Coinvolgiamo imprese e cittadini in un percorso di Responsabilità Sociale

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Coinvolgiamo imprese e cittadini in un percorso di Responsabilità Sociale

Riceviamo e pubblichiamo alcune osservazioni del lettore Raffaele Galato, riguardanti le molteplici prospettive di sviluppo della realtà di Camerota.

 

Leggo sul "giornaledelcilento" l’intervento in Consiglio Comunale del Consigliere Mario Salvatore Scarpitta e non posso non intervenire associandomi al suo invito ad operare tutti insieme per il bene del nostro paese. L’amico "Mariolino" rappresenta, per il nostro territorio, il prototipo di imprenditore sempre attento alla così detta RSI (Responsabilità Sociale di Impresa). La sua azienda è sempre stata pronta a supportare e sponsorizzare momenti di aggregazione socio-culturali.

Questo mi porta però a suggerire all’imprenditore, oggi anche amministratore comunale, ed a tutti gli amministratori, di "allargare gli orizzonti ". Non limitiamoci a "…cambiare il volto, l’immagine del paese… in attesa dei turisti". Questo approccio è riduttivo rispetto alle potenzialità che, sono sicuro, potrebbe mettere in campo il nostro comune, e rischia di essere il solito "bel tappeto che copre l’immondizia".

Dobbiamo impegnarci a cambiare non solo "l’immagine" (fatto strettamente commerciale che mi interessa pochissimo) ma anche la "sostanza" del nostro paese. Un paese dove, intervenendo tutti insieme da stakeholder, possiamo immaginare e sognare uno "sviluppo" non soltanto economico ma anche culturale e sociale. Migliorare e sviluppare attività culturali e sociali non soltanto consentirebbe a noi residenti una vita migliore, fatta di momenti di aggregazione e confronto e di spazi di sicurezza personali, ma rappresenterebbe un fattore di attrazione per imprese e turisti sensibili alla "qualità della vita" verso il nostro territorio.

Cosa fare? Coinvolgiamo tutte le imprese e tutti i cittadini in un percorso di Responsabilità Sociale e vediamo cosa succede! E non ci preoccupiamo più di tanto di qualcuno che potrebbe tirarsi indietro perché "… alcune comunità che nel Giappone tra il sedicesimo e diciannovesimo secolo si erano sviluppate attraverso la produzione del riso avevano sviluppato dei sistemi di irrigazione che venivano costruiti e mantenuti direttamente dalle molte famiglie che appartenevano ad una comunità. Tutte le famiglie dovevano quindi contribuire alla creazione e alla manutenzione di questi sistemi, ma – nel momento in cui una non avesse contribuito, per esempio mancando di svolgere necessarie riparazioni – non poteva essere esclusa dall’uso degli impianti, in quanto era tecnologicamente impossibile. Questi impianti erano quindi veri e propri beni pubblici, sostenuti dallo sforzo coordinato dei singoli e disponibili al territorio. Tuttavia, all’impossibilità di punire il free rider nell’ambito delle transazioni economiche, si poteva reagire invece con la possibilità di punirlo escludendolo dalle attività di scambio sociale (partecipazione alle attività sociali, politiche e ricreative) in cui la comunità era coinvolta."

Raffaele Galato

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