Disoccupazione giovanile nel mezzogiorno: imprese verdi ed aree protette

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Disoccupazione giovanile nel mezzogiorno: imprese verdi ed aree protette

La disoccupazione giovanile in Italia ha superato ogni limite, e siamo i primi in assoluto in europa con un tasso di disoccupazione giovanile del  27,9% (e al sud al 38,8%). Lo rivela il rapporto “Employment Outlook” dell’Ocse i cui dati, relativi alla fine del 2010, sono stati recentemente resi noti lasciando una certa preoccupazione soprattutto nel sud del Paese. La situazione è infatti particolarmente grave nel Mezzogiorno, che nel 2010 registra un tasso dei disoccupati tra i ragazzi di età compresa fra i 15 e i 24 anni addirittura pari al 38,8%, con un apice del 40,6% per le donne.

Nel mezzogiorno,  si riscontrerebbe, spiega il rapporto, “un non efficace incontro tra domanda e offerta, per un non ottimale raccordo tra imprese e scuole-università” che causerebbe problemi occupazionali soprattutto nei ragazzi che hanno conseguito titoli di studio elevati. Complessivamente, comunque, il livello d’inoccupazione giovanile si rivela sul territorio italiano come un’emergenza cui far fronte, ponendosi circa 10 punti al di sopra della media dell’area Ocse.

Per non parlare del famoso quanto ineffabile PIL (prodotto interno lordo), che divarica costantemente la forbice tra nord e sud del paese, senza che si provveda ad un radicale cambio di rotta sull’ipotesi di valorizzazione delle cosiddette “eccellenze” del mezzogiorno a partire dalla possibilità di sperimentare la cosiddetta “green economy”,  dall’agricoltura di qualità (dieta mediterranea patrimonio mondiale) e biologica, alla creatività e innovazione nei settori manifatturieri e tradizionali, ai beni culturali, alle rinnovabili,  ai servizi eco sistemici delle aree protette più importanti del mediterraneo: tutte risorse primarie del sud italia.

Se la morsa fiscale uccide la capacità di innovare il paese, figuriamoci dove la debolezza strutturale e la cultura d’impresa ha difficoltà ad emergere e a creare nuova occupazione come al sud. Eppure da qualche parte bisogna partire, sicuramente dalle proprie risorse e sicuramente da quella parte del paese che maggiormente ha bisogno di sperimentare nuove prospettive a partire proprio dalla leva fiscale in settori innovativi e fortemente radicati sui territorio.

Per fare un esempio concreto,  è stato un autentico delitto per il sud del paese,  aver convenuto di conteggiare in maniera automatica i cosidetti “crediti di carbonio” previsti dal Protocollo di Kyoto e provenienti dai boschi e dai territori dotati di tali risorse (come le aree protette del sud italia) senza alcun trasferimento economico diretto ai territori di provenienza (un vero e proprio esproprio governativo) dell’ossigeno a compensare l’inquinamento prodotto dalle industrie del nord del paese (chi inquina paga). Tale ristoro sarebbe utile a sperimentare una forma di “fiscalità di vantaggio” per la green economy nelle aree di “eccellenza” del sud italia (aree protette e/o  tutelate dall’unesco) , che la comunità europea nel 2006, ha autorizzato per le aree Obiettivo 1 in aree ben delimitate e per un periodo contenuto (4-5 anni). Tale provvedimento sembra fatto apposta per le aree protette del sud italia che assommano a circa il 6% di superficie del paese e pur restituendo servizi eco sistemici di larga scala (aria, acqua, terra), non ricevono nulla se non vincoli e malgoverno.  In questo modo, senza incidere sulle risorse economiche del paese (e del nord,  come alcuni dicono) ma basandosi sulle risorse  proprie del mezzogiorno,  si potrebbe incentivare la crescita e nascita di imprese giovanili che possano implementare quella nuova economia nelle  aree protette e garantire quello sviluppo “sostenibile” , prevenendo lo spopolamento di questi territori con i conseguenti rischi di disastri ambientali, ormai tristemente conosciuti, dovuti per buona parte alla desertificazione umana e naturale.  Combattere la disoccupazione giovanile al sud non è una utopia se si opera , si rispettano e valorizzano le RISORSE del sud,  dei servizi che offrono al paese, delle peculiarità di un’economia non solo verde, ma diffusa e legata alla qualità della vita.

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