Malasanità in Italia: il caso Mastrogiovanni su RaiUno: «Andava slegato dopo 15 minuti»

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Malasanità in Italia: il caso Mastrogiovanni su RaiUno: «Andava slegato dopo 15 minuti»

Andato in onda lunedì mattina nel format di Uno Mattina su RaiUno «Storie vere» il caso di Franco Mastrogiovanni, il maestro elementare di Castelnuovo Cilento morto dopo 83 ore di contenzione ininterrotta nel reparto psichiatrico dell’ospedale San Luca di Vallo.

Riflettori puntati sul «maestro anarchico», quindi, e su altri casi di malasanità italiana. Presenti in studio, insieme ai conduttori e ad altri ospiti, anche la nipote di Mastrogiovanni, Grazia Serra e Luigi Manconi, sociologo e presidente di “A buon diritto onlus”. Manconi spiega le misure e i limiti entro i quali Mastrogiovanni avrebbe dovuto essere legato: «Dopo 15 minuti andava slegato dai legacci ai polsi e alle caviglie per permettergli il movimento, ma non è stato fatto. E’ stato tenuto 83 ore in contenzione ininterrotta». E sulla pubblicazione del video integrale dei 4 giorni di TSO dichiara che, come per le foto del cadavere di Stefano Cucchi messe in rete per mostrare quanto accaduto, anche nel caso di Mastrogiovanni non sono mancate le critiche: «Siamo stati criticati perché abbiamo mostrato il video integrale. La famiglia di Franco ha preso il proprio dolore con tantissima fatica per permettere a tutti di vedere alcune realtà italiane, rivivendo ogni volta un grande dolore, per permettere che non possa mai ripetersi un caso simile». E sulla prossima sentenza, attesa per la fine di ottobre, Grazia Serra, nipote della vittima, dichiara: «Noi ci aspettiamo che venga ridata dignità a mio zio, che venga riconosciuta verità e giustizia ma soprattutto che non accada mai più niente del genere a nessuno».

Il processo Diciotto gli indagati per sequestro di persona, falso in atto pubblico (la contenzione non è stata registrata) e morte in conseguenza di altro reato, sono le responsabilità di cui dovranno rispondere gli accusati. Nella requisitoria di martedì 2 ottobre, il pm Martuscelli ha richiesto condanne inferiori alle attese per i sei medici e i sei infermieri del nosocomio vallese. La pena più severa è stata chiesta per il primario del reparto psichiatrico del San Luca di Vallo della Lucania, Michele Di Genio: 3 anni per omicidio colposo e 1 anno e 4 mesi per il falso in cartella clinica. La condanna richiesta ha lasciato insoddisfatti familiari e cittadini che ora «attendono giustizia» nella sentenza del 30 ottobre. «Una sentenza di fatto assolutoria non sarebbe sicuramente appellabile in quanto questo diritto sta in capo al pm e alla difesa degli imputati, senza possibilità di ulteriori vagli e gradi di giudizio. Abbiamo il dovere – è l’invito di Peppe Tarallo, presidente del comitato in difesa di Mastrogiovanni – di rappresentare la nostra ansia e forte richiesta di giustizia, di una giustizia che sappia fare e rendere giustizia sulla base di una verità in questo caso incontrovertibile che un pm si può pure permettere di ribaltare (assumendosene la grave responsabilità) ma che il giudice della sentenza non può non rispettare: sono in gioco i diritti inviolabili e irrinunciabili della persona e del cittadino, garantite dalle leggi e dalla costituzione a cui sempre più esse andrebbero adeguate».

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