Il Riesame annulla la sospensione dei 14 sanitari, ma il reparto era “inidoneo all’assistenza di esseri umani”

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Il Riesame annulla la sospensione dei 14 sanitari, ma il reparto era “inidoneo all’assistenza di esseri umani”

La sezione del Riesame del Tribunale di Salerno ha accolto il ricorso dei 14 sanitari del reparto di Psichiatria dell’ospedale "San Luca" di Vallo della Lucania, riguardante l’ordinanza di interdizione dalla professione sanitaria emanata lo scorso 18 gennaio da Nicola Marrone, il gip di Vallo della Lucania. In tal modo i medici e gli infermieri – indagati per la vicenda della morte di Francesco Mastrogiovanni, il maestro elementare deceduto lo scorso 4 agosto per un edema polmonare, dopo essere stato legato per giorni interi, mani e piedi, ad un letto del reparto – saranno reintegrati alla professione.

La decisione del Riesame, giunta dopo che i giudici si erano riservati cinque cinque giorni per effettuare le opportune valutazioni, è incentrata fondamentalmente sulla constatazione secondo la quale non è stato possibile accertare un effettivo "pericolo di recidivanza", anche perchè il gip "si riferisce a precedenti illegittime contenzioni per nulla dedotte dal PM e neppure versate agli atti della procedura come sintomatiche di reità". I giudici scrivono che "non vi sono elementi (inferibili ad esempio da precedenti penali indicativi di responsabilià professionale in casi analoghi) dai quali ricavare che costoro, inseriti in qualunque altro contesto lavorativo meglio organizzato e funzionale, possano porre in essere nuove condotte sussumibili nei reati contestati e in assenza di tali elementi non può sostenersi detto pericolo".

Secondo quanto appreso fino ad ora dal giornaledelcilento.it, per quanto riguarda la posizione di Michele Di Genio, il primario del reparto, la non necessità della misura cautelare sarebbe legata pure al mancato riconoscimento, dal Riesame, della presenza di gravi indizi di colpevolezza.

Ma i giudici del Riesame, al di là della decisione sulle esigenze cautelari, forniscono un’ ulteriore conferma sulle "condotte" dei sanitari- indagati per reati gravissimi quali sequestro di persona e falso, oltre che per le responsabilità dovute al legame tra i loro comportamenti e la morte di Francesco Mastrogiovanni – e sulla gravità di ciò che è accaduto in quel reparto dal 31 luglio al 4 agosto, il periodo di ricovero del 58enne maestro di Castelnuovo Cilento. Il Riesame scrive con chiarezza che la contenzione "in violazione di ogni protocollo è stata condotta senza soluzione di continuità dal 31 luglio alle ore 14 e 30 fino alla morte del Mastrogiovanni, quindi ben oltre le 12 ore o le 18 ore". Poi, facendo riferimento al video acquisito dagli inquirenti, che racconta tutto il periodo del ricovero, esplicita: "il contenuto del filmato evidenzia un’agitazione che appare più collegata al prolungarsi della contenzione che alla patologia. […] le informazioni ricavabili da tale prova documentale sono già sufficienti a ritenere la insussistenza dello stato di necessità (della contenzione, ndr). Tuttavia ulteriori e fondamentali elementi si ricavano proprio dalla lettura del diario clinico che alle ore 13 e 15 del 31 luglio già attesta lo stato di tranquillità del paziente." Pure i giudici di Salerno, come il gip, affermano che la contenzione è stata praticata senza che fosse necessaria, senza che fosse annotata in cartella clinica, in spregio delle normative a riguardo. E ciò è accaduto pure per un altro paziente ricoverato nel reparto, G. M., costretto ad una contenzione "indebitamente applicata" e "ingiustificamente protratta ben oltre il limite delle 12 ore". "L’ordine di contenere il Mastrogiovanni e il M. era illegittimo" si legge. Ciò accadeva anche "per far fronte alle evidenti carenze strutturali e organizzative del reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania, del tutto inidoneo, come si evince dalle foto e dal filmato, a svolgere qualunque funzione di accoglienza ed assistenza agli esseri umani".

I giudici si esprimono in maniera chiara anche sull’eventuale rapporto causale tra la prolungata contenzione illegittima e il sopraggiungere dell’edema polmonare e dunque della morte: "E’ questo unico punto che, al più, dovrà approfondirsi, in sede dibattimentale, ma si ritiene già sussistente la prova del nesso di causalità tra lunga contenzione e morte, sia alla luce delle conclusioni del consulente del PM che di quello delle difese".

Secondo i giudici, che fanno riferimento alle regole deontologiche, i sanitari avrebbero dovuto almeno, ogni tanto, "garantire il sollievo ai pazienti mediante lo slegamento", per "la ricostituzione del paziente, la cura degli arti". E dovevano assicurare "una presenza costante al fianco del malato onde impedire la concretizzazione di qualsivoglia rischio. […] Gli intervalli, il conseguente mutamento di posizione del paziente, il ristoro avrebbe impedito, senza dubbio alcuno, alla contenzione di divenire antecedente causale dell’edema polmonare o lo avrebbe posposto nel tempo o comunque ne avrebbe garantito una minore potenzialità lesiva". Perciò, il collegio giudicante osserva che attraverso controlli idonei e un’assistenza normale si sarebbe evitato che "del decesso del Mastrogiovanni il personale paramedico e medico si accorgesse solo alle 7 e mezzo del mattino, quando dal filmato appare la morte di costui, avvenuta addirittura alle 1.35 della notte". E si precisa inoltre che "l’edema polmonare non comporta un exitus (decesso, ndr) immediato e quindi una volta riconosciutone l’insorgenza[…], ben potevano essere predisposte manovre rianimatorie in grado di salvare la vita al paziente".

Nel reparto di psichiatria del "san Luca" , secondo i magistrati, si è verificata "una progressiva scadenza della qualità del servizio sanitario offerto, con inaccettabile compressione di ogni diritto del malato, già costretto al ricovero in una struttura a fatica qualificabile come ospedale e poi ancora posto in un regime di ricovero ripugnante per qualunque essere umano".

Il Riesame ricorda inoltre, a tutti, che: "come è stato sostenuto da medici e giuristi, il diritto alla libertà del proprio corpo è senza alcun dubbio il più elementare dei diritti di libertà solennemente garantiti dalla Costituzione Italiana che, come noto, sancisce l’inviolabilità della libertà personale".

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