Ciro Pellegrino, 48enne padre di un ragazzo di 13 anni, si suicida con un colpo alla testa

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Ciro Pellegrino, 48enne padre di un ragazzo di 13 anni, si suicida con un colpo alla testa

Il futuro lavorativo incerto, i licenziamenti diffusi in tutti i punti vendita dell’Alvi, il mutuo: un mix micidiale di preoccupazioni e ansie, così insostenibile da indurlo a farla finita. Ciro Pellegrino, 48enne, sposato, padre di un ragazzo di 13 anni, ieri, martedì mattina, poco dopo le 10.30, si è suicidato sparandosi un colpo della sua Beretta calibro 9, legalmente detenuta, alla tempia, dinanzi al garage della palazzina di via De Filippo, nella frazione nocerina Cicalesi, dove abitava. Per anni ispettore alla sicurezza per la catena di supermercati Alvi (era dipendente della società Gdo) si era dimesso – a causa della forte crisi che ha investito il gruppo – per ricoprire, ad inizio anno, il ruolo di direttore di uno degli ex punti vendita (a Pucciani, Nocera Superiore) ora rilevati dalla società Alpa. Un cambio mansione che anziché dargli ossigeno e speranza gli aveva causato solo ulteriore ansia. Così ha deciso di mettere fine alla sua vita.

LA PREPARAZIONE – Un gesto premeditato, studiato nei minimi particolari. Ieri mattina, intorno alle 8.30 aveva sentito il padre, Ciccio, lasciandosi con la promessa di passare a prendere la mamma. Poi, il vuoto di due ore. Prima, però, ha scritto una lunga lettera nella quale ha chiesto scusa ai familiari per il gesto e ha cercato di spiegare le sue ragioni. «… Per la seconda volta mi ritrovo con un futuro incerto, forse licenziato…», ha scritto tra l’altro Ciro ai suoi parenti. Piegata la lettera, lasciata sul tavolino vicino all’ingresso, si è armato ed è sceso nel piazzale del parco. Si è fermato dinanzi al garage e ha sparato. Un solo colpo che gli è stato fatale. Il rumore sordo ha attirato l’attenzione di alcuni vicini di casa che hanno immediatamente allertato i soccorsi. Sul posto sono giunte due ambulanze, gli agenti del locale commissariato e la polizia municipale. Una scena agghiacciante. Il corpo senza vita di Ciro giaceva al centro del parco. Un lenzuolo bianco, pietoso, lo ha coperto mentre tutto intorno era un viavai di gente che urlava.

L’ULTIMA TELEFONATA – In via De Filippo sono giunti subito i parenti. Il padre, Ciccio, era in ospedale a far visita alla sorella quando ha avuto la notizia. «L’ho sentito qualche ora fa – racconta – e mi è sembrato normale, sereno. Come lo era anche ieri sera. Poi quello che è accaduto nella mente di mio figlio, in due ore, proprio non me lo so spiegare. Ma sia chiaro: Ciro non era depresso. La motivazione di questo gesto è legato al lavoro per il quale viveva e si è sacrificato. Da 25 anni». Sul posto anche il medico legale e il sostituto procuratore che conduce le indagini, Sabrina Serrelli. «Il futuro incerto, il mutuo hanno pesato su questa tragedia. La lettera lasciata ai familiari spiega le ragioni del gesto, estremo», dice il procuratore capo, Gianfranco Izzo.

I VIAGGI E LA PISTOLA – Ciro non era depresso,viveva giorni carchi di ansia per il suo essere ligio al dovere, sempre. Nonostante giorni fa in azienda avesse avuto un mancamento, era tornato immediatamente in azienda. Aveva scoperto alcuni alimenti scaduti. Svolgeva il suo lavoro con puntualità e, agli inizi dell’attività, quando viaggiava spesso, in Calabria era stato vittima di rapine. Tanto da decidere poi di armarsi.

fonte: corrieredelmezzogiorno

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