L’intervista fissa ai sindaci del Cilento è una boiata pazzesca

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L’intervista fissa ai sindaci del Cilento è una boiata pazzesca

Sicuramente non è questo l’obiettivo del direttore Troccoli, ovvero sollevare problemi di rilevanza primaria per un territorio martoriato come il nostro, ma non fraintendetemi. Sicuramente i fini del direttore sono ben altri, come alzare l’asticella del dibattito politico. Il problema consiste nel fatto che questo non è il modo, non è il tempo e non è il luogo/mezzo, ovvero l’attuale Giornaledelcilento.it, per affrontare alcune tematiche. Andiamo per ordine. 

Non è questo il modo poiché la nostra classe politica non ha mai avuto a che fare con giornalisti, quelli ‘veri’, che di certo non sono i ‘reggimicrofoni’ identificati dal sindaco Maria Ricchiuti. Il Giornaledelcilento.it non ha la pretesa di definire qual è il ‘vero’ giornalismo. Ma ha l’idea di quale giornalismo fare, quello che solleva le questioni che facciano tremare chi ha costretto il Cilento, nella sua interezza, in questa situazione di stallo, che oserei definire ‘oscurantismo cilentano’.  

Ed ecco giunti al secondo punto, ovvero non è questo il tempo per proporre un’intervista simile perché ad oggi mancano le basi. E non intendo le basi per i politici, ma per i redattori e i fruitori, lettori, del giornale stesso. Il Giornaledelcilento.it, dal principio, si è posto l’obiettivo di smuovere le coscienze dei cittadini cilentani, di far riflettere sulla nostra (perchè è insita anche nel giornale) mentalità, senza mettere in campo l’arroganza di chi possiede la verità assoluta. Noi non siamo portatori sani di verità precostituite, siamo giornalisti, ‘veri’, falsi, bravi, meno bravi, ma siamo giornalisti e il nostro compito è descrivere la realtà che si manifesta dinanzi ai nostri occhi. 

Ma questi occhi non possono che essere pregiudiziali, non possono che descrivere parte di una realtà, la più attendibile possibile, ma sempre predeterminata dalla forma mentis del cronista. Ma il tutto non ci é dato sapere come non è dato sapere a nessuno, nemmeno ‘un oculista’ molto bravo è capace di trovar rimedio per la nostra vista. Per questo, all’interno della nostra redazione, si è dato, nel corso del tempo, spazio alle menti più eterogenee, con un solo e unico obiettivo, raccontare la realtà dei fatti. Ma è proprio quest’ultimo punto che è venuto meno, a mio avviso, e per questo motivo la scelta di proporre ai sindaci del Cilento domande preconfezionate sul modello di città ben lontane dal nostro vissuto di vita quotidiana è stata una ‘boiata pazzesca’. 

Il Giornaledelcilento.it negli ultimi mesi ha disatteso alcuni propositi, alla base della nascita del giornale, ma li ha disattesi nei confronti dei lettori. Non è stato impeccabile nei confronti di una società politica, verso la quale non ha prestato la necessaria attenzione. Ma questa colpa è principalmente del sottoscritto, per il ruolo che ricopre all’interno del giornale e per un settore, quello politico, assegnatomi dallo stesso direttore. I principali temi politici degli ultimi mesi non sono stati affrontati, ultime le elezioni del consorzio Velia, dove l’intera classe politica ha posizionato le sue pedine e ha visto la riconferma di Franco Chirico. Ma questa è solo la punta dell’iceberg di un mondo politico da studiare, analizzare e smascherare, all’occorrenza. È nostro compito fare questo, e abbiamo fallito, ora, in questo. 

Quelle domande tecniche di Troccoli, il metodo serrato in cui si chiede ai sindaci di rispondere, anche se a dire la verità non sono di certo mancate le proroghe, possono essere fatte dopo un lavoro certosino di approfondimenti giornalistici in merito alle questioni annose proprie di un territorio eterogeneo e particolare come il Cilento. Analizzati i problemi, fatte le domande, cercate le risposte, allora si, anche quesiti strutturati per comuni ben più grandi e ramificati possono essere posti ai sindaci del nostro amato Cilento. A questo punto l’iniziava editoriale diventa spunto per un dibattito maturo sulla ‘questione cilentana’, sulle difficoltà di aprire alcune discussioni sociali e civili ben distanti dal nostro territorio, con l’obiettivo di stimolare una nuova riflessione.

Allora, in questo caso, non si possono accettare risposte come quella del sindaco di Orria. Ma oggi una risposta del genere, a mio avviso, data da un sindaco di un comune di mille abitanti, per di più paesano del giornalista con cui si è rapportato, è ritenuta dal sentire comune ‘accettabile’. I due, magari, anche prima che assumessero ruoli istituzionali, chi sindaco e chi giornalista, si saranno incontrati al bar e discusso degli argomenti più disparati bevendo un succo di frutta o sorseggiando un caffè. Ecco che in questo caso è difficile cambiare piano del discorso (in un territorio dove il giornalista è visto come ‘reggimicrofono’) da quello informale a quello formale e in una chiamata intercorsa, con lo zio assessore o con lo stesso sindaco, in un momento di stress, possa fuoriuscire un’offesa.  

Questa non è una giustificazione a un comportamento che è solo da biasimare, ma un tentativo di analisi di un esperimento ‘sociale’ proposto dal Giornaledelcilento.it. Numerosi sono stati i sindaci contattati come disparate sono state le risposte (tra queste anche i silenzi) ricevute e numerosi sono stati anche i commenti ricevuti dai lettori, come numerosi sono stati questi ultimi. Effetti positivi, non c’è dubbio, ci sono stati e soprattutto ci saranno, ma, a mio avviso, i tempi non erano ancora maturi.

La risposta del direttore

Ringrazio il giornalista Biagio Cafaro, account manager di questo giornale, per avere offerto la possibilità al quotidiano di dimostrare, ancora una volta, quanto necessario sia il pluralismo, la diversità di vedute e la possibilità di poterle esprimere in pieno. Con la forza di un titolo e l’educazione di un messaggio. E’ una occasione offerta a un giornale per aiutare a fare comprendere quanto uno strumento come questo, possa rappresentare la piazza nella quale tutti hanno diritto di cittadinanza. Un modo per prendere le distanza da chi pensa, a nostro avviso sbagliando, che i panni sporchi si debbano lavare sempre in casa. 

Ecco questo giornale, fin dal primo momento, ha scelto un’altra strada. E questa ne è l’ennesima dimostrazione. Le nostre debolezze, le nostre fragilità, i nostri errori, i nostri punti divergenti all’interno della redazione, non sono stati mai nascosti al pubblico. Umilmente ne abbiamo sempre dato conto. E alla fine, il pubblico, ha apprezzato questa onestà e questa trasparenza di fondo. Non abbiamo muscoli da dimostrare noi, forza e virilità da ostentare, tantomeno proselitismo da esercitare, o masse da trascinare al seguito, al fine di produrre consenso. Siamo invece impegnati sulla frontiera vulnerabilissima della credibilità e dell’autorevolezza, a costruire i presupposti affinchè ci si possa fidare di noi quando ai cilentani offriamo le informazioni utili per le loro vite quotidiane. E, per farlo, dobbiamo essere trasparenti. 

Ecco vedi Biagio, io sono completamente in disaccordo con molti dei punti che liberamente hai espresso nel tuo fondo di opinione, ma, scomodando Voltaire, mi batterò affinchè tu, e chiunque altro, lo possa fare. Non mi sottraggo tuttavia a entrare, nel merito di quanto scrivi, anche se lo farò solo parzialmente perchè buona parte delle argomentazioni da te sollevate trovano risposta nei precedenti articoli di replica ai sindaci.  

Il tuo pensiero si potrebbe estremizzare sulle tre motivazioni per cui consideri «boiata» l’iniziativa che ascrivi al direttore ma che è condivisa dalla redazione e che sono: il tempo, il modo e il luogo. Io ti rispondo che il modo è fin troppo opportuno e corretto fino al punto, di non averne mai conosciuto di più cortesi nella mia insignificante esperienza da giornalista. Ovvero limitarsi a fare le domande, offrire tutto il tempo necessario per rispondere, non inserire elementi di polemica (che – sia chiaro – considererei comunque legittimi come quelli di critica a maggior ragione se dovessero pervenire da un libero giornalista), e riportare fedelmente le risposte. A questo aggiungo che non conosco domande sbagliate, al mondo. E ricordo un semplicissimo motto della nonna: chiedere è lecito rispondere è cortesia. 

Quanto al tempo: dico che sono più che maturi i tempi affinchè questo giornale elevi più di quanto già lo faccia l’asticella della consapevolezza civica, anche se colgo favorevolmente la sfida per questo giornale di un sempre maggiore impegno sull’attualità politica ma, soprattutto,  che i sindaci sollevino l’asticella della responsabilità di cui sono investiti. E si accorgano che gran parte di quell’oscurantismo che tu ascrivi al Cilento è, probabilmente, frutto proprio di una inconsapevole mutilazione operativa.

Essere sindaci nel 2015, significa sposare una delle sfide più ambiziose e coraggiose che un cittadino possa compiere. E a farlo dovrebbero quindi essere personcine perbene, che hanno molta esperienza ‘di mondo’ ma soprattutto un profondo senso civico, una profonda sensibilità estetica e passione ambientale. Soprattutto che non abbiano sviluppato una terribile patologia che è l’indifferenza al degrado. Insomma si potrebbe tradurre come passione per il bello. Prima però di tutte queste caratteristiche ce n’è una: la consapevolezza che si dovrà raggiungere il bello (estetico, relazionale, funzionale, amministrativo) senza un solo euro in cassa. Quindi dovrebbero essere persone in grado di programmare e portare a termine, nei piccoli centri del Cilento, iniziative a costo zero per il Comune ma che cambino la faccia del proprio paese. Missione da poco? Missione per mediocri? Un giorno magari questo giornale si farà carico di proporre 5 progetti, a costo zero, realizzabili in ogni comune cilentano, in grado di trasformarlo. Dalla raccolta differenziata all’eliminazione del degrado, dal verde pubblico, ad attività agricole, culturali e legate al turismo. 

Vedi Biagio accettare che non sia questo il tempo per la consapevolezza, significherebbe dire che un sindaco non sappia, prima di candidarsi, che soldi nelle casse del Comune non ce ne sono, ma apprende solo dopo essere stato eletto, che ci sono solo debiti e problemi da risolvere, rimandando tutto all’immobilismo che si trascina per generazioni. Da sindaco a sindaco, tutti con molti burocrati al municipio e nessun operatore ecologico per strada. Hai visto come nel Cilento i comizi si fanno solo in campagna elettorale? Hai mai visto un sindaco o un candidato sindaco andare a incontrare i cittadini quartiere per quartiere, nel bel mezzo di un anno normale, senza elezioni, per andare a a dare conto agli abitanti di come stanno realmente le cose e cosa lui intenda fare quando, magari, fra cinque anni, si candiderà? Io no. Ho visto tanti ingiacchettati di professione ripetere riti identici da 50 e più anni, a ogni campagna elettorale, senza mai diventare innanzitutto cittadini maturi e poi loro rappresentanti. 

Quanto al luogo, la risposta è in buona parte in quanto ho appena scritto. Aggiungo che a maggior ragione nel Cilento, proprio perchè le premesse sono quelle che tu definisci oscurantiste, c’è necessità di dare la sveglia a cittadini  e politici, affinchè le comunità ribaltino i criteri attraverso i quali si scelgono le loro classi dirigenti. Non più quindi sulla base di quanti finanziamenti ottengono per il proprio comune al fine di realizzare eterne incompiute. Ma sulla base di quanto siano in grado di cambiare il volto del proprio territorio con le scarse risorse a disposizione, con la forza dei piccoli passi, delle piccole grandi idee, della partecipazione dei cittadini, del gusto, dando l’esempio, in prima persona, di essere cittadini modello, connessi al mondo, capaci di non fare apparire come lunari iniziative tipo le aree pedonali, realizzabili in tutto il Cilento. Territorio nel quale fa ridere andare in bici o a piedi, ma non percorrere 100 metri in automobile. 

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