Morto schiacciato dalle lastre di marmo, due rinviati a giudizio. L’avvocato: «Vicenda troppo delicata»

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Morto schiacciato dalle lastre di marmo, due rinviati a giudizio. L’avvocato: «Vicenda troppo delicata»

Il gup del tribunale di Sala Consilina ha rinviato a giudizio Amedeo e Alfeo Cancellaro, padre e figlio, titolari della ditta di marmi dove nel giugno 2012 ha perso la vita Michele Vecchio. Michele Vecchio aveva 52 anni. E’ morto il 5 giugno del 2012 mentre era impegnato nel proprio lavoro di operaio all’interno della fabbrica di marmi Cancellaro a Padula. Durante un’operazione, poco prima della pausa pranzo, Vecchio è rimasto schiacciato fra tre lastre di marmo. I colleghi di lavoro si sono accorti dell’incidente solo alla fine della pausa pranzo, ma ormai non c’era nulla da fare. Vecchio è morto sul colpo. Durante l’udienza preliminare i titolari della fabbrica sono stati rinviati a giudizio con la presunta accusa di omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione sul lavoro. Il processo avrà inizio il 15 ottobre prossimo.

Sul caso è intervenuto, Marcello D’Aiuto, avvocato della ditta Cancellaro. D’Aiuto ha commentato: «Il rinvio a giudizio di Amedeo e Alfeo Cancellaro, per la morte del lavoratore Michele Vecchio, è una non-notizia – afferma il legale. – Nessuno di noi, avvocati ed imputati, si aspettava un esito diverso dell’udienza preliminare; è una vicenda troppo delicata per meritare un giudizio superficiale come quello che può dare il gup. È utile – spiega ancora l’avvocato – sottolineare che dal punto di vista procedimentale, il rinvio a giudizio non determina una valutazione sulla responsabilità degli imputati ma, semplicemente, rimanda la decisione all’esito del dibattimento. Del resto, solo quella è la sede in cui si forma la prova ed in cui il giudice assume la piena cognizione dei fatti». Il commento dell’avvocato continua: «Dare un valore diverso alla decisione del gup di Sala Consilina significa strumentalizzare una vicenda la cui tragicità ha sconvolto tutti, familiari e datori di lavoro della vittima. Michele Vecchio – spiega – non era un semplice operaio ma era una persona sulla quale Amedeo e Alfeo Cancellaro riversavano stima, fiducia ed affetto. Vecchio lavorava con loro da trent’anni e la sua morte ha determinato un dolore profondo. Per questo il procedimento penale ha una componente emotiva che vede imputati e persone offese assolutamente uniti nel voler chiarire le dinamiche dell’incidente – sostiene il legale – Il tentativo di porre l’intera vicenda sotto luci diverse – conclude – è puro sciacallaggio al quale ci opporremo con qualsiasi mezzo».

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