Processo Mastrogiovanni, l’avvocato: «Franco legato senza che ve ne fosse necessità». Ecco l’arringa

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Processo Mastrogiovanni, l’avvocato: «Franco legato senza che ve ne fosse necessità». Ecco l’arringa

«Franco alle ore 3:00 del 4 agosto 2009, quando la dottoressa Ruberto assume di averlo visto tranquillo che respirava e russava, era già deceduto solo nel suo dolore, nella sua disperazione, legato come Cristo sulla croce». Questa la conclusione dell’arringa dell’avvocato Caterina Mastrogiovanni, legale della famiglia della vittima.

Parla per oltre due ore e stigmatizza duramente la requisitoria del pm Renato Martuscelli: «Ha partorito una requisitoria acefala, avulsa dalla realtà processuale, completamente fuorviante e non attinente ai fatti oggetto di imputazione. Non ha razionalizzato il patrimonio probatorio emerso con evidenza lampante ed ha invece processato la vittima».  Ha ricordato Franco Mastrogiovanni attraverso le parole dei suoi alunni di Pollica che lo descrivevano come «un gigante dalle mille risorse, un uomo buono e comprensivo. Non si limitava ad insegnarci la matematica, ma ci dava consigli preziosi sulla altre materie e diceva che nella vita bisogna essere istruiti. Un bell’aspetto del suo carattere quello di essere sempre sorridente, anche nei momenti magari più difficili. Purtroppo ancora oggi ragioni valide della sua morte non ce ne sono». L’avvocato Mastrogiovanni mostra poi la sintesi del video di sorveglianza che ha documentato le 83 ore del ricovero in trattamento sanitario obbligatorio di Franco.

«Reparto lager». «Franco è rinvenuto cadavere in un letto di ospedale alle ore 7,30 circa del 4 agosto 2009, ossia dopo più di cinque ore dalla sua morte – continua l’avvocato nella sua arringa – Franco viene trasportato dagli operatori del 118 in quel reparto lager a seguito di un Tso illegittimo.  Reparto lager non solo per il trattamento riservato a Franco. Dal video e dall’istruttoria dibattimentale è venuta fuori una realtà sconvolgente: vedi il paziente Mancoletti sottoposto a contenzione pur essendo in regime di ricovero volontario e la testimonianza resa da Carmela Di Genua, la quale riferisce di pratiche brutali e di avences rivoltele da un infermiere. Mentre saliva spontaneamente sulla lettiga dell’ambulanza Franco pronunciava questa frase: «Non portatemi a Vallo perché lì mi uccidono». La frase udita dalle persone presenti sul posto è stata riferita in udienza nel corso della sua audizione dalla teste Licia Musto e si rivelerà profetica».

«Contenzione illegittima». «Ebbene, la contenzione, così come è stata applicata a Franco, è sicuramente illegittima – dichiara l’avvocato- La sola durata, ben quattro giorni di seguito, ne fanno un trattamento sproporzionato e contrario alla legge. Non vi è alcuna giustificazione che possa rendere legittima una contenzione perpetuata  senza soluzione di continuità per ben 83 ore. Si evince chiaramente dal video poc’anzi proiettato come Franco fosse calmo e non presentasse alcun sintomo di violenza nè verso se stesso tantomeno nei confronti dei sanitari o degli altri malati nè di aggressività verbale, non rifiutava le cure, non rifiutava il cibo. Non vi era, dunque, alcun pericolo attuale da scongiurare nè alcuno stato di necessità tale da giustificare l’applicazione dei mezzi coercitivi».

Sulle cause della morte. «Franco è morto per edema polmonare – continua l’avvocato Caterina Mastrogiovanni nella sua arringa – che è una sindrome intervenuta perché era impossibilitato a muoversi e in tale situazione “di addome murato” (concetto che ha più volte ribadito il medico legale Adamo Maiese), vi è stato aumento delle catecolamine, mancanza di alimentazione e ispissatio sanguinis a causa della scarsa idratazione, la perdita della volumetria del sangue dovuto a perdita di liquidi, mancanza di potassio che ha innescato delle aritmie ventricolari, si aggiunga la tossicità dell’Entumin, tutto questo cocktail di concause ha comportato nel paziente la formazione di un’aritmia che non ha avuto più la capacità di espellere il sangue che arrivava dal ventricolo, con il conseguente aumento della pressione idrostatica a livello polmonare e quindi annegamento interno per la presenza di liquido negli alveoli polmonari e quindi la morte».

«Il comportamento di tutti i medici che hanno tenuto in cura il paziente – continua l’avvocato – è stato illecito sia per le modalità con le quali è stata  applicata e mantenuta la contenzione fisica, sia per non averlo controllato, monitorato, nutrito, idratato per tutto il periodo del ricovero. Non meno responsabili sono gli infermieri i quali hanno riferito che il paziente rifiutava di bere, rifiutava il cibo, non accettava la terapia, era pericoloso ha detto qualcuno ma non è dato sapere perché, che non potevano scontenerlo perché questo è compito del medico, veniva alimentato per via endovenosa, parlano di contenzione blanda. Tutte dichiarazioni false e reticenti e smentite dalla realtà dei fatti provati dalla prova documentale rappresentata dalla visione del filmato nel quale si vede l’illecito ed arbitrario utilizzo dei mezzi di contenzione».

E conclude: «Chiedo che tutti gli imputati vengano riconosciuti responsabili per il reato di sequestro di persona, e morte conseguente ad altro delitto e condannati ad una pena di giustizia. Chiedo che i soli  medici – Di Genio Michele, Barone Rocco, Basso Raffaele, Della Pepa Michele, Mazza Amerigo, Ruberto Anna Angela – vengano condannati anche per il falso ideologico».

Nell’aula gremita erano presenti anche molti cittadini che hanno accolto l’invito di Peppe Tarallo, presidente del comitato «Giustizia e verità per Franco Mastrogiovanni», in cui chiedeva di essere in tribunale per «chiedere ed ottenere, a termini di legge e di Costituzione, una sentenza giusta che apra la strada a una nuova legge giusta che garantisca e ripristini in ogni momento gli inviolabili diritti della persona umana e del cittadino e blocchi e scoraggi cattive pratiche di vera e propria tortura». Al Giornale del Cilento una cittadina presente all’udienza ha auspicato «che tutto il personale ospedaliero venga condannato per omicidio conseguente a sequestro di persona, ma temo che non per tutti sarà così. Spero solo che resti il sequestro di persona».

Quello di martedì è stato uno degli ultimi appuntamenti del processo in corso al tribunale di Vallo della Lucania. La prossima udienza è prevista per oggi, mercoledì, con le arringhe degli avvocati di parte civile, Michele Capano (Movimento Robin Hood e avvocati senza frontiere di Milano), Valentina Restaino (Unasam di Cagliari) e Bartolo De Vita dell’Asl. Il 22 e 24 ottobre ci saranno le arringhe degli avvocati della difesa.  Poi le repliche il 29 prima della sentenza che sarà emessa il 30 ottobre. Dopo la pausa estiva la fase finale si era aperta con la requisitoria del pubblico ministero Renato Martuscelli, al termine della quale l’accusa aveva chiesto condanne inferiori alle attese per i sei medici e i sei infermieri del san Luca di Vallo della Lucania accusati di sequestro di persona, morte come conseguenza di altro reato e per i soli medici anche il falso in cartella. La pena più severa è stata chiesta per il primario del reparto psichiatrico di Vallo, Michele Di Genio: 3 anni per omicidio colposo e 1 anno e 4 mesi per falsa documentazione.

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