Camerota caso ‘Usura’, la difesa Siani: «Chi ha denunciato ha nascosto agli inquirenti la restituzione dei beni»

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Camerota caso ‘Usura’, la difesa Siani: «Chi ha denunciato ha nascosto agli inquirenti la restituzione dei beni»

E’ l’indomani degli interrogatori di garanzia in carcere ai principali indagati del caso «Usura», di Camerota. Nel mentre si attende la decisione del Gip, emergono i particolari sulla ricostruzione della difesa di Vincenzo Siani, imprenditore di Camerota, che prova a smontare pezzo per pezzo sia l’ipotesi di associazione a delinquere, sia quella di usura provando in questo modo a far cadere anche i presupposti della custodia cautelare in carcere. Vincenzo Siani sarebbe l’unico indagato, ancora in carcere, ad avere risposto alle domande del Gip. Gli altri due, tra cui, Domingo Troccoli e Domenico Siani (padre di Enzo, trasferito agli arresti domiciliari) si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere. 

La memoria L’avvocato Maldonato, ha presentato, al procuratore della Repubblica Renato Martuscelli, titolare dell’indagine, una memoria dalla quale emerge, tra le altre cose, che l’autore della denuncia «non ha ritenuto di dover fare cenno agli inquirenti, in occasione dei 4 esami testimoniali» della transazione avvenuta con cui «Siani, in data 8 novembre 2010, ha retroceduto in favore» della presunta vittima dell’usura «la gran parte degli immobili oggetto delle operazioni contestate». Nella memoria della difesa Siani si fa riferimento ad una fitta documentazione contabile che secondo Maldonato sarebbe idonea a comprovare «che i rapporti tra Siani ed i suoi coindagati sono stati tutti qualificati da forniture di materiale per l’edilizia. Cosicchè i titoli di credito tratti dagli altri indagati, all’ordine di Siani e quindi a lui girati e da Siani stesso accreditati sui propri conti correnti, costituiscono mezzi di pagamento delle forniture». Insomma provando a tradurre la difesa ribadisce che la natura degli scambi degli assegni è di tipo commerciale e non legata alla presunta usura e a riprova di quanto sostenuto ci sarebbero una serie di documenti contabili che lo riproverebbero. Questo passaggio vale alla difesa a sfidare quanto sostenuto all’interno dell’ordinanza con cui è stato arrestato Vincenzo Siani, dove è scritto che «tra le parti offese e gli indagati non esistono rapporti commerciali che giustifichino i summenzionati movimenti di denaro». Ed è qui che si appende la fiducia della difesa di avere smontato una parte significativa su cui poggerebbe la posizione dell’accusa.

I dettagli nelle carte L’ipotesi dell’usura la difesa Siani prova a smontarla anche facendo emergere che chi ha denunciato, a seguito della restituzione degli immobili, sarebbe ritornato ad acquistare materiale edile nell’azienda di Siani, sia durante «il 2011, che nel 2012», circostanza questa «incompatibile – scrive il difensore – con la perdurante percezione del Siani come proprio aguzzino». Sempre all’interno della memoria l’avvocato Maldonato scrive che tra la presunta vittima e Siani c’è stata una causa civile, con oggetto proprio i beni immobiliari, ovvero le case entrate in possesso dell’imprenditore Siani e che secondo l’accusa sarebbero frutto di usura, con la quale chi ha denunciato Siani avrebbe chiesto la «nullità dei trasferimenti immobiliari in favore di Siani, non perché nulli per illeciti (quindi per usura) ma perché viziati nella volontà», ovvero per estorsione.  «Può dirsi quindi – sostiene la difesa di Siani – che lo stesso denunciante ha fatto valere non l’assoggettamento ad una convenzione usuraia, ma la sua generica induzione alla sottoscrizione degli atti mediante minaccia». Secondo la difesa vengono meno anche i rapporti che legherebbero Siani ai suoi familiari e a Domingo Troccoli, considerato dagli inquirenti il capo del «piano usuraio», poiché «interrotto sin dalla primavera del 2009 e di pieno diritto nel febbraio del 2010, con il suo licenziamento. Quindi il sodalizio sarebbe stato irrimediabilmente debellato – è scritto ancora nella memoria – siccome deprivato di colui che è stato ritenuto oltre che capo promotore, anche concreto gestore del mercimonio in ragione dei suoi rapporti con le persone offese e con i direttori delle locali filiali e degli istituti di credito».

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