Varietà linguistiche nel dialetto cilentano, osservazioni sui dittonghi tra il “Cilento” e “Camerota”

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Varietà linguistiche nel dialetto cilentano, osservazioni sui dittonghi tra il “Cilento” e “Camerota”

Per addentrarci in questa argomentazione, necessario risulta spendere qualche parola di premessa.

E’ nota la mancata inesistenza di una linea di confine “stabile” che ben marchi il territorio oggi definito Cilento. A grandi linee, viene spesso identificato con il basso salernitano, senza, tuttavia, una delimitazione ben precisa.
Tale situazione si verifica anche sotto altri aspetti inerenti questa terra; infatti, oltre alle problematiche storiche e geografiche, anche a livello linguistico si registra una difficile circoscrizione “del parlato locale”.
Maggiormente rispetto ai confini di carattere storico e geografico, i parametri linguistici si presentano ancor più offuscati, data l’impossibilità di stabilirne la giusta delimitazione, vista la contiguità con i dialetti limitrofi.
Una circoscrizione del genere, avrebbe avuto più facile analisi nei primi decenni del ‘900 ultimo scorso, quando l’isolamento del territorio, era ancora ben evidenziato da fattori culturali ed infrastrutturali, dovuti alla scarse vie di comunicazione e la poca diffusione degli scambi sia di carattere economico, sia, conseguenzialmente, di tipo culturale.

Lasciata quest’ampia premessa, che magari vaglieremo in un contesto autonomo prossimamente, in questa occasione ci limitiamo a parlare di dittonghi.

In modo abbastanza generico, possiamo subito dire, che il dialetto di Camerota, non conosce dittonghi e, non solo da questo punto di vista, “la lingua” parlata a Camerota, la possiamo definire come a se stante, in quanto, il dialetto di questa località, costituisce un’enclave all’interno del “sistema linguistico cilentano”.
In effetti, è giusto parlare di “sistema linguistico” e non semplicemente di “dialetto” cilentano, poiché, sotto questa generica dicitura, si cela una più diversificata gamma lessicale, ognuna con le sue forme, le sue varianti, le sue dovute accezioni.

In linea generale, anche il dialetto Cilentano, come gran parte di quelli meridionali a cui appartiene, si caratterizza per quei fenomeni definiti “dittongo” ovvero la sequenza fonetica formata da una semivocale (i/u) atona e da una vocale piena appartenenti alla stessa sillaba (ai, oi, ie, uo).
Mentre le vocali “e” e “o” aperte rimangono tali davanti ad “e” o “a” in sillaba finale (preta, rota), in sillaba tonica si dittongano in “ie” e “uo” in presenza di una “i” o “u” finali.
Contrariamente ad altri dialetti meridionali, come parte di quelli calabresi, che seguono la norma secondo cui l’accento cade sul primo elemento del dittongo (pìedi, pùorku), nelle parlate cilentane l’accento interessa il secondo elemento del dittongo (piédi, puòrku).

Ed è il dittongo un elemento di notevole differenza fra i dialetti che si celano sotto la dicitura “cilentano” e quello, pur compreso in questa famiglia, che in realtà assume forme proprie: è il dialetto parlato a Camerota.
In questa località, la parlata locale non conosce dittonghi, e dunque, anziché “piédi” abbiamo “péri”, anziché “piéttu” abbiamo “pettu”, invece di “miériku”, “mériku” e così via.
Questo segnale, dichiara l’effettiva diversità fra le parlate campano-lucane e quella di Camerota, che possiamo definire come una lingua indipendente rispetto agli altri dialetti contigui, una vera “isola linguistica” all’interno della mappatura dei dialetti locali.

Camerota, dunque, si allontana dallo sviluppo fonico delle restanti parlate. Tale fenomeno, potrebbe avere una logica spiegazione rintracciabile in una diversa formazione del dialetto in questo lembo di terra. Ciò potrebbe essere additato ad una diversa influenza culturale: probabilmente questo dialetto è nato da una sorta di migrazione proveniente da altre parti del sud, ove il dialetto locale non prevede dittonghi (come, ad esempio, alcune aree della Sicilia centrale e del sud). E ancora, è possibile che l’area di Camerota, riveli un più antico e diretto contatto col mondo ellenico, presumibilmente avvenuto con lo stanziamento di coloni o monaci greci nel territorio, e di questo troviamo conferma nelle numerose testimonianze di cenobi, monasteri, ecc.
Tuttavia, non essendoci altri elementi rilevanti discutibili, non è possibile affermare che le motivazioni sopraesposte, corrispondano all’effettiva risoluzione.

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