Doddato: «Siamo disperati». Ecco perché Ottati esce dal Parco del Cilento

| di
Doddato: «Siamo disperati». Ecco perché Ottati esce dal Parco del Cilento

«Disperazione è la parola più giusta». Commenta così Eduardo Doddato, al giornaledelcilento.it, la decisione, deliberata in consiglio comunale, di uscire politicamente dal Parco nazionale del Cilento e avviare un percorso legale per farlo definitvamente. «Veniamo da una gestione del Parco in cui per 24 anni ci hanno raccontato che poteva essere un’opportunità, un volano turistico, ambientale. Nei fatti ci siamo ritrovati solo vincoli. Siamo soffocati dalla burocrazia». Un provvedimento forte che fa di Ottati il comune capofila di quella che potrebbe essere un’azione condivisa, almeno negli Alburni. «Appartengo al movimento dei ‘briganti del Parco’ con Pino Palmieri, primo cittadino di Roscigno, e altri sindaci. – spiega Doddato – Un’iniziativa, la nostra, tesa a smuovere le coscienze che è nata qui ed è rimasta qui, vuol dire che è negli Alburni che si avverte di più il freno del Parco». «Tanta protezione e attenzione per la flora e la fauna e l’uomo, che poi è l’unico coraggioso che continua a vivere in questi paesi, viene messo da parte, insomma restiamo nel limbo senza riuscire a fare nulla. Ci auguriamo che qualcuno capisca che bisogna dare un governo completo all’ente». «Alcuni Comuni sono fuori dal Parco – continua Doddato – ma poi concretamente lo controllano. – e si chiede – La sede è a Vallo della Lucania, perché è stata messa fuori dal perimetro? Era chiaro che non era una opportunità. E’ stato un grande bluff – prosegue il primo cittadino – e ora qualcuno si è stancato di starci».

I motivi Una scelta, dunque, dettata dalla rabbia e dalla disperazione: «Prima di essere un sindaco, sono un cittadino, – continua – ascolto la voce della mia comunità, da anni messa in ginocchio dalla problematica dei cinghiali: «Un problema serio e fortemente avvertito dalla cittadinanza, tenendo conto che la coltivazione dei terreni è diventata un modo per alleggerire le spese e magari fare economia». Doddato dice in sintesi che non c’è da parte del Parco la percezione delle reali esigenze del territorio. «Si spendono soldi per risorse che poi serviranno a pochissime persone, e non invece fondi per iniziative che vadano a vantaggio del territorio». Poi la proposta: «Si potrebbe sfruttare per esempio la piaga dei cinghiali e farla diventare una risorsa, investendo ad esempio in un prodotto gastronomico nuovo che abbia la carne di cinghiale come elemento caratterizzante e farlo diventare un richiamo tipico e specifico del nostro territorio. Quindi le macellerie e i ristoranti avrebbero una risorsa in più su cui poter lavorare, generando cosi economia reale con notevole ricadute occupazionali ed economiche, ed elaborando nel contempo strategie di controllo rispetto alle azioni distruttive a cui assistiamo impotenti oggi e che arrecano un danno notevole proprio perché non regolarizzate».

©

Consigliati per te

©Riproduzione riservata