Meeting del Mare e giornale del Cilento insieme. Ma manca un terzo fratello
| di Maurizio Troccoli
Le comuni origini, le gratificazioni, la riuscita, l’età della maturità non mettano in ombra quello che resta da compiere
Ricordo quella pizza come un sapore antico. Ce l’aveva, per ragioni diverse, anche un’altra pizzeria: si chiamava ‘La Guattarola’. Un’altra ancora sprigionava profumi primordiali, probabilmente per il basilico, era ‘La Grotta’. Ma questa, ‘La Luisella’, aveva un sapore che non ho mai più incontrato. Probabilmente legata al pomodoro. Attorno a questa pizza, del generosissimo Carmine, papà di don Gianni Citro, nacque, tanti anni fa, il Meeting del mare. Attorno a quel tavolo eravamo in tre. Io, sarei oltre modo ingeneroso, ad accreditarmi meriti. Che sono tutti, ovviamente, dell’attuale organizzatore, l’allora fondatore don Gianni che ci credeva molto a questa manifestazione e che l’ha allevata, protetta, lanciata.
Nacque con le premesse di un appuntamento musicale per gruppi emergenti. Noi ne avevamo uno. Poi, a Marina di Camerota, ne nasceranno altri. Mentre Sapri, era l’underground, con gruppi ben più solidi del nostro. A noi ragazzini delle superiori, apparivano come star. Ci fu, ricordo, un appuntamento a Palinuro con un gruppo che faceva cover dei Nirvana che a me sembrò come il primo appuntamento con il mondo. Qualcuno forse lo ricorderà ancora.
Con premesse rudimentali nacque il Meeting del Mare. Con presupposti simili nascerà, oltre dieci anni dopo, il Giornale del Cilento. Progetti entrambi, all’inizio, pionieristici. Oggi due creature mature, riconosciute sul territorio, punto di riferimento per l’intera comunità. Che, allora, era tutt’altro che Cilento. Qualcuno si vergognava persino di pronunciarla questa appartenenza. Il giornale – anche se nessuno l’ha mai riconosciuto – ha dato molto per comporla questa identità collettiva. Il meeting pure.
L’occasione della partnership attuale tra il giornale del Cilento e il Meeting del mare è forse anche il momento giusto per ricordare quella comunanza delle origini. Da lì a poco si materializzerà la rivoluzione digitale mentre le due creature avanzavano con basi fragili, tipicamente cilentane. Hanno affrontato difficoltà più larghe delle proprie spalle e sono diventate realtà accomunate dalla capacità di guardare oltre i confini di un certo provincialismo, verso cui continuano a piegare dinamiche, contro le quali non è sempre facile sorreggersi.
Manca un terzo ‘fratello’, mai nato nel Cilento. E questo più che essere una grave mancanza imputabile al Giornale del Cilento piuttosto che al Meeting del Mare – i quali avrebbero potuto fare sinergia tra le molte competenze maturate ed espresse -, si diceva: più che una colpa, potrebbe, oggi essere, una opportunità. Sono maturi i tempi per fare nascere un soggetto non legato all’informazione o alla musica e allo spettacolo, ma alla cultura, all’arte. Nell’ottica però, e sul terreno, di quanto già sperimentato da queste due realtà. Aprendo cioè gli orizzonti della formazione. Agganciandosi a quanto avviene in Europa come anche nelle esperienze più avanzate del resto del mondo. Qualche prurito negli anni si è percepito. Ma non è diventato contagioso.
Per dirla in maniera semplice, un giovane che oggi volesse avviarsi all’arte – per inciso anche a quella musicale – non troverebbe corsie come per chi vuole praticare il calcio o lo sport. Scuole di calcio sono disseminate su tutto il territorio senza avere prodotto, ad oggi, frutti comparabili ai semi sparsi. Se si parla invece di teatro, da queste parti, ci si imbatte con quello napoletano della nobile scuola di Edoardo De Filippo o con chi l’ha preceduto e succeduto. E poco più. Idem se parliamo di pittura, scultura e arti figurative, dove i classici si impongono occupando talmente tanto spazio da non offrire respiro alla sperimentazione.
Questo territorio ha invece urgente bisogno di sperimentare. Di mettere in gioco linguaggi che da un lato connettono al resto del mondo e dall’altro tirano fuori dalle camerette ragazzi in trappola. Il cui bisogno di espressione è un groppo in gola che non viene sputato fuori. Lo impone la creatività antropologicamente innestata in questi paeselli. Lo impone l’inclinazione al poetico, alle larghe vedute favorite dal mare e dalle contaminazioni con ciò che è strano. E straniero. Lo impone l’intraprendenza di tanti giovani che, fuori contesto, riescono a trovare corsie favorevoli alla propria operosità intellettuale.
Devono qui trovare casa stimoli che possono arrivare dal teatro sperimentale, dal design, dalla comunicazione, dalla progettazione digitale, come dalla contemporaneità dell’arte, diversa dalla modernità, non soltanto per un fattore temporale. Gli appuntamenti con le fiere dell’arte, i musei di arte contemporanea, le gallerie, i collettivi, le adunate dell’innovazione, quelli con le biennali ma anche solo con l’attivismo, devono riuscire ad agganciare nel Cilento, un embrione o – se piace di più – un incubatore o laboratorio capace di de-codificare quei linguaggi per tradurli in produzione di casa nostra.
Gli ingredienti ci sono, probabilmente anche le risorse, o almeno una parte significativa di queste, se solo si aprisse alla possibilità di tanti ‘naufraghi’ che oggi, volentieri, metterebbero a disposizione saperi, relazioni, esperienze.
Probabilmente una pedina è stata già mossa. E non è un caso che a smuoverla sia stato il terzo che faceva parte di quel tavolo della pizza. Cristian Del Gaudio, allora sognatore, fin troppo idealista. Per tutto questo lungo tempo al fianco di Don Gianni come braccio operativo, cultore appassionato di ogni tipo di vibrazione musicale, ad ogni latitudine. Poi diventato tecnico professionista del suono, impegnato in numerose tournée per lo Stivale. Uno a cui sicuramente la cronaca locale non ha restituito in misura pareggiabile alla sua generosità.
Di recente ha abbozzato una prima cellula di quella che potrebbe essere una libera accademia del Cilento. Mi piace nominarlo e manifestargli la mia riconoscenza. Ricordo la sua prima batteria rudimentale come il primo impianto audio acquistato dall’indimenticabile don Osvaldo. Lui, il superstite autentico, quella passione l’ha modellata in missione.
Il Meeting, il Gdc, capsule di ricerca come questa, possono rappresentare le premesse di uno sforzo ulteriore. Se il faro resta puntato sui cittadini di domani, e gli sforzi rimangono orientati a somministrare loro strumenti per rimanere a galla, lì. Dove l’appuntamento tra le creature e la bellezza, trova ancora ragione di replicarsi.
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