Caso Vassallo, sparita la pistola che uccise il sindaco di Pollica

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Caso Vassallo, sparita la pistola che uccise il sindaco di Pollica

C’è ancora il buio dietro l’omicidio del sindaco-pescatore di Pollica, Angelo Vassallo, ucciso il 5 settembre scorso a colpi di pistola mentre faceva ritorno a casa.

Sono tante le piste battute in questi mesi con insistenza e audacia dalla Procura di Salerno, diretta da Franco Roberti, ma ogni volta, ad un passo in avanti, gli inquirenti sembrano costretti a farne due indietro.

La “21 baby Tanfoglio” che il 5 settembre del 2010 ha colpito nove volte il primo cittadino cilentano non è ancora saltata fuori.

Al vaglio oltre 100 pistole, tra le quali anche quella della vigilessa Sonia Pisani, originaria di Pollica, coinvolta insieme al compagno nelle indagini di duplice omicidio, commesso a Roma e maturato negli ambienti della droga.

In tutti questi mesi, la pista più battuta dagli inquirenti è stata quella  della vendetta della criminalità “infastidita” dalle campagne antidroga di Vassallo.

Infatti, “nell’estate 2010, a Pollica e nei comuni limitrofi – si legge nel provvedimento – era stata avviata una rilevante attività di spaccio. Attività illecita ben nota anche al sindaco Vassallo il quale, nel mese di agosto, aveva attivato, coadiuvato da appartenenti al comando di polizia municipale, una serie di controlli volti a contrastare gli spacciatori e preservare il territorio da lui amministrato”.

Per il primo cittadino di Pollica questa situazione era diventata “fonte di preoccupazione e agitazione al punto da diventare oggetto di confidenze ad amici, parenti e collaboratori”, come sottolinea il giudice.

Ad oggi, dopo 13 mesi di indagini, il personaggio centrale del giallo sarebbe il ventottenne Humberto Damiani de Paula, conosciuto come “Il Brasiliano” perché nato a Belo Horizonte dove è ritornato pochi giorni dopo il delitto, circostanza che lo aveva fatto subito accostare all’omicidio senza però che siano mai emersi elementi utili ad accusarlo.

La Procura lo descriverebbe come un tipo che minacciava i clienti obbligandoli ad acquistare droga “perché mi servono i soldi per pagare l’avvocato”. O come uno che non esitava ad “aggredire e intimidire altri spacciatori sul territorio”, capace di creare “un clima di assoggettamento ed omertà sia negli acquirenti che negli altri spacciatori”.

Intanto le indagini continuano e sul giallo restano ancora molti punti irrisolti.

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