Giustizia lumaca: 16 anni dopo il processo ricomincia dall’inizio

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Giustizia lumaca: 16 anni dopo il processo ricomincia dall’inizio

Nel 2012 la “Riforma della geografia giudiziaria” avrebbe dovuto tagliare costi e temi alla Giustizia italiana. Così non è stato, lo dice la “storia” di questi nove anni e lo dicono anche episodi – leggasi processi – concreti. L’ultimo caso di giustizia tartaruga, anche figlia di quella riforma delle geografia giudiziaria, arriva dal Vallo di Diano. Sedici casi per un processo che ora dovrà ripartire da zero e – se si dovesse rinunciare alla possibile prescrizione – si allungherebbe per almeno altri tre gradi di giudizio.

Il legame con la riforma è l’annessione del Tribunale di Sala Consilina con quello di Lagonegro, in Basilicata, unico caso in tutta Italia di un “matrimonio” tra tribunale di due regioni diverse. Questo con tutte le complicanze del caso per i vari riesami, corti di appello, dda, competenze e varie. Ricordando quel 2012, i pesi politici ebbero grande importanza sulle decisioni dei tribunali da sopprimere e da salvare ed evidentemente il peso valdianese era leggero, troppo leggero. Tornando al caso specifico: il processo è a carico di un cittadino originario della Calabria, residente a Roma accusato dall’allora Procura di Sala Consilina, nel lontano 2005, del delitto di bancarotta fraudolenta in quanto legale rappresentante di una società di costruzione con sede in Sala Consilina nella zona del Corticato. Una società – ricostruendo quanto avvenuto nel 2005 – già dichiarata fallita con apposita sentenza, che secondo gli inquirenti aveva omesso di tenere i libri contabili, rendendo così impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari sociali. Il giudizio di primo grado, era terminato con una sentenza di condanna emessa dall’allora Tribunale di Sala Consilina, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e l’inabilitazione all’esercizio dell’impresa per dieci anni.

L’imprenditore però non si è dato per vinto e ha ricorso in appello con l’avvocato Michele Di Iesu che lo aveva seguito già nel giudizio di primo grado. La Corte d’appello di Salerno nel 2012, ha quindi accolto il ricorso del difensore dell’imprenditore di origini calabrese e ha annullato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Sala Consilina. Sette anni dopo. Arriva l’annessione dei tribunali di Sala Consilina e Lagonegro. I tempi quindi del processo si dilatano. Nel 2014 al termine di una lunga istruttoria, il giudice del Tribunale di Lagonegro “ripropone” la condanna alla stessa pena con la stessa sanzione accessoria. A questo punto il difensore ricorre nuovamente in appello; questa volta a decidere è la Corte di appello di Potenza, la quale nel 2019 conferma la condanna. A questo punto il legale presenta ricorso alla Cassazione. La quinta sezione penale della suprema Corte il 17 maggio scorso, ha accolto le richieste dell’avvocato annullando entrambe le sentenze di condanna emesse dal tribunale di Lagonegro e dalla Corte d’appello di Potenza, regredendo cosi il giudizio penale, nuovamente al primo grado. Di nuovo al via. Intanto sono trascorsi sedici anni dall’inizio del processo nei confronti del 72enne calabrese. Un processo iniziato nei suoi confronti quando di anni ne aveva 56 anni e che per concludersi dovrà attendere (al di là della possibile prescrizione) altri tre gradi di giudizio.

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