La Regione Campania e la Provincia di Salerno affossano i Servizi sociali nel Cilento

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La Regione Campania e la Provincia di Salerno affossano i Servizi sociali nel Cilento

Senza troppi preamboli e senza preavviso, la Regione Campania riduce i fondi da destinare ai servizi sociali per i Piani di Zona del Cilento, mentre la Provincia di Salerno, pare appoggiare l’atteggiamento adottato dalla Regione, mitigando le richieste di aiuto dei sindaci del Cilento, aspettando,forse, che per inerzia, o per miracolo, la Regione si ravveda con un dietro front sul provvedimento adottato dalla Giunta di Palazzo Santa Lucia.
Realtà più forti, forse più importanti per la Provincia, elettoralmente parlando, quali i comuni più grandi dell’area salernitana e dell’agro nocerino sarnese, ancora una volta, mettono in discussione la validità dei principi su cui si fonda il ‘Principato di Salerno’, non facendo prevalere le legittime richieste dei comuni cilentani di equità di trattamento per un’adeguata e civile erogazione dei servizi sociali essenziali. Mentre, paradossalmente, procede veloce l’iter per arrivare al referendum per la nuova regione in Provincia di Salerno, grazie ai molti comuni del Cilento, che hanno detto sì alla proposta del presidente Cirielli.

Oltre un milione di euro di finanziamento, pari ad un taglio del 52%, tolto al Piano di zona sociale di Castellabate (che comprende  41 comuni, in un’area che si estende da Agropoli a Camerota), lascerà con pochi servizi sociali le comunità di questo vasto territorio. Il piano di zona S/7, è l’ambito sociale  più grande della regione Campania, il più vasto a livello di territorio, ma che nella conta delle anime, perde per densità abitativa rispetto agli ambiti sociali come quelli dell’agro nocerino sarnese. La Regione Campania non ha messo fondi propri da destinare agli ambiti sociali, ed ha ripartito il fondo  globale di 175milioni di euro, dandone 65 ai Piani di Zona, 88milioni li ha tenuti per sé e ha destinato 9milioni di euro al Comune di Napoli per un protocollo d’intesa, nemmeno specificato e motivato. Dalla crisi economica della Regione Campania, da cui sono scaturiti i tagli cilentani, pare proprio che il Comune di Napoli (che non è Piano di Zona) sia rimasto indenne.

Le risorse economiche sono quindi emigrate quasi totalmente nella città di Napoli e nelle zone massimamente popolate, lasciando dissapori e malumore per questa differenziazione, che si sono evidenziati nelle parole del sindaco Maurano durante una conferenza stampa tenuta a Castellabate il 30 dicembre scorso: “Voglio ricordare che le elezioni non si fanno solo a Napoli, e i cittadini non devono rincorrere la politica per avere i servizi”.
Anche il rappresentante del Piano di Zona S/4, il sindaco di Sala Consilina, parla di: “ Una ripartizione che non riguarda soltanto il napolicentrismo, ma anche il salernocentrismo,  lo scafaticentrismo, il pompeicentrismo…insomma tutti i comuni più grandi hanno spinto per avere una ripartizione diversa, che nella legge sulla dignità sociale del governo Bassolino, vedeva una ripartizione che contava il 35% per la territorialità e il 65% per la popolazione, illegalmente trasformata da questa giunta nell’attuale 15% per la territorialità e nell’85% per la popolazione”.

Da una sommaria proiezione iniziale, non potranno essere assicurati che pochi servizi, per il PdZ S/7, forse si riuscirà a portarne avanti sei/sette, rispetto ai circa ventidue servizi già resi operativi dall’Ambito. I Servizi,  già partiti e operanti sui  territori,  sono stati definiti dalla stessa Regione Campania, obbligatori. Nelle more di questa contraddizione, (oltre a dire che la delibera di Giunta regionale è contraria a quello che è il principio generale dell’istituzione dei PdZ e quindi anche del bisogno sociale in generale), posta in essere dalla Regione stessa, rimane il taglio finanziario, che rende impossibile una concertazione, una programmazione ed attuazione dei prossimi due piani di zona, stante anche l’impossibilità di gravare ulteriormente sui bilanci dei Comuni dei vari Ambiti territoriali. La drastica decurtazione di fondi porterà, quindi, all’impossibilità di garantire la continuità dei servizi in essere in favore delle “fasce deboli” degli Ambiti cilentani.

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