Morte Morisini in Pescara-Livorno. Il dramma di Baratta, arbitro di Vallo della Lucania

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Morte Morisini in Pescara-Livorno. Il dramma di Baratta, arbitro di Vallo della Lucania

Secondi convulsi tra un’azione di gioco, il concitato ingresso in campo dei sanitari e la comunicazione glaciale del quarto uomo, De Benedictis, nell’auricolare: «Girati, dietro di te c’è un giocatore a terra». Pochi secondi prima, come si è visto nelle immagini televisive, un calciatore del Livorno aveva sollecitato l’attenzione del direttore di gara cilentano, dopo aver visto Piermario Morosini stramazzare per terra.

Quei secondi Baratta li ha rivisti infinitamente nella sua mente: momenti interminabili. Un frame nella sua mente passa e ripassa: il barcollio del giovane centrocampista del Livorno e poi la palla che passa veloce. Una frazione di secondo. E poi le urla degli altri giocatori e il silenzio dello stadio: tutti a guardare quel ragazzo a terra.

Un dramma che ha riportato alla memoria il 28 ottobre 1979 quando un altro salernitano, Pietro D’Elia, era l’arbitro del derby Roma-Lazio, e un razzo uccise Vincenzo Paparelli: una delle pagine più tristi del calcio italiano.

Baratta ha assistito, attonito, al tentativo di rianimare Morosini, attuato dai medici e dai massaggiatori delle due squadre. Poi le consultazioni per chiudere la gara: tutti d’accordo sulla sospensione. E all’arbitro è sembrato che «fosse scesa una cappa di ghiaccio».
Immagini, tanto è lo choc, che non riescono nemmeno a trasformarsi in un racconto compiuto allo zio Andrea Baratta, vecchio arbitro e, in passato, 007 dell’Ufficio indagini della Federcalcio. La sola persona forse che ha potuto capire davvero fino in fondo lo stato d’animo e la solitudine del giovane arbitro.

Spezzoni di frasi, un racconto fatto di parole ripetute, quasi in una sorta di cantilena per invocare un impossibile miracolo. «Non è possibile», ha ripetuto all’infinito Silvio Baratta allo zio e ai pochissimi che sono riusciti a parlargli. «Non è possibile», ha ripetuto ai dirigenti dell’Aia. «Ho visto gli occhi di quel ragazzo a terra: mi è crollato il mondo addosso», una confidenza fatta voce bassa.

E poi la corsa all’ospedale di Pescara per raggiungere la salma di Morosini. Qui un medico, accortosi dello sguardo perso nel vuoto, ha controllato lo stato di salute di Baratta.

Con i suoi assistenti Ciancaleoni e Gava e il quarto uomo De Benedictis ha telefonato al presidente nazionale degli arbitri Marcello Nicchi, al vice Narciso Pisacreta, anch’egli salernitano, e al designatore per la serie B Domenico Messina.

Infine, la decisione di tornare in macchina a casa a Vallo della Lucania, nonostante gli inviti a non intraprendere il viaggio, ad attendere magari che da Salerno, presidente della sezione arbitrale in testa, lo si raggiungesse per riportarlo a casa. Non c’è stato verso. E così poco dopo le 19, da solo, in auto, ripensando al pomeriggio più angosciante della sua vita da giacchetta nera, è ripartito. Un viaggio nel dolore.

Baratta – al suo secondo anno in serie B – ieri era alla sua diciottesima uscita stagionale: una carriera tranquilla, ma rigorosa. Tanto che negli ambienti arbitrali già si parla di un possibile salto in serie A. Ma questo era, ieri, un pensiero molto lontano. C’era spazio solo per il dolore.

fonte: Il Mattino

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