Il blues di Spookyman a Vallo della Lucania: «La mia musica è il risultato della fusione tra antico e moderno»

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Il blues di Spookyman a Vallo della Lucania: «La mia musica è il risultato della fusione tra antico e moderno»

Sul palco del Draft di Vallo della Lucania giovedì si è esibito Spookyman, one man band con le sonorità del Delta del Mississippi nel sangue. Nome d’arte dietro cui si cela Giulio Allegretti, Spookyman si divide fra voce, chitarra, armonica, kazoo, stomp-box e cembalo. Fra le sue influenze cita artisti quali Robert JohnsonSkip James Bukka WhiteR. L. Burnside e John Lee HookerDa poco uscito con un omonimo album di inediti, Spookyman vanta una fervida attività live su palchi di tutta Europa, dalla Germania all’Austriapassando per Francia e Portogallo. L’intervista

D: Ciao, Giulio: prima di tutto presentati ai nostri lettori, parlandoci brevemente di chi sei nella vita di tutti i giorni e raccontandoci un po’ del tuo percorso artistico.

R: Ciao a te Giuseppe, mi chiamo Giulio Allegretti, sono nato a Roma il 19/06/1986, sono per metà siciliano e per l’altra umbro ed emilio-romagnolo. Da qualche anno sono vigile del fuoco discontinuo. E’ un bel lavoro che fortunatamente riesco a conciliare bene con le tournée in cui suono. Ho frequentato l’indirizzo di scultura al liceo artistico e successivamente ho proseguito gli studi all’Accademia di Belle Arti di Roma, con l’indirizzo pittura.  Parallelamente alla passione per il disegno e la scultura, ho portato avanti la passione per la musica ed il connubio fra queste discipline è il risultato della mia ricerca musicale. Negli ultimi anni ho partecipato in maniera attiva ad opere teatrali, cortometraggi e musical nei quali ho curato l’aspetto musicale.

D: Se dovessi spiegare cosa suoni a qualcuno che non ti ha mai ascoltato come descriveresti i tuoi lavori?

R: La mia musica è il risultato della fusione tra antico e moderno, la mia è una ricerca fra le sonorità, prevalentemente americane, del secolo scorso con un fare dadaista ed un sound accattivante. Provoco, stravolgendo le aspettative della maggior parte degli spettatori e gestori dei locali abituati a performance canoniche. Canto e contemporaneamente suono da solo una valigia come grancassa, una scatola di latta come rullante ed una chitarra elettrica in stile fingerpicking, il tutto senza l’ausilio di qualsiasi artifizio digitale. Ho definito a volte il mio genere come “acousmatico” poiché, durante un periodo di sperimentazione, aggiungevo nel corso della performance alcune parti percussive preregistrate in un’audiocassetta che inserivo all’interno di un mangianastri collegato ad un amplificatore valvolare.

D: Come mai la scelta di “nasconderti” dietro il nickname Spookyman e come l’hai scelto?

R: SPOOKYMAN in italiano “UOMO SPETTRALE” è un personaggio che ho creato, una parte di me, per l’appunto uno “spettro” che emerge da un’altra dimensione sita all’interno del mondo delle idee. Giulio Allegretti è una persona reale, con una vita comune fatta di quotidianità, soggetta al tempo ed all’umore. Per come la penso io, un’artista, quando si esprime su un palco, deve mettere da parte ogni cosa che non appartiene allo spettacolo e concentrarsi solamente nell’interpretare quello che provava mentre stava scrivendo quel brano.

D: Leggo che, oltre ad uscire in formazione one man band, capita che ti accompagnino anche altri musicisti: come scegli, di volta in volta, le formazioni con cui suonare? E che differenze ci sono tra il suonare da solo e il suonare in ensemble.

R: Si, mi capita spesso di suonare anche in ensemble e devo dire che non è stato per niente facile trovare dei musicisti che rispettano a pieno il mio gusto musicale. Ci sono dei musicisti che apprezzo e che mi accompagnano. Questi sono Federico Ullo al contrabbasso e Gianluca Giannasso alla batteria. Gli altri invece che lo fanno in situazioni “allargate” sono Matteo Acclavio al sax baritono e Guglielmo Nodari alla lap steel. La mia scelta è condizionata dal tipo di locale, dalla sensazione che voglio far emergere. Infatti la differenza tra suonare solo o in ensemble sta nella varietà di suoni, nell’ esaltazione del groove e nella ricchezza melodica. Quando suono in solo la bellezza è nel sound crudo e ritmato che lascia spazio all’immaginazione dello spettatore, mentre una formazione allargata rende il tutto più affascinante e definito.

D: Hai avuto una fervida attività live, nella tua carriera: ci racconti qualche aneddoto?

R: Sì, ho suonato in tanti posti e conosciuto tanti musicisti.  Mi sono esibito dai centri sociali agli auditorium dai piccoli club ad arene sparsi in Italia ed in Europa, di cui mi porto bei ricordi. Un aneddoto risale a sette anni fa, al mio secondo concerto con il progetto SPOOKYMAN dove mi chiamarono per suonare al B:O:M:B: Festival a Brema in Germania. Era un festival one man band e venivamo da tutta Europa: proprio una bella serata! Il pubblico era molto caloroso e ci siamo esibiti a turno fino a notte inoltrata.  Finito l’evento, siamo rimasti solamente noi musicisti, insieme al fonico, gli organizzatori e le bottiglie di birra semivuote sparse per il locale. Nessuno aveva voglia di finire la festa ed allora ho proposto una “mega jam”. In un attimo, tutti hanno accolto la mia proposta in preda ad un’esaltazione goliardica e abbiamo suonato fino le nove di mattina. Ci siamo risvegliati nel pomeriggio, chi sulla batteria, chi per terra, chi su qualche divanetto: tutti con la sensazione che era avvenuto qualcosa di veramente bello in quelle ore, ma che era arrivata l’ora di ripartire, ognuno alla propria vita, al proprio tour. Con il magone allo stomaco ci siamo salutati, come se tutto sia avvenuto troppo velocemente; la durata di un semplice soffio.

Un altro aneddoto è quello di qualche anno fa, ero a Perugia, ad un festival di artisti di strada chiamato Alkemica. Ero con Gipsy Rufina, Belly Hole Freak e Steddie & the Buried Marilyns, ci siamo definiti “La Carovana di one man band”: da Roma verso Perugia su di un vecchio furgoncino Volkswagen. Una volta arrivati, si è unito a noi Pat Pend, un altro one man band di Foligno. L’evento di Alkemica prevedeva più esibizioni da parte nostra durante l’arco della giornata nella parte antica di Perugia, che poi si sarebbe dovuta concludere all’interno di un circo, nello specifico il “Circo Paniko”, sito in un’area verde poco distante dal centro di Perugia, attraverso un concerto finale.  Abbiamo suonato tutto il giorno, festeggiando e bevendo fino all’ora in cui gli organizzatori del Festival ci hanno detto che era il momento di spostarsi verso il circo. Arrivati lì, la visione che si è presentata davanti i nostri occhi era bellissima: un circo enorme, con accanto uno stand locale, abbellito da mille lucine che ricordava il film “Chocolat”, pieno di persone che ballavano a ritmo di Balkan Beat ed Electro Swing. Troppo per noi: Il circo era bellissimo, l’altra situazione non ci apparteneva.  In breve tempo, abbiamo capito che c’era un fraintendimento tra gli organizzatori di Alkemica ed il Circo Paniko poiché questi ultimi non avevano mai autorizzato un tale evento: ci rassicurarono, dicendo che se volevamo suonare, avrebbero spento la musica per farci esibire in quella situazione. Anche se non autorizzati, siamo entrati nel circo e Gipsy Rufina ha tirato fuori dal fodero il suo banjo e ha cominciato ad intonare una canzone in acustico e noi lo abbiamo seguito con le chitarre e con il tamburello. Dopo poco tempo, un ragazzo si è seduto vicino a noi per ascoltarci, lo hanno seguito altri ragazzi e poi altri, fino a che non ci siamo ritrovati di fronte ad una cinquantina di persone totalmente euforiche per quello che stavamo suonando. Non ci è voluto molto a far indispettire i proprietari del circo, che hanno spento tutte le luci per farci uscire, lasciando acceso solamente un piccolo faro centrale. Il loro intento non andò a buon fine, servì solamente a rendere più suggestiva la situazione: mentre suonavamo, ci siamo spostati sotto il faro e tutti hanno formato un cerchio intorno a noi, alcuni acrobati hanno cominciato ad improvvisare piroette e salti mortali, mentre altri hanno cominciato a battere il tempo con le mani: le battevano così forte che ormai le chitarre acustiche e gli altri strumenti non si sentivano più. Pat Pend, con un tono baritonale, intonò il suo motto: “GO GO GO“. Tutte le persone hanno cominciato ad imitarlo: sembrava di assistere a qualche rito di una tribù dimenticata del Borneo. Io ho cominciato a cantare My Babe di Little Walter e proprio in quell’attimo è emerso dalla folla un gitano con una chitarra manouche che ha detto: ”Spookyman voglio suonare un blues con te!”, per poi scomparire nel buio nuovamente. Anche quel faro si spense.

Buio totale.

Silenzio totale.

Di colpo si sono accese tutte le luci, c’erano tantissime persone, un ragazzo vestito da musicista di banda mi ha preso per un braccio per portarmi fuori, dicendomi: “La dovete finire! La dovete finire!” Fuori, a ballare la Balkan Beat non c’era più nessuno, erano entrati tutti dentro. Ci siamo fatti una foto ricordo con alle spalle il Circo Paniko. È stata proprio una serata speciale.

D: Parlaci del tuo ultimo lavoro in studio, dal titolo omonimo.

R: L’ Album, dal titolo omonimo, composto da tredici brani originali, è uscito il 1 Ottobre 2016 ed è da considerarlo il mio primo lavoro. In realtà è il quarto: i tre dischi antecedenti non sono mai stati pubblicati poiché non ero mai soddisfatto del risultato finale. È stato registrato a Gennaio 2016 allo Slam Studio di Andrea Maceroni a Corvaro, in provincia di Rieti. L’ LP è realizzato in stile one man band ma contiene delle partecipazioni su alcuni brani da parte di Matteo Acclavio con il sax baritono, Guglielmo Nodari con la lap steel, Carmine De Michelis con il piano ed Antonia Harper con i cori. Dati i miei precedenti titoli di studio, mi sono occupato io della grafica in copertina che contiene delle simbologie nascoste: una delle quali sta nell’orologio che segna la durata degli ultimi due brani.

D: Progetti attuali e futuri?

R: Attualmente mi occupo della promozione di questo lavoro, a breve uscirà un video live. è in cantiere anche la realizzazione di un videoclip. Collaboro con agenzie nazionali ed internazionali per intensificare la quantità di esibizioni. Sto raccogliendo materiale da inserire all’ interno prossimo disco con l’ intenzione di pubblicarlo nel 2018.

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