Carcere Sala Consilina, è rebus su responsabilità: «Non sappiamo nemmeno dove sono le chiavi»

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Carcere Sala Consilina, è rebus su responsabilità: «Non sappiamo nemmeno dove sono le chiavi»

Era il 2015 e i circa trenta detenuti ancora ospiti della struttura circondariale di Sala Consilina furono trasferiti in poche ore in seguito alla decisione del Ministero della Giustizia di chiudere, secondo il loro parere in modo definitivo, il carcere valdianese. Erano trascorsi soli tre anni dalla soppressione del Tribunale e della Procura di Sala Consilina e la serrata del carcere era stata una conseguenza “naturale” di quella decisione. Una ulteriore ferita su una cicatrice che ancora sfregia il Vallo di Diano. Gli agenti di polizia penitenziaria rimasero per alcuni mesi all’interno della struttura oramai vuota e coprirono i vari turni, con efficacia “svizzera”, fino al loro trasferimento finale. Da allora l’edificio di via Gioberti, è chiuso.

Un monumento – triste – all’abbandono di un territorio periferico e con un bacino di residenti e di voti scarno. Per tentare di riaprirlo il Comune di Sala Consilina e l’Ordine degli avvocati di Sala Consilina e Lagonegro hanno presentato diversi ricorsi che, nonostante qualche successo iniziale, sono andati poi verso la conferma della chiusura. Così la struttura, una vecchia sede vescovile, edificato nell’anno 1809 e nel 1948 trasformato in carcere, è rimasta chiusa tra pesanti inferriate e circondata dal silenzio e dal vuoto. Talmente dimenticato che non si sa, precisamente, chi si debba ora occupare dell’edificio. Non più il Comune, ma neanche il Ministero. Tocca forse al Demanio. Ma da quanto è emerso, nel rimpallo di passaggi, il verbale di consegna delle chiavi è – a ora – smarrito.

Una situazione surreale, ai limiti del paradossale. Qualche mese fa, ha riferito il sindaco di Sala Consilina, Francesco Cavallone, c’era stata una perdita d’acqua e per l’azienda che si occupa del controllo idrico ha dovuto fare i salti mortali per poter trovare il modo di entrare. Le chiavi furono trovate grazie a un ex dirigente. Stando alle comunicazioni ufficiali di Ministero e Demanio, è quanto meno nebuloso il “responsabile” della struttura. Il Prap, provveditorato amministrazione penitenziario di Napoli, braccio del Ministero ha riferito che per poter accedere occorre avere il nullaosta del Comune di sala Consilina in quanto trattasi di struttura del demanio. Tuttavia l’amministrazione comunale non ha alcun mandato né responsabilità sull’ex struttura penitenziaria. La palla quindi è tornata al Demanio che in una nota ufficiale ha riferito che “la casa circondariale di Sala Consilina assunta in consistenza al patrimonio dello Stato è in consegna in uso governativo al Ministero della Giustizia, l’Agenzia del Demanio resta titolare dei diritti dominicali sul bene ma non ha la gestione dello stesso che spetta all’amministrazione usuaria, in quanto consegnataria del bene”.

La richiesta di accesso va quindi indirizzata al Ministero, quindi al Prap, che però ha riferito telefonicamente che spetta al Comune perché il bene ora è del Demanio. Un vicolo chiuso. Chiuso come la casa circondariale di Sala Consilina.

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