ripercorre per il pubblico della rassegna la ricostruzione dell’abbattimento del DC9 Itavia tra Ponza ed Ustica, il ricordo dell’attentato a Papa Wojtyla, il rapimento di Aldo Moro e della giovanissima Emanuela Orlandi, rimarcando il desiderio di mantenere viva l’attenzione su questi episodi bui della nostra storia.

È forte l’emozione del pubblico che vuol comunicare la pacifica pretesa di non voler dimenticare, la giusta volontà di provare a comprendere vicende che ancora oggi, condizionano la nostra vita.

Ed il giudice Priore non si è sottratto, ci narra con voce pacata, i misteri, i segreti ed i tanti omissis di questo paese, aprendo un varco tra intrighi politici, attentati, spietati delitti e inserendoli in un quadro più ampio: la complessa storia dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo.

Ci spiega, in modo sobrio e con l’aria gentile che lo contraddistingue nella vita e nel lavoro, i drammi di un paese che, a noi, oggi più che mai, sembra aver perso la bussola.

Chiude la sua chiacchierata con una triste locuzione latina, mors omnia solvit, ribadendo che non la ritiene valida per questi sconcertanti avvenimenti.

Risponde volentieri alle tante domande nella convinzione che ai forti movimenti nati per tutelare le vittime di stragi e vicende oscure della nostra vita politica, è necessario dare attenzione: «Fino a quando abuseremo della loro pazienza, costringendoli a chiedere vanamente ed a gran voce, giustizia per i loro drammi? La richiesta di verità è il solo risarcimento che può lenire il dolore di queste persone, è il solo che chiedono».

Lo imporrebbe – aggiungiamo noi – il senso etico che deve contraddistinguere una democrazia che ha l’obbligo morale di dare risposte esaustive.

Ma questo è davvero possibile?

A questa domanda il giudice, dà una risposta che invita a riflessioni più profonde: «La verità che è difficile riconoscere è legata al nebuloso livello dei mandanti; gli esecutori materiali, spesso sono stati presi in flagranza di reato ed in molte delle articolate vicende di cui si è parlato, non sono mai stati oscuri».

Ci saluta, consigliandoci la lettura di un saggio che cita ad esempio di ricostruzione rigorosa e puntuale, il volume “Uccidete il Papa” di Marco Ansaldo, vaticanista di Repubblica, scritto a due mani con Yasemin Taskin. Seguiremo volentieri il suo consiglio.

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