Il comitato “Se non ora quando – Vallo di Diano” commemora Barbara De Anna

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Il comitato “Se non ora quando – Vallo di Diano” commemora Barbara De Anna

«Il sacrificio di Barbara De Anna – dichiarano le portavoci del comitato “Se non ora quando – Vallo di Diano”, funzionaria di un Ong in Afganistan morta l’altro giorno in Germania nell’ospedale militare americano di Lanstuhl, ove era stata trasferita dopo che l’attentato talebano a Kabul dello scorso 24 maggio le aveva causato ustioni sul 90% del corpo, richiede che venga onorata la figura ed il ruolo che ha svolto in questo Paese martoriato da una escalation di violenza senza fine. Dal 2010 si occupava di un progetto per aiutare i talebani a scegliere di rinunciare al terrorismo e svolgeva le proprie mansioni mossa unicamente dall’intento di dedicare sé stessa alla cooperazione, all’integrazione ed alla pace».

Il comitato “Se non ora quando – Vallo di Diano” intende rendere a Barbara De Anna il giusto tributo di donna: «Ha messo al centro delle proprie motivazioni di vita e di lavoro un impegno particolare a favore della solidarietà tra i popoli – fanno sapere dal comitato “Se non ora quando – Vallo di Diano” –. Come ha ben sottolineato Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati, “La cooperazione svolge un ruolo prezioso nel costruire ponti di dialogo tra i popoli e le culture, anche se il suo lavoro finisce per bucare il silenzio quasi soltanto in occasioni tragiche come quella odierna. Eppure dobbiamo soprattutto a queste donne e uomini, al loro impegno quotidiano – lontano da casa e spesso in condizioni molto difficili – la speranza che la pace possa farsi strada anche nelle zone più devastate dai conflitti”, come in Afganistan ove Barbara De Anna operava giorno per giorno da tre anni».

«Per non dimenticarla, per non far divenire irrilevante il suo tragico destino – conclude il comitato -, accomunato a quello dei tanti militati italiani e dei civili immolatisi alla stessa causa, auspichiamo che il ruolo politico del nostro Paese sia finalizzato a supportare l’azione quotidiana di quanti rimarranno ancora in Afganistan, pur dopo il rientro in Italia del contingente militare nazionale. Quel popolo, oppresso da anni ed anni di violenze civili, ha più che mai bisogno di donne ed uomini che rendano palesi e concreti i risultati del suo difficoltoso cammino verso la democrazia, un cammino fatto di piccolo passi in avanti e di repentini ed improvvisi ritorni ad un passato di sopraffazioni cruente». 

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