Terremoto in Emilia, «la terra trema ancora». L’analisi del geologo Ortolani

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Terremoto in Emilia, «la terra trema ancora». L’analisi del geologo Ortolani

La terra trema ancora in Emilia: questa volta la scossa, di magnitudo 5.8, ha seminato il panico in tutto il nord Italia. Il bilancio provvisorio è di 15 vittime accertate, secondo quanto riferito dal capo della Protezione Civile Franco Gabrielli, che si trova nel modenese per coordinare i soccorsi.

La gente che ha avvertito la prima forte scossa è scesa in strada. Paura anche a Bologna e in Toscana, scuole evacuate nel fiorentino, paura nelle strade anche a Milano; ma la più colpita rimane l’Emilia, dove si registrano ancora vittime e crolli nelle zone già coinvolte dalla scossa delle 4.04 dello scorso 20 maggio.

Franco Ortolani, ordinario di Geologia dell’Università di Napoli Federico II e direttore del Dip.Scienza del Territorio, ha svolto uno studio, con il suo gruppo di lavoro, partendo dalla disamina del terremoto del 20 maggio in Emilia.

E’ una sintesi ma delinea alcuni aspetti per chiarire i problemi connessi all’estrazione e la reiniezione di fluidi in pressione in aree caratterizzate da faglie sismogenetiche in grado di originare eventi di elevata magnitudo come accaduto nel 1857 in Val d’Agri “con la loro possibile interferenza con le tubazioni utilizzate per estrarre petrolio o immettere fluidi in profondità”.

L’ipotesi che ci possa essere una correlazione tra lo sciame sismico attualmente in corso in Emilia e le attività petrolifere svolte in zona da diversi anni ha fatto storcere il naso a più di un addetto al settore petrolifero e anche a qualche geologo. L’oggetto del contendere è se le trivellazioni in cerca di petrolio e gas, e soprattutto le iniezioni ad alta pressione di fluidi nel sottosuolo, possano causare o meno terremoti di piccola o grande intensità.

L’analisi tecnica.

Secondo Ortolani e i suoi collaboratori sembra che possa esserci una frequente correlazione tra attività petrolifere (in particolare l’iniezione di fluidi ad alta pressione) e terremoti di bassa magnitudo. Non è ancora chiara, invece, l’eventuale correlazione con i sismi più forti come quello di questi giorni.

Come si vede nella figura 5 nelle aree interessate da faglie attive nel sottosuolo esistono numerosi pozzi profondi finora eseguiti per ricerca di idrocarburi. Come è noto sono in corso alcuni interventi di riimmissione di metano nelle rocce serbatoio di giacimenti ormai esauriti. Tali interventi sono attuati in varie parti del mondo; talvolta sono vietati in quanto l’iniezione di fluidi in pressione nel sottosuolo, come testimonia una ricca bibliografia scientifica internazionale, a luoghi può innescare un’attività sismica di non elevata magnitudo.

Non si intende mettere in relazione le iniezioni di fluidi nel sottosuolo o comunque l’estrazione di idrocarburi con l’attività sismica di elevata magnitudo di chiara origine tettonica. Crediamo che debba essere adeguatamente approfondito l’argomento, almeno, laddove sono in corso attività estrattive e di probabile “reiniezione” di fluidi per favorire l’emungimento del petrolio, come nella Val d’Agri in Basilicata, in aree caratterizzate da faglie sismogenetiche in grado di originare eventi di elevata magnitudo come accaduto nel 1857.

Crediamo che vadano chiariti alcuni problemi, quali ad esempio, se l’estrazione di idrocarburi e la “reiniezione” di fluidi in pressione in aree con faglie sismogenetiche capaci di scatenare eventi di elevata magnitudo con conseguenti spostamenti verticali, orizzontali e rotazione di blocchi lapidei sia da vietare oppure, come accade attualmente, da lasciare completamente libere.

Si deve inoltre fare chiarezza sull’incidenza che possono avere le “reiniezioni” di fluidi in pressione nelle rocce serbatoio ad alcuni chilometri di profondità in corrispondenza di faglie attive: equivale al ruolo che può avere una mosca che si appoggi su un edificio pericolante oppure all’impatto che può derivare da un elicottero che atterri sullo stesso edificio pericolante?

Una considerazione di notevole interesse va fatta sull’impatto degli eventi sismici sulle tubazioni per estrazione di idrocarburi in zone interessate da faglie attive e sull’impatto che può essere determinato dalla “iniezione” in pressione di fluidi all’interno delle rocce serbatoio in zone con tettonica attiva. Tali considerazioni vanno fatte con apporti scientifici indipendenti e qualificati, considerando l’importanza industriale dei giacimenti di idrocarburi e l’importanza socio-economica delle risorse naturali di importanza strategica come le acque sotterranee e superficiali nonchè la salute dei cittadini. Finora non è mai stato affrontato in maniera trasparente e credibile questo problema.

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(fonte immagine Sky Tg24)

 

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