Mastrogiovanni e Vassallo: il destino li fa scontrare e la follia ne spezza le vite

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Mastrogiovanni e Vassallo: il destino li fa scontrare e la follia ne spezza le vite

Francesco Mastrogiovanni, un nome diventato quasi un’icona delle condizioni disumane per cui un cittadino in regime di democrazia muore.

Un maestro elementare, un uomo costretto a subire, nell’agosto 2009, un trattamento sanitario obbligatorio per alcuni comportamenti trasgressivi di cui si rese colpevole: violazione del codice della strada, eccesso di esuberanza.

La sua esistenza viene segnata da momenti intensi e difficili. Nel 1972 diviene testimone dell’omicidio di Carlo Falvella. Sono, quelli, anni di contrapposizioni: fascisti ed antifascisti, stato e antistato, bianco e nero. Quel giorno Francesco stava passeggiando lungo via Velia a Salerno con due amici, Giovanni Marini e Gennaro Scariati, esponenti del movimento anarchico. Pur simpatizzando per le idee anarchiche Francesco non era un militante, ma una persona che dibatteva e si confrontava con gli altri sulle questioni politiche.

In quel periodo l’amico Marini stava indagando sulla morte di cinque  anarchici e l’incontro con un gruppo di missini del F.U.A.N. coinvolge Mastrogiovanni in un’aggressione, a seguito della quale viene ferito con una coltellata alla gamba. Marini, vedendo l’amico cadere a terra in una pozza di sangue, e nel disperato tentativo di difenderlo, strappa il coltello dalle mani dell’aggressore e colpisce  Falvella, con un fendente all’aorta, che morirà poco dopo in ospedale.

Inizia qui il suo calvario: processi, interrogatori, fermi illegali, sino a giungere ai trattamenti sanitari obbligatori. Sarà anche scagionato da ogni tipo di accusa, ricevendo, addirittura, un risarcimento danni per l’ingiusta detenzione.

Per anni porterà sulla spalle un fardello, il suo nome resterà legato al concetto di “anarchico pericoloso”.

Nel 1999, dopo anni trascorsi ad insegnare al nord, ritorna nel suo paese, Castelnuovo Cilento. Qui, un futile diverbio con un carabiniere degenera in una condanna a ben tre anni di carcerazione per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Sconta un mese di carcere e cinque mesi agli arresti domiciliari, poi assoluzione in appello e risarcimento per ingiusta detenzione.

E ancora: il 30 luglio  2009 Mastrogiovanni avrebbe guidato a forte velocità la sua auto nel centro abitato del comune di Acciaroli, generando forse paura e caos, e la mattina successiva la cosa si sarebbe ripetuta anche nel centro di Agnone Cilento, provocando il tamponamento di una vettura. E’ il sindaco del comune di Pollica, Vassallo, ad avvisare la polizia municipale e a sottoscrivere l’ordine di ricovero ospedaliero. Ma l’auto di Franco non riporta alcuna forma di danno, neppure lieve.

Il giorno dopo Mastrogiovanni viene prelevato dai carabinieri nel bungalow del campeggio dove villeggiava. Seppure non avesse commesso alcun reato, alla vista delle forze dell’ordine, scappa istintivamente verso la spiaggia ma viene circondato da terra dai carabinieri e dal mare dalla guardia costiera, come chissà quale criminale.

Trasportato nel reparto psichiatrico dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, è legato mani e caviglie ad un letto di contenzione per 83 lunghe ore al termine delle quali muore per edema polmonare.

Il video registrato dalle telecamere  di sorveglianza del reparto psichiatrico risulta essere la prova granitica su cui si basano i capi di imputazione che gravano su 18 persone tra medici e infermieri.

Nelle prime sequenze si vede l’arrivo di Mastrogiovanni in ospedale intorno alle 12:30. E’ tranquillo, forse già sedato. Dopo pochi minuti un’altra iniezione. Ora è sul letto, mangia. Alle 13 il video mostra il maestro meno “lucido”, probabilmente sedato di nuovo.

Alle 14:25 viene legato mani e caviglie con fasce di contenzione rigide. Resterà lì fino alla morte, 83 ore dopo. Non senza sofferenze: seguiranno 4 giorni di atroce agonia. Mastrogiovanni si dimena sul letto, a terra una macchia di sangue probabilmente causata dalle fasce rigide. Non viene mai slegato, è senza cibo, senza acqua, idratato solo con delle flebo.

Nella cartella clinica un buco di non poche ore: la pratica della contenzione è estremamente invasiva e nella cartella clinica di Franco non è mai menzionata, né motivata come chiede la legge.

Oggi questi i capi di accusa formulati nei confronti dei 18 imputati, tra  medici e infermieri del reparto di psichiatria di Vallo della Lucania: “sequestro di cui sarebbe stato oggetto Mastrogiovanni, alla sua morte come conseguenza di altro delitto e, per i soli medici, al falso documentale riferito alla cartella clinica”.

Resta il giallo sulla morte del “maestro più alto del mondo”, come lo avevano definito i suoi alunni. Restano dei punti interrogativi: è malasanità? È indifferenza? È negligenza?

L’uomo e psichiatra Franco Basaglia aveva capito più di altri la necessità di stravolgere il rapporto medico-paziente trasformandolo in un dialogo continuo.

Dalla legge nata da questo pensiero, da questa lotta, sono passati 34 anni ma le immagini riprese dalla telecamera di sorveglianza del reparto psichiatrico di Vallo, annullano il tempo, l’etica e spengono la dignità di un uomo.

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