Vallo della Lucania, udienza sul caso Mastrogiovanni: “Ho disposto la contenzione perché il paziente rifiutava di sottoporsi al prelievo”

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Vallo della Lucania, udienza sul caso Mastrogiovanni: “Ho disposto la contenzione perché il paziente rifiutava di sottoporsi al prelievo”

Si è ormai giunti alla settima udienza del nuovo anno del processo sulla morte di Francesco Mastrogiovanni, il maestro elementare di Castelnuovo Cilento morto nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Vallo della Lucania la notte del 4 agosto 2009 dopo 83 ore di contenzione ininterrotta.

Nell’udienza di martedì 10 aprile sono stati sentiti Rocco Barone, medico psichiatra che avrebbe sostituito nei giorni del ricovero di Mastrogiovanni il primario Michele Di Genio, il medico Raffaele Basso e l’infermiere Giuseppe Fiorino.

L’esame inizia con Rocco Barone Il p.m. Martuscelli gli chiede quale fosse la sua posizione all’interno del reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania. Nella scorsa udienza, Michele Di Genio, primario del reparto, aveva dichiarato di aver nominato Barone suo sostituto nel reparto durante i suoi giorni di ferie, giorni coincidenti con quelli del ricovero di Mastrogiovanni.

Barone risponde di non essere mai stato nominato né responsabile né direttore del reparto di psichiatria e ha precisato che il suo compito consisteva semplicemente nel sostituire per le urgenze il primario del reparto, Michele Di Genio.

Precisa, inoltre, che non poteva prendere decisioni diverse da quelle di Di Genio e che quest’ultimo, nei giorni di ricovero di Mastrogiovanni, era presente, ne fu informato e entrò a visitarlo. “Ho disposto la terapia – aggiunge Barone – e la contenzione perché telefonarono i carabinieri di Pollica e mi chiesero di fare il prelievo per verificare l’eventuale assunzione di droghe. Ho disposto la contenzione perché il paziente, come riferiva un infermiere, rifiutava di sottoporsi al necessario prelievo delle urine. La contenzione però non è avvenuta sotto i miei occhi, perché sono andato via dal reparto alle 14, alla fine del mio turno lavorativo. Subentrò il dottor Amerigo Mazza e fu lui ad applicarla”.

Rientra al lavoro il 2 agosto, visita Mastrogiovanni, lo trova delirante e aggressivo ma nonostante ciò parlano delle conoscenze comuni salernitane e sostiene, poi, che la contenzione gli permetteva di muoversi e anzi aveva ampia libertà di movimento.

In tutti questi giorni la contenzione non viene mai annotata in cartella clinica. “L’importante –dice Barone – è annotare la terapia farmacologica perché il medico che voleva informarsi della durata della contenzione aveva a disposizione il filmato del sistema di videosorveglianza”.

Incalzato dall’avvocato Caterina Mastrogiovanni, legale della famiglia della vittima, Rocco Barone dice di aver parlato del ricovero di Mastrogiovanni a Di Genio, la mattina del 3 agosto, che però non modificò la terapia, riconosce anzi che quando il paziente arrivò non era violento; era aggressivo solo verbalmente e non ha commesso nessun atto violento.

Dunque, quel giorno è stata disposta la contenzione ad un paziente tranquillo e collaborativo, come dimostrano i video delle telecamere di sorveglianza.

Sulla condizione dei polsi di Mastrogiovanni sostiene che si trattava di arrossamenti normali, ma una volta visualizzate le immagini scattate il 5 agosto, ammette: “Sono delle lesioni, per carità!” e aggiunge: “Non ho mai visto contenzioni che hanno portato a queste lesioni”.

Alla domanda sulla contenzione dell’avvocato Restaino (dell’Unasam) afferma: “Ho disposto la contenzione senza visitarlo, senza controllare nulla”.

Risponde a Gioacchino Di Palma (di Telefono Viola) sostenendo di non aver nessun motivo per occultare la contenzione e che la sua è stata solo un’innocua dimenticanza.

Infine, alla domanda del presidente del Tribunale, Elisabetta Logarzo, “Che idea si + fatto della morte di Mastrogiovanni?”, Barone risponde che lo stato delle condizioni di salute al momento del ricovero erano discrete mentre per il decesso del paziente afferma: “Non è stata causata sicuramente dalla contenzione. E’ stata una morte improvvisa”.

Termina l’esame di Barone e viene sentito Raffale Basso, di turno –nei giorni del ricovero di Mastrogiovanni – l’1 e il 2 agosto. Dice: “Non aver riportato la contenzione in cartella clinica è motivo di estremo dispiacere da parte nostra, non c’era motivo di occultarla, è stata una superficialità non annotarla”.

Afferma di aver trovato il paziente sempre in uno stato di agitazione ma anche per lui la contenzione era blanda: “La contenzione è stato un errore sulla terapia”. Alla domanda dell’avvocato Gioacchino Di Palma se il 1° agosto fosse stata amministrata la terapia infusionale a Mastrogiovanni, Basso risponde di no, affermando che in quella giornata di caldo estivo il reparto non era dotato di condizionatori.

La parola passa poi a Giuseppe Fiorino, infermiere presente in reparto il 2 e 3 agosto. Quest’ultimo afferma che le fascette non erano strette, di aver visitato Mastrogiovanni ben 40 volte durante i suoi turni, di averlo fatto bere e di averlo sciolto per pochi minuti e di non avergli dato da mangiare perché il paziente non lo aveva chiesto. Anche lui sostiene che le ferite ai polsi fossero dei normali arrossamenti ma anche per lui un cambio di parere alla vista delle immagini: “Sono ferite, io ne sono meravigliato.”

E’ Fiorino a ricordare che la sera del 3 agosto si presentò in ospedale Grazia Serra, nipote di Mastrogiovanni, per fargli visita ma il dottore in servizio, Amerigo Mazza, negò la possibilità di visitarlo.

La prossima e ottava udienza del 2012 è prevista per il 24 aprile, il p.m. e gli avvocati delle parti potranno chiedere di sentire eventualmente altre persone, che saranno poi sentite nell’udienza del 22 maggio.

Probabilmente le arringhe difensive cominceranno ad essere pronunciate nell’udienza del 5 giugno per proseguire nella successiva del 19. Così stando le cose, la sentenza potrà essere pronunciata nel mese di luglio.

I membri del Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni, intanto, dopo aver preso atto di quanto emerso dall’esame di alcuni imputati nell’udienza del 10 aprile, “denunciano all’opinione pubblica la necessità che la dirigenza dell’Asl adotti misure urgenti ed incisive per evitare che si verifichino casi analoghi presso strutture sanitarie pubbliche che costituiscono palese violazione di norme costituzionali in difesa della libertà e della dignità dei pazienti.

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