Il Comune di Castellabate aderirà alla “Giornata mondiale delle città per la vita – Città contro la pena di morte”

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Il Comune di Castellabate aderirà alla “Giornata mondiale delle città per la vita – Città contro la pena di morte”

La sera del 30 novembre 2012 il Castello dell’Abate verrà illuminato più del solito.

Con questa e altre iniziative il Comune di Castellabate aderirà alla “Giornata mondiale delle città per la vita – Città contro la pena di morte” promossa dalla Comunità di Sant’Egidio.

L’adesione alla giornata è stata stabilita con un’apposita delibera di Giunta (numero 193 del 21 settembre 2012).

L’iniziativa intende sensibilizzare l’opinione pubblica sulla pena di morte e sulla sua abolizione.

La data del 30 novembre è stata scelta in quanto il 30 novembre del 1786 fu decretata la prima abolizione della pena di morte nel mondo, nel Granducato di Toscana.

L’illuminazione del Castello dell’Abate, monumento rappresentativo di Castellabate, che quella sera splenderà più del solito, è un gesto simbolico che rappresenta l’impegno locale a partecipare alla richiesta di abolizione della pena capitale.

Il Comune, inoltre, collaborerà ad altre iniziative che enti e associazioni organizzeranno sul territorio per quella giornata.

«Abbiamo raccolto l’invito, pervenutoci dall’Anci, decidendo subito di aderire a questa giornata – spiega il sindaco Costabile Spinelli – Sebbene in Italia non esista, sono ancora moltissimi i Paesi che praticano la pena di morte.

Il potenziamento dell’illuminazione del castello sarà un piccolo contributo che, unito a quelli di tutte le località che parteciperanno, assumerà un grande valore simbolico».

I dati dell’orrore Sono state circa 5mila le esecuzioni capitali nel mondo nel 2011. Il primato spetta, come di consueto, a Cina, Iran e Arabia Saudita. È quanto emerge dal Rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo redatto da “Nessuno tocchi Caino”.

Secondo gli esperti il trend è positivo, nel senso che è stata registrata una diminuzione rispetto alle 5.946 del 2010 e alle 5.741 del 2009.

I Paesi che hanno deciso per legge o in pratica di abolire la pena di morte sono 155; di questi 99 sono totalmente abolizionisti, 7 gli abolizionisti per i crimini ordinari, 5 quelli che hanno attuato una moratoria delle esecuzioni e 44 sono quelli “abolizionisti di fatto” cioè che non eseguono sentenze capitali da almeno dieci anni o che si sono impegnati internazionalmente ad abolire la pena di morte.

Gli Stati che hanno mantenuto la pena di morte nel 2011 sono saliti a 43, rispetto ai 42 del 2010 perché il Sudan del sud si reso indipendente dal Sudan nel luglio 2011 ed ha deciso di conservare la pena capitale.

Tuttavia i Paesi mantenitori sono diminuiti durante gli anni: erano 45 nel 2009, 48 nel 2008, 49 nel 2007, 51 nel 2006 e 54 nel 2005.

Nel 2011 e nei primi sei mesi del 2012, non si sono registrate esecuzioni in Bahrein, Guinea Equatoriale, Libia e Malesia, che le avevano effettuate nel 2010.

Viceversa, hanno ripreso le esecuzioni capitali nel 2012 in Afghanistan e Emirati Arabi Uniti nel 2011; Botswana e Giappone.

E ancora, negli Stati Uniti, nessuno Stato abolizionista ha reintrodotto la pena di morte, ma l’Idaho, che non compiva esecuzioni dal 1994, ne ha effettuate due, una nel 2011 e un’altra nel 2012.
 
Dalla ricerca, edita da Reality Book, emerge che ancora una volta, l’Asia si conferma essere il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo (nel 2011 il 98,6 per cento).

A partire dalla “primatista” Cina, con circa 4mila esecuzioni nel 2011, pari all’80 per cento del totale.

Quì le esecuzioni continuano ad essere considerate un segreto di Stato anche se dal gennaio 2007, quando è entrata in vigore la riforma in base alla quale ogni condanna a morte emessa da tribunali di grado inferiore deve essere rivista dalla Corte Suprema si è registrato un certo calo.

In Cina si muore con un colpo di fucile sparato a distanza ravvicinata al cuore oppure alla nuca con il condannato in ginocchio, le caviglie ammanettate e le mani legate dietro la schiena.
 
Quanto all’Iran, anche nel 2011 si è piazzato secondo per numero di esecuzioni, pari ad almeno 676 secondo un monitoraggio effettuato dalla ong Iran Human Rights: un aumento spaventoso rispetto agli anni precedenti e con una drastica impennata delle impiccagioni in piazza, più che triplicate.

Nel Paese degli ayatollah, in aggiunta, vengono giustiziati anche minorenni; almeno quattro, nel 2011, sono morti per mano del boia per reati commessi quando avevano meno di 18 anni.

Per non parlare delle condanne a morte per reati non violenti: a settembre, tre uomini sono stati impiccati nel carcere di Ahwaz, dopo essere stato giudicati “colpevoli” di omosessualità.
 
Anche in Arabia Saudita si segnala un netto peggioramento della situazione: nel 2011 sono stati giustiziate almeno 76 persone, il triplo dell’anno precedente, secondo un conteggio dell’Agence France Presse.

Ma Amnesty afferma che le esecuzioni sono state addirittura 82, tra cui cinque donne e 28 stranieri.

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