Omicidio a Vibonati, Cassazione annulla sentenza Corte d’assise

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Omicidio a Vibonati, Cassazione annulla sentenza Corte d’assise

«Non agì con crudeltà nè per motivi futili». Così la Prima sezione penale della Corte suprema di Cassazione ha annullato la sentenza della corte d’assise d’appello di Potenza con la quale era stata confermata la sentenza del gup di Sala Consilina, che aveva condannato il contadino di Vibonati Antonio Mariano alla pena di anni 15 e mesi 4 di reclusione per l’omicidio di Giuseppe Novellino, 71enne originario di Vibonati ma residente a Torino. Novellino è stato ucciso il 28 agosto del 2012, Mariano lo aveva sotterrato vicino la discarica del comune. In primo grado il contadino era stato condannato a 15 anni di reclusione con rito abbreviato. Poi la pena è stata confermata dalla Corte d’Assise d’Appello di Potenza. Nella notte è arrivata la sentenza. Il procuratore generale aveva chiesto alla Cassazione di annullare la condanna, limitatamente alle aggravanti della crudeltà e dei motivi futili e abbietti. Nell’articolata richiesta, il legale di Mariano, l’avvocato Franco Maldonato,  ha sottolineato nel suo ricorso la «carenza assoluta di intenzionalità omicidiaria», sostenendo che «aver raccolto la pietra sul luogo dell’omicidio ne sottolinea l’occasionalità del mezzo», come lo confermerebbero, sempre secondo il legale, anche «l’unicità del colpo letale e la casualità dell’incontro tra i due».

«Non è dato al momento conoscere le motivazioni della Sentenza, che è stata pronunciata a notte fonda, – commenta l’avvocato Franco Maldonato – ma è possibile formulare qualche valutazione alla luce della requisitoria del procuratore generale che aveva chiesto l’accoglimento del ricorso della difesa limitatamente all’aggravante della crudeltà e dei motivi futili e abbietti. Se anche si fosse limitata a recepire la richiesta del procuratore generale la Corte avrebbe comunque fatto giustizia della inammissibile decisione dei giudici lucani che avevano svalutato del tutto la grave minaccia formulata dalla vittima nei confronti del mio cliente, che è stata alla base della reazione di Mariano. Non posso non ricordare – prosegue Maldonato – anche in questa sede come la Corte potentina, in soggezione ad un ingiustificato pregiudizio colpevolista, era pervenuta ad affermare che l’intimidazione contenuta nella espressione ‘ti devo distruggere’ non costituisce un fatto ingiusto. Con la esclusione dell’aggravante dell’aver agito per motivi futili e abbietti, la Corte ha cancellato la connotazione più riprovevole del movente – prosegue il difensore – che non è mai stato quello della vendetta, così come dalla difesa sostenuto nei due gradi di giudizio avanti ai giudici del merito». Adesso la parola passa alla corte d’assise di Salerno, che provvederà ad un nuovo giudizio secondo i principi di diritto fissati dalla Corte Suprema.

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