A Valle dell’Angelo si discute di Parco nazionale: «Che torni l’era del cinghiale selvatico»

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A Valle dell’Angelo si discute di Parco nazionale: «Che torni l’era del cinghiale selvatico»

Quando si parla di ‘Parco Nazionale’ si è soliti immaginare un eden lontano dalle brutture a cui l’uomo ha portato il mondo, tuttavia l’uomo rappresenta la natura da cui vorremmo fosse avulso. Con l’Istituzione nel 1991 del ‘Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Monti Alburni’ si sono creati più vincoli del dovuto e le condizioni di vita favorevoli ad un uomo ‘moderno’ vengono ostacolate nella pretesa che il mondo rimanga immoto.

Ottanta sono i comuni a tutela del parco, il quale era nato per tutelare il territorio dalle speculazioni edilizie e dal distruttivo turismo di massa; tutto ciò sembra non corrispondere a pieno alla realtà tant’è che i centri storici sono stati completamente distrutti e ammodernati con l’assenso del parco stesso, e l’unico turismo esistente è quello ferragostiano. A Valle dell’Angelo, ieri lunedì 28 agosto, i sindaci e i rappresentati dei vari enti presenti sul territorio hanno discusso dell’impellente necessità di modificare la legge n°394. L’ente parco costringe gli abitanti ad emigrare, in un territorio in cui non è possibile nemmeno ‘cacciare’, prima del 1991 la caccia era una risorsa per il territorio e i cacciatori conoscevano bene le prede. Non si tratta di liberalizzare la carneficina del regno animale, ma semplicemente di assestare il numero sempre maggiore dei voraci cinghiali, i quali si riproducono in maniera esponenziale e distruggono la piccola agricoltura locale. Presenti moltissimi cacciatori, che si son alternati nel ribadire a gran voce che anche loro vogliono avere la possibilità di vivere un parco che si spinge verso il degrado. «Si parla di carni genuine, di salami prelibati e ci vietano la caccia stagionale. I cinghiali distruggono tutto, non lasciano nemmeno i funghi e nel mio territorio i contadini sono esasperati. I cinghiali continuano ad accoppiarsi tra loro, sono infetti e vanno abbattuti». Queste le parole di Mario Costantino da Campora. Il tema dell’incontro era proprio ‘La parola al popolo’ ed il popolo è intervenuto, anche se non c’è stato un dialogo bensì una serie continua di monologhi, molti dei quali avevano gli stessi temi portanti, è stata solo la forma ad essere diversa. Le leggi della natura non vengono rispettate, perché in natura vige la legge del più forte e la tutela ossessiva di un mondo che si vorrebbe fermare, sembra irrazionale. Tutto porta al divenire, il ‘tempo’ non si può fermare! Un altro problema è da relare alla forestazione, gli incendi boschivi aumentano ed il patrimonio ‘tutelato’ si disintegra da solo, in una politica che non permette nemmeno la manutenzione ordinaria. Il turismo, su cui molti puntano, appare un’isola economia dai contorni argillosi; in Cilento manca il necessario per la vita ordinaria, come si pretende di creare un turismo a cui delegare il destino economico del nostro territorio? Strade e ospedali sono un miraggio, sulla tavola dei potenti del mondo non siamo che gli ‘eterni pazienti’, ovvero coloro che soffrono.

Salvatore Iannuzzi, sindaco di Valle dell’Angelo, crede fortemente in una modifica dello statuto del Parco, in grado di chiudere definitivamente i rapporti del nostro territorio col medioevo. «Ho voluto fortemente questo incontro, bisogna capire come i cittadini percepiscono il parco e la loro presenza nel parco. Sono abitanti del parco e pagano prezzi altissimi senza possibilità di crescere. Il parco è stato imposto ed è necessario che queste spese sempre più ingenti, vengano ammortizzate a livello nazionale. Io ho proposto l’abolizione dell’Iva su questo territorio; ora abbiamo un programma da presentare al parco perché il parco si deve reggere su ‘progetti’ non sul procrastinare e sulla tacita accettazione del destino».

Romano Gregorio, da parte sua, ha tentato di esporre il problema in parlamento ai fini di rendere il parco a passo coi tempi. Il problema reale del nostro territorio non è il parco, è una mentalità incancrenita che non riesce a guardare oltre il frangente del presente, come se non ci fosse futuro. 

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