Domenica la processione più lunga del Cilento, San Vito Martire e gli 8 chilometri di cammino

| di
Domenica la processione più lunga del Cilento, San Vito Martire e gli 8 chilometri di cammino

Il Cilento è un territorio molto cattolico, l’occhio umano non può reggere il confronto con la misericordia divina, capace di osservarci da ogni viuzza. Il santo patrono di Felitto è piuttosto simpatico e cordiale, ama i cani e con un simpatico bastardino viene ricordato nella classica agiografia.

La cappella di San Vito Martire, a Felitto, è certamente fuori mano, posta al confine col limitrofo Bellosguardo, ed ogni anno il 15 giugno i fedeli di sempre si riuniscono all’alba per accompagnare il Santo in paese. Le campane suonano verso le 6.30, c’è una breve messa che apre la giornata ed il lunghissimo cammino; i chilometri da fare a piedi per strade sterrate, quasi mulattiere, sono tanti, si dice siano 8, ma nessuno li ha mai realmente contati. Alle ore 07.00 il Santo viene caricato sulle spalle di giovani e forti devoti, altre sei coraggiose donne prendono ciascuna un palo del baldacchino e due indomiti sorreggono la pesante ‘mazza’ alla cui estremità svolazza come un vessillo l’effige di San Vito Martire. Lo scenario è quello tipico di ogni processione, solo che a Felitto la processione diventa un’allegra via crucis, lungo il cammino ci sono delle ‘fermate’ preparate dai devoti per ristorare il Santo ed i fedeli. Viene offerto del vino scuro e i tipici ‘taralli’, ovvero biscotti cilindrici salati, al sapore di finocchio. La storia narra che San Vito fosse solito chiedere un tozzo di pane per il suo cane e da qui si offre al santo un ‘tarallo’ intrecciato e ornato di fiori. Il fiore del paesaggio è quello della ginestra, che in questo periodo indora le campagne felittesi e diffonde il suo profumo al levarsi del vento. Ad ogni fermata la benedizione è di rito, tutti i ‘processionanti’ prendono per loro ed i propri cani un tarallo e lo infilano nell’improvvisata cintura di gambo di ginestra. Quando il santo raggiunge località ‘Montagnano’ si ci ferma ad osservare i fuochi d’artificio che annunciano l’imminente arrivo della processione in paese. In quest’esperienza si mescola il sacro al profano, oltre ad essere un momento solenne diventa motivo d’incontro tra le varie generazioni di felittesi, i quali rientrano proprio per onorare il patrono e festeggiare il ‘Vito’ consueto, presente in ogni famiglia.

Non tutti seguono la processione dalla cappella, data la lunghezza del tratto, però alle porte del paese una folla ordinata segue il santo fino a via Centrale, dove regna incontrastata la chiesa dell’Assunta. La processione vede il suo termine verso le 13.00, una volta deposto il Santo al suo ‘posto’ si ci affretta ad andare a pranzo perché verso le ore 19.00, dopo la messa solenne, parte una nuova processione e questa volta è breve, dura soltanto un’oretta. Che Dio esista o meno, non bisognerebbe essere restii alla tradizione! Aborrire le nostre radici cristiano-cattoliche non cancellerà dal patrimonio genetico il bisogno di fede; le processioni sono catartiche, si porta a spasso l’endemica paura della morte o più semplicemente il nostro bisogno d’eternità limitata!

Consigliati per te

©Riproduzione riservata