Cinque mesi senza colpevoli. La vedova: “L’unica certezza è la sua assenza”
| di Biagio CafaroE’ una brezza leggera quella che ti tocca. Da quassù assapori i colori con avido piacere.Sotto di noi si apre il mare di Acciaroli. Qui, in questo vero e proprio paradiso terrestre, cinque mesi fa è stato ucciso con nove colpi di pistola Angelo Vassallo, quel sindaco-pescatore diventato ormai in tutt’Italia simbolo della buona politica. Cinque mesi dopo il suo assassino è ancora a piede libero. I moventi di quell’azione ancora più ignoti. Ma, soprattutto, cinque mesi dopo c’è sempre di più la disperazione di una famiglia a cui è stato strappato un marito, un padre.
Angelina Amendola aveva conosciuto il suo Angelo quando avevano sedici anni. La attendiamo fuori casa, poche decine di metri dal luogo di quell’agguato mortale, oggi ricordato con fiori e bandiere di Legambiente. Quasi come un servizio di scorta, prima di avvistare lei si fanno avanti i ventidue cani di cui si prende cura con i suoi figli.Cani che spesso lo stesso Angelo portava a casa. Facevano, allora come oggi, parte della famiglia. In mano la signora ha un secchio con delle arance; di quelle dolci, ci spiega.
Facendoci spazio tra i cani salutiamo la signora. Ci accompagna a casa. «Cerco di distrarmi, mi aggrappo anche alle piccole cose che lo riguardavano. Ci restano il ricordo, le amicizie. Ci aggrappiamo a questo per andare avanti». Capiamo subito che la conversazione non sará affatto semplice. Perché se è vero che ad una comunitá è stata portata via la sua guida, a questa donna è stata strappata una parte di sé. «Purtroppo più si va avanti e più è difficile – racconta la signora Angelina. A volte vivo in una sorta di apatia. Sento di aver perso l’entusiasmo per qualunque cosa anche le più banali. Talvolta mi chiedo che senso abbia la stessa meccanica operazione delle pulizie domestiche. Ma poi tiro avanti, so che bisogna andare avanti. Lo devo ai miei figli».
Passeggiando in paese i ricordi si fanno ancora più intensi, difficile riuscire a non vedere Angelo Vassallo ad ogni angolo di strada. «Tutto mi ricorda lui – dice la signora Angelina mentre accarezza l’altro cucciolo che è arrivato al suo fianco. Sono stata sempre al suo fianco, so con esattezza tutte le cose che ha fatto, tutte quelle per cui ha lottato, la loro storia, la loro genesi. Così ogni cosa che vedo in paese mi ricorda lui. E so che i miei giorni ormai dovranno passare così».
C’è una cosa che proprio non sopporta la signora Angelina. Sale sulle ferite ancora aperte. «Pollica resta un piccolo paesino, nonostante tutta l’attenzione che abbiamo ricevuto in questi mesi. E come in ogni piccolo paesino le voci prima o poi arrivano. Così anche a me sono state riportate molte cattiverie dette su mio marito. Cattiverie che mi fanno ancora più male. Perché Angelo non è morto di malattia, ma ucciso per aver inseguito un sogno».
Il racconto è rotto dalle lacrime, dalla disperazione. Gli inquirenti della Dda, lo stesso procuratore capo di Salerno sono sempre molto vicini alla famiglia. «Ci fanno sentire la loro solidarietà, ci fanno avere fiducia nel lavoro molto difficile che stanno portando avanti – spiega la signora Anglina. E anche io dovrei avere la voglia di trovarle presto queste persone. Ma in questo momento non riesco a provare né rabbia, né odio. So solo che Angelo non è più qui e ora devo solo imparare a vivere con questa certezza. Spero che gli è stato vicino in questi anni prosegua nell’ amministrare questo paese con la sua stessa passione».
Andando via ci voltiamo ancora ad ammirare lo splendido panorama. Angelina ci guarda: «E’ bellissimo. Ma perché noi possiamo guardarlo e lui no?».
Fonte: La città
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