Il monito di Fareambiente: «Spiagge divorate dall’erosione, la costiera cilentana va difesa»

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Il monito di Fareambiente: «Spiagge divorate dall’erosione, la costiera cilentana va difesa»

«La fascia costiera cilentana non è utilizzata o è sfruttata male». Tuona così Giuseppe Colopi, coordinatore di Fareambiente Cilento. «Ci sono porzioni di costa rocciosa – dice l’avvocato – che a causa del dissesto idrogeologico spesso diventano impossibili da raggiungere, vedi la rinomata caletta di San Francesco di Agropoli, spazi che hanno la necessità di essere assolutamente preservati ma restituiti alla collettività, per cui è indispensabile creare punti d’accesso duraturi ma perfettamente integrati. Altri siti meno rinomati – continua Colopi – a causa dell’asperità delle rocce, restano praticamente inutilizzati, in questi luoghi sarebbe interessante creare, in punti ben ponderati, piccoli solarium in legno che permettano di usufruire del mare, naturalmente osservando tutti i crismi di qualità-ecocompatibilità, evitando speculazioni, qualsiasi scempio o abuso».

Spiagge sparite La parte sabbiosa, il 45 per cento di costa, spesso è consumato dall’erosione. «Sono state letteralmente divorate dal mare ad esempio- dice Colopi – la spiaggia di Cala del Cefalo, tra Capo Palinuro e Marina di Camerota, e la spiaggia di Trentova di Agropoli. In passato il litorale sabbioso, nonostante le mareggiate, era in grado di ‘ripararsi’ da solo grazie al rifornimento di sedimenti garantito dai corsi fluviali». «Ma oggi ciò non avviene, soprattutto a causa della realizzazione di dighe sui fiumi e il prelievo di materiali dal suo alveo – spiega il coordinatore – per la realizzazione di porti protesi verso il mare che, con la loro alterazione dei profili di costa, bloccano la redistribuzione dei sedimenti lungo la riva operata dall’azione del moto ondoso, il prosciugamento estivo di alcuni torrenti per l’eccessivo emungimento alla sorgente per scopi domestici e agricoli, la distruzione con varie infrastrutture dei cordoni dunali, veri e propri ‘serbatoi’ naturali di sabbia che riducono la capacità di resistenza ai processi di erosione, l’innalzamento del livello del mare».     

Per l’esperto la colpa è di chi amministra «In un recente intervento Franco Ortolani, ordinario di geologia presso l’Università Federico II di Napoli,  puntava il dito contro gli amministratori che da anni nel Cilento assistono inerti alla distruzione del patrimonio autoctono naturale o finanziano barriere inutili come quelle di Capitello ed Agropoli (ad Agropoli la ditta aggiudicataria dei lavori di ripascimento dichiarava l’impossibilità di reperire arenile compatibile con quello della spiaggia di San Marco). Intanto le valli dei fiumi Mingardo, Bussento ed Alento sono intasate da sedimenti. Milioni di metri cubi di sedimenti dello stesso tipo di quelli che costituiscono le spiagge depositati lungo i fiumi che, per le attuali e mutate condizioni morfologiche e climatiche, non saranno mai trasportati fino al mare».     

Soluzioni «Fareambiente Cilento, riguardo la porzione sabbiosa di costa, è d’accordo con Ortolani – conclude Colopi nel suo intervento – la natura va aiutata eseguendo un trasferimento dei sedimenti fino sulle spiagge. Ripascimento a chilometro zero, in controtendenza agli interventi massivi avanzati dalla Provincia di Salerno e dai Comuni. Si inizi a sperimentare il restauro geoambientale ecocompatibile prima di perdere tutte le spiagge. Ecco perché sto organizzando una giornata di studi ed un convegno che vedrà l’intervento di tecnici di settore sul tema ‘Costa del Cilento: difesa e sviluppo’».

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