Paestum, negli scavi una discarica a cielo aperto. Studiosi in fuga:”Abbiamo sbagliato indirizzo?”

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Paestum, negli scavi una discarica a cielo aperto. Studiosi in fuga:”Abbiamo sbagliato indirizzo?”

Non si possono vedere le tombe, sono coperte dalle lastre di eternit. Dai filamenti di amianto. Dai copertoni bruciati. Dai materassi bucati. Dagli elettrodomestici buttati via. Ci eri passato davanti e non ci avevi potuto credere. La civiltà del Gaudo, quella testimonianza preziosa dell’età eneolitica: con la diffusione della conoscenza del rame insegnò nei gruppi umani la nozione di ricchezza.

Di cosa stiamo parlando? Eccola oggi la ricchezza del Gaudo, una orribile discarica sotto il cielo di Paestum. L’avevano scoperta gli alleati americani alla fine della seconda guerra mondiale questa necropoli alle spalle dei templi di Poseidonia. Volevano costruirci un aeroporto su questo terreno. Hanno scavato con gioia la necropoli. O almeno una parte, probabilmente ci sono molte tombe che non sono ancora state portate alla luce. Quelle tombe sono tutto ciò che rimane della preziosa civiltà antica. Sono tombe a «camera» o a «grotticella», ma ci si deve credere per fede alle parole della guida, le tombe adesso non si riesce a vederle. Erano venuti a studiare la necropoli gli archeologi della Sorbona di Parigi, qualche settimana fa. Anche loro erano convinti di aver sbagliato indirizzo. Sono andati via senza parole. Loro, come era successo ai ricercatori spagnoli, svedesi, belgi, inglesi.

Le parole del vicesindaco Tutti quanti arrivano armati di mappa in via Laghetto, alle spalle dei templi di Paestum, e si trovano davanti l’orrore della discarica e il volto impotente di Mauro Gnazzo, già vicesindaco della città, oggi cittadino inerme che abita accanto alla necropoli e spolvera da solo le pietre del tempietto proprio davanti casa sua. «Non è sempre stato così. Ci sono stati anni che la necropoli era ben tenuta e bella e degna della sua archeologia», garantisce Mauro Gnazzo sostenendo che qui tempi erano quando lui era vicesindaco e adesso invece c’è Marina Cipriani, responsabile della soprintendenza, che ha fatto un esposto contro ignoti per quello sfacelo a cielo aperto del quale sarebbe proprio la soprintendenza la responsabile. In verità il terreno di quella necropoli è privato, è di proprietà di Antonio Barlotti che acquistò la terra negli anni Ottanta per metterci le serre di fragole e poco importa se anche sotto le serre ci sono le tombe, secondo Barlotti nemmeno davanti ai suoi occhi adesso c’è una discarica. Nega l’evidenza, alza le spalle e va via.

Il responsabile di Legambiente «Il problema principale di Paestum è questo: su 120 ettari di templi e di necropoli, soltanto 20 sono di proprietà dello Stato», allarga le braccia Lucio Capo, uno dei responsabile di Legambiente locale che da anni si batte per il decoro di questo patrimonio dell’umanità dell’Unesco, ma a sentire i suoi racconti è come cercare di svuotare il mare con un bicchiere. Già, perché il problema di Paestum non è la semplice proprietà privata. E’ piuttosto l’abuso che di questa proprietà viene fatto, senza alcun ritegno. Esiste, ma si fa meglio a dire esisterebbe, una legge costruita ad hoc da un senatore nella fine degli anni Cinquanta per tutelare questo patrimonio dell’umanità: secondo la legge voluta da Umberto Zanotti Bianco non è possibile costruire dentro il raggio di un chilometro dai templi di Paestum. «Beh di abitazioni contro questa legge ne hanno costruite ben 3 mila, anche dentro ai templi», dice Lucio Capo prima di tirar fuori il vero bubbone abusivo che qui a Paestum si tramanda di bocca in bocca fra imprecazioni e incredulità: la piscina. Meglio: le piscine. Già le piscine, quelle costruite per svago con l’acqua azzurrina. C’è quella proprio alle spalle del tempio di Nettuno: l’ha costruita Italo Voza, oggi candidato sindaco a Paestum a capo di una larga coalizione. E poi c’è la piscina di Villa Rita, appena fuori dagli scavi, di proprietà della famiglia Pisani. E’ come se qualcuno avesse costruito una piscina alle spalle del Partenone o del teatro greco di Pompei. La proprietà privata a Paestum è un problema più che serio. Legambiente ha pensato di risolverlo lanciando una provocazione: un azionariato popolare, aperto a tutti i cittadini del mondo visto che è stato proprio l’Unesco a dichiarare Paestum patrimonio dell’umanità. L’iniziativa verrà presentata la prossima settimana, con la speranza che serva a muovere i portafogli se non proprio le coscienze che da queste parti sembrano un’anima divisa in due. C’è chi distrugge, senza ritegno. E chi si danna. «In questa necropoli del Gaudo non hanno messo nemmeno un’insegna, un cartello che possa servire almeno come minimo deterrente», dice ancora Mauro Gnazzo sistemando le pietre del suo tempietto romano, unica piccola oasi nello sfacelo di questa necropoli del Gaudo che oggi esiste soltanto sulle guide e sui tanti libri e manuali di archeologia.

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fonte: Corriere del Mezzogiorno

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