Covid-19, un virus sfuggito da un laboratorio o diffusosi da un mercato?

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Covid-19, un virus sfuggito da un laboratorio o diffusosi da un mercato?

di Giangaetano Petrillo

Un virus sfuggito da un laboratorio o diffusosi da un mercato, non troppo distante, in una città, Wuhan, della Cina interna? Molto si scrive e molto si dice su quanto sta emergendo in questi ultimi tempi. Ma cerchiamo di fare il punto e di chiarire alcuni aspetti importanti, per una giusta informazione. Al centro dei sospetti c’è il Wuhan Institute of Virology, da cui si ritiene possa essere sfuggito il coronavirus all’origine dell’attuale pandemia. Lo stesso presidente statunitense, Donald Trump, ha indicato di avere prove contro il laboratorio della città dell’Hubei, mentre il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo ha puntato il dito, ricordando la lunga sequela di laboratori al di sotto degli standard necessari, situati in Cina.

Da mesi gli scienziati e i governi si interrogano su come sia nato e su come si sia propagato il coronavirus Sars-nCoV-2, all’origine della pandemia di Covid-19 che ha portato vicino al collasso i sistemi sanitari e messo in ginocchio le economie mondiali. La gestione dell’epidemia, il sospetto che Pechino abbia nascosto dati e fatti, mentre puniva i mediciche per primi hanno lanciato l’allarme sono alcuni dei motivi che oggi spingono da più parti a un’inchiesta internazionale sull’origine della pandemia. È bene dire sin dall’inizio che dagli stessi scienziati statunitensi e dalla comunità di intelligence non emergono certezze sulla possibilità che il virus sia sfuggito da un laboratorio. Lo stesso virologo Usa Anthony Fauci, a capo della task force della Casa Bianca contro l’epidemia, ha dichiarato che tutte le prove indicano fortement che il virus Sars-nCoV-2 sia di origine naturale e che non sia stato artificialmente o deliberatamente manipolato. Al contrario,il mercato Huanan di Wuhan, al quale sono collegati molti dei primi casi di polmonite anomala in Cina, e che è stato chiuso il 1 gennaio scorso, avrebbe un ruolo centrale nella propagazione del coronavirus, anche se resta da capire come vi sia entrato.

Le teorie, in realtà, prendono in considerazione la vicinanza tra il Wuhan Institutie of Virology e il mercato Huanan, circa dodici chilometri. Nel laboratorio lavora la virologa Shi Zhengli, specializzata nello studio di virus provenienti dai pipistrelli. Secondo il Washington Post, la scienziata aveva incontrato in passato scienziati statunitensi che avevano espressoperplessità sul livello di sicurezza dell’istituto. La stessa Shi, però, ha smentito che il virus possa avere a che fare con il suo laboratorio, dicendosi disposta a “scommetterlo” sulla propria vita. La ricerca dell’origine del coronavirus è diventata, intanto, un argomento estremamente sensibile per la Cina, tanto che il governo ha imposto restrizioni alle pubblicazioni di natura scientifica sull’epidemia di coronavirus, che prima della pubblicazione dovranno essere sottoposte a rigidi controlli accademici. Adesso i riflettori sono puntati sulla prossima Assemblea Mondiale della Sanità, l’organo decisionale dell’Oms, in programma a Ginevra tra il 17 e il 21 maggio prossimi. In prima fila a chiedere un’inchiesta internazionale indipendente sulla pandemia si è messa l’Australia. Il primo ministro australiano, Scott Morrison, ha parlato della proposta in colloqui telefonici con il Presidente Usa, Donald Trump, con il presidente francese Emmanuel Macron, e con la cancelliera tedesca Angela Merkel, ma dai leader europei, però, è arrivata una parziale frenata all’iniziativa, anteponendole la necessità di focalizzarsi sulla risposta all’emergenza nei rispettivi Paesi.

In una possibile indagine, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, ha dichiarato che vorrebbe vedere la Cina collaborare con l’Ue per capire l’origine del coronavirus. In ogni caso, per portare avanti un’indagine in territorio cinese c’è bisogno del consenso di Pechino. L’unica organizzazione internazionale che ha, almeno teoricamente, il potere di superare lo scoglio della sovranità statale è l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (Opac) che, sulla base della Convenzione varata nel 1993, alla fine della Guerra Fredda, gode di un meccanismo attraverso il quale ispettori possono entrare in territori altrui senza il consenso dello Stato per verificare se vengono prodotte o usate armi chimiche. Si chiamano ispezioni su sfida e tra l’altro finora non sono mai state effettuate.

La possibilità che la Cina possa essere chiamata a rispondere a livello internazionale della gestione della pandemia di coronavirus, o addirittura della sua origine, è , comunque, scarsa. Ogni opzione, però, viene esclusa dalla Cina. Pechino si dice fortemente contraria a un’inchiesta internazionale sull’origine del coronavirus, che giudica motivata politicamente e fondata sulla presunzione di colpevolezza, come ha dichiarato il vice ministro degli Esteri Le Yucheng. Pechino ha poi bollato le accuse del segretario di Stato Usa come una manovra per la rielezione di Trump alle presidenziali di novembre prossimo. Sul piano interno, però, dalla Cina emerge forte nervosismo. Secondo un rapporto del mese scorso del Ministero della Sicurezza Statale, citato da fonti dell’agenzia Reuters, emerge che l’ostilità nei confronti della Cina è oggi al livello più alto dai tempi della strage di piazza Tiananmen, nel 1989.

Nel testo sottoposto ai leader cinesi, tra cui il presidente Xi Jinping, si evidenza anche la possibilità di uno scontro armato con gli Stati Uniti. Nessuna conferma, né smentita, è arrivata da Pechino. Dagli esperti viene ritenuto improbabile che Pechino possa rispondere del proprio operato, e ancora meno probabile che voglia risarcire la comunità internazionale per i danni causati dalla pandemia, ma rimangono punti oscuri, su cui si focalizzano i sospetti. Sospetti rilanciati dagli Stati Uniti, in primis, e da altri Paesi che vogliono fare luce sulle cause dell’emergenza sanitaria globale per poterne prevenire, per tempo, una nuova, qualora si verificasse. Pechino non vuole farsi mettere nell’angolo e difende il suo operato, infatti a ogni occasione pubblica, la Cina ribadisce di essere sempre stata trasparente e tempestiva nelle comunicazioni all’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), ma sente crescere il nervosismo attorno a sé per il danno sociale ed economico provocato dal coronavirus. La Repubblica Popolare si oppone con forza all’idea di comparire sul banco degli imputati per il disastro globale, ma ha dato il proprio sostegno a una revisione guidata dall’Oms, che deve essere condotta in maniera aperta, trasparente e inclusiva e in un momento appropriato dopo che sarà finita la pandemia sotto la guida del direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Da Ginevra, intanto, l’Oms – accusato dal presidente Usa, Donald Trump, di essere sino-centrica al punto da convincerlo a tagliarle i fondi – ha confermato che sono in corso colloqui per una nuova missione nel Paese asiatico. Scopo del viaggio, ha spiegato Maria van Kerkhove, a capo della sezione di malattie infettive e di zoonosi, sarà quello di fare chiarezza sui primi casi rilevati di coronavirus e sul salto di specie dall’animale all’uomo, e servirà a capire cosa è accaduto all’inizio in quanto a esposizione a differenti animali. Esiste, comunque, l’ipotesi di ripercussioni contro la Cina, che è allo studio a Washington, anche se non ci sono ancora indicazioni chiare. In risposta a una domanda postagli dall’agenzia Reuters sul possibile ricorso alle tariffe o sulla cancellazione del debito obbligazionario, Trump è ha dichiarato che ci sono molte cose che posso fare.

Stiamo cercando di capire cosa è successo. In attesa di eventuali ispezioni e indagini, non ci rimane che attendere che questa emergenza termini. Non possiamo con certezza sapere da dove sia partito il virus e se ci siano state delle mancanze da parte della Cina. Quello che è più che intuibile è che siamo difronte ad un nuovo scontro diplomatico tra gli USA e la Repubblica Popolare Cinese, senza esclusioni di colpi. Anche perché per Trump può rappresentare realmente l’arma vincente alle prossime elezioni presidenziali. Non lontane nel tempo.

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