Risse notturne a Marina di Camerota, un lettore scrive alla redazione: “Non sviliamo quanto di buono viene fatto nel territorio”

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Risse notturne a Marina di Camerota, un lettore scrive alla redazione: “Non sviliamo quanto di buono viene fatto nel territorio”

Di seguito la lettera di Fabrizio Cavaliere in merito all’articolo “Marina di Camerota, risse nella notte. Due giovani turisti al pronto soccorso” che pubblichiamo integralmente.

Mi sembra doveroso o quantomeno sento il bisogno di replicare su quanto detto nell’articolo pubblicato da questo giornale sulla “movida violenta” di Marina di Camerota. Parlo da giovane che vive il territorio e sa come viene svolta la vita notturna e non da giovani e adulti. La parola d’ordine sarebbe dunque non generalizzare. Non mi sembra corretto nei confronti di tanti giovani del luogo far passare l’idea di un Far West continuo dove lo straniero che entra in città viene sfidato a duello dagli avventori del Saloon. C’è da dire che sicuramente quello che è avvenuto è un episodio grave e da condannare senza alcuna remora ma vorrei soffermarmi in modo particolare su un aspetto che non viene mai preso in considerazione. Come precisamente viene riportato nell’articolo durante la funestata serata era in svolgimento una serata allietata dalle note della musica Reggae. Vorrei soffermarmi su questo aspetto. Il messaggio che questa musica vuole diffondere è senza ombra di dubbio un messaggio d’amore e di pace, un messaggio di libertà e fratellanza (sono noti a tutti i testi delle canzoni di Bob Marley, Peter Tosh ed altri mostri sacri delle Reggae Vibrations). Badate bene che non sto criticando quanto detto nell’articolo che è stato riportato con estrema minuzia sto solo cercando di portare all’occhio quanto di buono ci vuole essere nelle nostre serate, nei nostri balli e se vogliamo anche nella nostra euforia. Non sviliamo quanto di buono viene fatto per il territorio, non additiamo subito qualcosa come maligna solo perché macchiata dalle “gesta” di qualcuno. Se avessimo più orecchio e meno prurito alle mani riusciremmo a recepire il messaggio di quelle persone che spendono tempo,fatica e quant’altro per proporci delle serate diverse.
Serate che non chiedono altro che la fratellanza lo stare uniti, il sano divertirsi e la voglia di continuare a diffondere queste magiche note ma soprattutto è universalmente risaputo che in una società ampia e variegata non tutti sono concordi nei modi di pensare e di agire ma tutto questo è generato solo dalle diverse personalità. Ripeto il messaggio che mi sembra importantissimo è non mettere in un angolo le idee di tanti giovani perché sarebbe un suicidio dei più evidenti. Un suicidio indotto però. Socrate, nell’antica e liberalissima Grecia fu condannato a bere la cicuta con l’accusa di fare il lavaggio del cervello alle giovani menti ateniesi, noi gettiamo via questa cicuta sappiamo far tesoro di idee brillanti e innovatrici altrimenti compiremo sempre passi indietro che ci porteranno all’orlo del precipizio.
Certamente la colpa deriva anche e soprattutto da noi ma perché gettare alle ortiche il prezzo della fatica di giovani che si vedono poi costretti a rinunciare ad un serata stupenda e a dover spegnere la musica poiché inorriditi da quanto stava accadendo, perché farci additare sempre come la “peggio gioventù”? Il nostro urlo sta anche in questo, la nostra ribellione ai grandi sistemi parte anche da questo nel saper dimostrare chi siamo e quanto valiamo, nel saper riprendere i canti e i balli nonostante tutto. Così come quei ragazzi sono stati fieri e orgogliosi di intonare l’inno di Mameli così saremo orgogliosi il giorno in cui sapremo riconoscere davvero i nostri valori. Anche nel nome della musica Reggae.
Fabrizio Cavaliere

Risponde Rosario Romano della redazione del giornaledelcilento.it: “Non basta il messaggio”

Forse caro Cavaliere sarebbe il caso di aprire una riflessione sulla credibilità degli strumenti e dei metodi con cui si lanciano dei messaggi nobilissimi di pace e di amore. E non per osservare da un angolo, come dire bigotto. Tantomeno per fare finta di non vedere che intorno alla musica Reggae c’è tutto un costume di tradizioni e comportamento che hanno a che vedere con l’utilizzo della marijuana, cosa su cui si potrebbe dibattere a lungo circa i suoi benefici o i suoi effetti motivazionali e di altra natura. Questo a seconda di chi ne scrive e a seconda del metro che ognuno utilizza nell’attribuire più o meno attendibilità ad un esperto o ad un altro, ad un approccio (scientifico o non) o ad un altro che tenga conto di aspetti culturali, antropologici e via discorrendo. Quindi senza dovere entrare nel merito di questa materia, sarebbe opportuno dibattere anche sul bisogno dell’euforia indotta. Basterebbe fare il conto spicciolo di quanto alcol si vende in una serata normale di Reggae. E’ sicuro che in altre serate di altro genere se ne venda altrettanta se non di più, e forse anche di altre sostanze, in maniera illegale, oltre alla marijuana. Ma perchè sfuggire alla riflessione dell’euforia indotta. Ci si riuscirebbe ad  esempio a divertirsi altrettanto con la stessa musica senza il consumo di alcol? Credete in tutta franchezza che sia legittimo porre questa domanda senza essere tacciati per buonisti bigotti? E’ semplicemente una curiosità a cui mi piacerebbe avere una risposta, come dire senza il tentativo di sfuggire, entrando nel merito quindi.  Non sarebbe più attendibile a tuo avviso il messaggio di pace e di amore che provenga da chi ama quella musica per l’effetto travolgente che la musica in se è in grado di emanare senza surrogati e supporti di altro tipo? Ecco credo che il messaggio non perda assolutamente di sostanza se diffuso da chi quella sera si è bevuto 5 birre e qualche altra cosa, purtuttavia ricorrere solo alla bontà del messaggio e dietro questo camuffare l’attendibilità di chi lo pronuncia, mi sembra quantomeno altrettanto azzardato e forse anche poco coraggioso.

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