Tagli fino al 50% per le aree protette: a rischio attività del parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni

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Tagli fino al 50% per le aree protette: a rischio attività del parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni

Oggi lo stato spende per la tutela dei parchi nazionali l’esatto equivalente di un caffè all’anno per ciascun cittadino italiano, ma nonostante tutto l’ultima manovra finanziaria ha colpito anche le aree protette. Per parchi nazionali e riserve statali è previsto infatti un taglio del 50% degli stanziamenti per il 2012. Un grave colpo anche alla strategia nazionale per la biodiversità.

Il popolo dei parchi non rimane indifferente davanti alla crisi economica e ai sacrifici necessari per superarla, ma il rischio è quello di cancellare le aree protette, che pur essendo in forte sofferenza, riescono ancora a garantire un efficace presidio a tutela della natura sul territorio. Secondo le associazioni di rappresentanza del mondo delle aree protette i già limitatissimi finanziamenti per i parchi non possono essere ulteriormente ridotti, pena la morte certa di un paziente, in molti casi agonizzante.

Le aree marine protette sono senza certezza di finanziamento da molti anni, e ad oggi sembrano essere scomparsi i fondi ad esse destinati,  mentre i parchi nazionali hanno uno stanziamento di bilancio estremamente esiguo.

Dal punto di vista finanziario i parchi sono già al limite e il taglio del 10%, che si somma agli altri degli scorsi anni, porta gli enti parco sotto il livello della sopravvivenza e soprattutto colpisce anche gli enti che negli anni hanno adottato misure di risparmio. L’eventuale taglio del 50% poi non consentirebbe neanche di ottemperare agli obblighi contrattuali in essere con il personale, per le sedi, per la sorveglianza, per la gestione dei mezzi. Insomma tutte le realtà economiche che ruotano intorno alle aree protette, le cooperative per l’educazione ambientale, per il turismo, per tutti gli altri servizi connessi alla conservazione della natura, nonché i posti di lavoro presso gli enti, subirebbero un gravissimo collasso. Pensiamo ad esempio al parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, questa crisi, economica per quanto dichiara il direttore Angelo De Vita, ha tagliato di un milione di euro di entrate, una diminuzione che viene calcolata annualmente in circa il 10-15 per cento, “fortunatamente la nostra pianta organica è completa solo al 40 per cento – dichiara De Vita -. Infatti l’Ente Parco vive solo con i trasferimenti statali e con il venire meno di questi soldi risulta impossibilitato a mettere in pratica la propria azione di salvaguardia e tutela dell’ambiente: fortunatamente, quest’anno, il ministero dell’Ambiente ci ha destinato 400 mila euro che abbiamo già impiegato”.

Ma mentre da una parte si sbandiera la necessità di far meglio funzionare l’amministrazione pubblica, dall’altra si colpisce indifferenziatamente, proibendo la realizzazione di attività strategiche per la promozione del territorio. Come i parchi possano aiutare territori depressi o marginali a trovare una strada autonoma per lo sviluppo sostenibile, se non si possono organizzare iniziative, convegni, fare pubblicazioni o incontrare la gente nei paese fuori dall’orario di ufficio?

In questi quasi 20 anni dall’entrata in vigore della legge 394/91 i parchi sono stati forti attrattori di risorse comunitarie e anche private verso territori dimenticati e sono, guarda caso, tra le poche realtà italiane dove il countdown 2012 per l’arresto della perdita di biodiversità non è fallito.

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