Capaccio, appalti e pubblica illuminazione: «Scarsamente convincenti le dichiarazioni di Alfieri»
| di Redazione
Nuovi sviluppi nell’inchiesta sugli appalti pubblici a Capaccio Paestum. Secondo quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Vallo della Lucania, Domenico Valerio Ragucci, e resa nota dopo il trasferimento del magistrato a Salerno, gli approfondimenti investigativi si allargano ben oltre il blitz della guardia di finanza dello scorso ottobre.
Tra i principali indagati spicca il nome dell’ex sindaco di Capaccio e attuale presidente della Provincia di Salerno, Franco Alfieri. Le accuse – come riporta La Città di Salerno – riguardano presunti intrecci tra politica e affari legati alla pubblica illuminazione. Il gip ha infatti analizzato gli atti relativi all’interrogatorio di garanzia, sottolineando un presunto rischio di inquinamento probatorio ancora esistente, nonostante Alfieri non ricopra più cariche operative.
Nel mirino anche alcuni collaboratori dell’ex primo cittadino, come Andrea Campanile, e i rappresentanti della società “Dervit” di Roccadaspide, Vittorio De Rosa e Alfonso D’Auria. Tra gli elementi ritenuti sospetti – si legge nell’ordinanza – vi sarebbero anche alcune giustificazioni ritenute “non credibili” in merito al ritrovamento di una cartella riconducibile alla Dervit sulla scrivania del sindaco, pochi giorni prima dell’erogazione di un bonifico.
Il giudice Ragucci – come riporta La Città di Salerno – ha considerato “scarsamente convincenti” le spiegazioni fornite da Alfieri durante l’interrogatorio. A destare sospetti, inoltre, la fase di progettazione dei bandi e la pubblicazione degli avvisi di gara: la documentazione sarebbe comparsa sull’Albo pretorio solo dopo l’assegnazione degli appalti, facendo emergere dubbi sulla trasparenza del procedimento.
A ciò si aggiungono le contraddizioni emerse durante l’esame del rapporto tra Alfieri e la società Dervit, nonché il ruolo della sorella Elvira Alfieri, anche lei indagata ma per la quale non è stata confermata la misura cautelare. Secondo il gip, il legame familiare e la frequenza dei rapporti con l’azienda rendono “plausibile” un’influenza sul procedimento di aggiudicazione degli appalti.
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