Dolore di madre e fierezza di donna: in scena a Velia Ecuba, manifesto contro ogni guerra

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Dolore di madre e fierezza di donna: in scena a Velia Ecuba, manifesto contro ogni guerra

L’originale collage di danza-teatro è preceduto da un incontro sull’Ungaretti cantore di Elea e del Cilento.

Lunedì 13 agosto il quinto spettacolo di VeliaTeatro: si inizia con «Elea, questa è Elea, città di fuggiaschi», dibattito col professor Antonio Saccone; segue la rappresentazione «Studio per Ecuba».

Le suggestioni di un viaggio letterario d’eccezione e le visioni di una figura tragica di donna fiera e determinata nella sfortuna. Tutto in una serata a VeliaTeatro, lunedì 13 agosto (dalle ore 21), per il quinto appuntamento con la XV edizione della rassegna dedicata al teatro antico sull’acropoli dell’area archeologica di Elea-Velia.

La prima parte dello serata, intitolata «Elea, questa è Elea, città di fuggiaschi», rievoca il viaggio nel Cilento compiuto nel 1932 dal grande poeta Giuseppe Ungaretti, attraverso l’incontro, moderato da Gabriele Bojano, giornalista del Corriere del Mezzogiorno, con Antonio Saccone, professore ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università Federico II di Napoli, autore del libro «Ungaretti» (Salerno Editrice). Nella seconda parte spazio allo «Studio per Ecuba», opera di danza-teatro, a cura di Aurelio Gatti e Cinzia Maccagnano, centrata sul personaggio di Ecuba, regina di Troia, interprete dell’estrema difesa dell’identità e della storia.

Un capitolo della monografia critica sul poeta nato ad Alessandria d’Egitto, è dedicato da Saccone all’Ungaretti reporter e prosatore, protagonista di un viaggio nel meridione d’Italia in cui fece tappa, da inviato speciale per la Gazzetta del Popolo, anche nel luogo dell’antica Elea, definita «città di fuggiaschi» (fondata da esuli della Ionia) «dove anche il mondo aveva finito col diventare un’assenza: questa è Elea, oh, città assente!». La solitudine e il vuoto appaiono le caratteristiche del posto: «E di te, città disperata, e di voi, primi occhi aperti, o Eleati, non è rimasto altro, se non un po’ di polvere?». Nella descrizione di Ungaretti, a Velia e in altri luoghi della Magna Grecia, si sente il fascino delle rovine, ma pure l’inquietudine che da esse traspare: «Nell’immaginario del poeta, qui giornalista d’eccezione – spiega Saccone – quei ruderi sono il simbolo della bellezza o della sua eco, ma anche di orrore. Perché effimeri e impassibili di fronte a un tempo che comunque scorre. Evocazione di un’antica grandezza che attiva fantasmi e memorie».

Il volume «Ungaretti» (Salerno Editrice) è disponibile nello stand apposito per chi voglia acquistarlo nel corso della serata.

Nello «Studio per Ecuba», sintesi di danza, musica e parola, realizzato da Mda Produzioni Danza in collaborazione con la compagnia Bottega del Pane, lo spunto è tratto dalle tragedie di Euripide e di Seneca, facendo emergere la figura tragica di Ecuba, donna che cerca strenuamente di salvare la memoria di un popolo e di una discendenza dallo sfacelo determinato dalla guerra. Male terribile per tutti, vincitori e vinti, in particolare per il cuore femminile (di madre, sposa, sorella o figlia che sia), qui incarnato appunto dalla regina di Troia che vede morire ad uno ad uno fino all’ultimo (Polidoro) dei suoi cento figli. Alimentando oltre che una insostenibile sofferenza, una irrefrenabile sete di vendetta. Così il teatro tragico greco diventa paradigma della devastazione e del dolore che ogni guerra sempre causa all’uomo. La drammaturgia dell’opera è di Cinzia Maccagnano e Aurelio Gatti, quest’ultimo anche regista e autore della coreografia. Musica di Lucrezio De Seta, interpreti Cinzia Maccagnano, Luna Marongiu, Carlotta Bruni, Rosa Merlino.

VeliaTeatro 2012 si chiude lunedì 27 agosto con una serata divisa in due momenti: prima, «Zenone difende la filosofia eleatica», dibattito su Zenone di Elea con Vincenzo Fano, professore di Filosofia della scienza all’Università di Urbino, autore del libro «I paradossi di Zenone», intervistato da Franca D’Agostini, docente di Filosofia della scienza al Politecnico di Torino e giornalista. A seguire «Eneide», nella suggestiva interpretazione dell’attore Gianluigi Tosto, unica presenza sul palco, accompagnato dal suono di antichi strumenti.

Di seguito l’intervista a Antonio Saccone a cura di Bartolomeo Ruggiero.

«Elea, questa è Elea, città di fuggiaschi», scriveva a proposito dell’antica colonia della Magna Grecia, Giuseppe Ungaretti, nel resoconto di un percorso compiuto nel 1932 lungo le coste della Campania. Appunti di un viaggio d’autore compiuto dal grande poeta del ‘900, confluiti prima in articoli a lui commissionati all’epoca dalla Gazzetta del Popolo, poi in raccolte e volumi successivi. Di questo suo itinerario nel mezzogiorno d’Italia e delle soste di Velia e del Cilento in particolare, si parlerà nell’incontro del prossimo 13 agosto nel corso della quarta serata di VeliaTeatro 2012, XV edizione della rassegna dedicata al teatro antico, sull’acropoli dell’area archeologica di Elea-Velia (SA).

Partendo dal libro «Ungaretti» (Salerno Editrice), scritto da Antonio Saccone, professore ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università Federico II di Napoli. Che dedica un capitolo della sua corposa e ricca monografia critica sul grande poeta a un aspetto meno noto del letterato: il suo contributo da reporter, inviato speciale, in varie regioni d’Italia e non solo. E dopo aver toccato Pompei, Salerno, Paestum, tra gli altri luoghi del suo excursus campano, Ungaretti fa tappa a Velia, che descrive come città «dove anche il mondo aveva finito col diventare un’assenza: questa è Elea, oh, città assente!». Chiedendosi poi: «E di te, città disperata, e di voi, primi occhi aperti, o Eleati, non è rimasto altro, se non un po’ di polvere?».

Professor Saccone, nel suo libro affronta estesamente tanti temi e momenti del poeta, ma si sofferma più in breve su Ungaretti prosatore e giornalista. Quanto risulta «poetico» anche in quest’ultimo ruolo?
Ungaretti reporter e prosatore, come si può notare nei suoi percorsi nel sud Italia, è giornalista e poeta. Usa una prosa che risente delle immagini poetiche e viceversa successive poesie saranno influenzate da questi passi in prosa. È una prosa ritmica, sembrano molto dei versi ma non lo sono.

Che cosa suscita in Ungaretti, in particolare, la visione di Elea?
Vi percepisce un’immagine di vuoto, di solitudine. La definisce «città assente». È un posto la cui grandezza passata genera fantasmi e memorie. È un luogo di rovine che evocano il ricordo dell’ordine e della bellezza, ma sono anche fonte di orrore. Perché effimere eppure impassibili di fronte a un tempo che comunque passa. Qui come del resto in altre località del Cilento e della Magna Grecia che visita, quali Paestum e Palinuro, il poeta qui scrittore e giornalista coglie i segni di un incanto che produce anche inquietudine.

Che cosa potrebbe raccontare a suo avviso Ungaretti, ripercorrendo gli stessi luoghi oggi?
Faccio una premessa: questo tipo di inviati davvero speciali, dei grandi letterati, magnifici scrittori, prestati al giornalismo, come Carlo Emilio Gadda o Alberto Moravia, oltre ad Ungaretti, sono figure di un’altra epoca. Che non esistono da tempo più. In ogni caso, Ungaretti oggi, forse ancora di più, al cospetto del confronto tra i segni dell’arcaismo e le costruzioni moderne che affollano il contesto immediatamente circostante, avrebbe probabilmente ancor più sottolineato l’immagine di vuoto e di assenza dettata dallo stridente contrasto e dalla consapevolezza dello scorrere del tempo.


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