Cent’anni fa moriva Josè Ortega

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Cent’anni fa moriva Josè Ortega

 foto: Sergio de Simone

 

 

 

 

 

 

 

 

Il 24 dicembre 1990, a Parigi, moriva Josè Ortega, pittore e scultore spagnolo, amico e allievo del Picasso. Accusato di attività contro il regime franchista, fu costretto a vivere in clandestinità già dal 1947, a soli 25 anni. Tappa fondamentale, non solo per la prolificità artistica ma anche e soprattutto per la formazione sociologica e antropologica della sua cultura, fu Bosco, caratteristica borgata a pochi passi dal blu del mare del Golfo di Policastro. Qui il pittore, dopo varie peregrinazioni in giro per l’Europa, scelse di trascorrere diversi anni della sua vita. Qui, dove tutto gli ricordava la sua amata Spagna, comprò casa e aprì uno studio, realizzando le famose maioliche che danno il benvenuto all’ingresso del paese e rappresentano i moti risorgimentali del 1828 ai quali Bosco partecipò. Il legame profondo con il sud dell’Italia caratterizzò buona parte della sua produzione: ricercava emozioni spontanee e genuine, osservava la natura nella sua primordialità e le abitudini della gente comune, per cui una vendemmia, la mietitura, la raccolta delle olive trovano sulle sue tele il loro habitat naturale. Sembrava avido di stimoli umani e insaziabile osservatore del mondo contadino. Le sue pennellate si colorano delle tradizioni e delle semplicità cilentane e la sua personalità si arricchisce vagabondando per i vicoli e le campagne.  Un’anziana signora ci racconta di essersi quasi indispettita alla vista di un uomo che passava le ore ad osservarla mentre, piegata, raccoglieva le olive all’ombra del tiepido sole settembrino. Non sapeva che di lì a pochi mesi sarebbe diventata uno dei soggetti di una famosa opera di Ortega, “Le raccoglitrici di olive”.  «So di sentire una scossa tellurica universale al toccare queste terre e avvicinando la sua gente», così raccontava durante un’intervista, ed è la stessa magia che avvolge anche chi ammira le sue opere.

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