Mozzarella di bufala, storia di un’eccellenza campana

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Mozzarella di bufala, storia di un’eccellenza campana

di Giangaetano Petrillo

La mozzarella di bufala è uno dei più noti formaggi del mondo, è uno dei primi prodotti caseari d’Italia per esportazione all’estero, ed ha una storia antichissima che fonda le sue basi nel medioevo. Oggi stanno affrontando una grave crisi, dovuta all’emergenza per la diffusione di questo virus. Viviamo tutti un periodo molto difficile, che mette ciascuno di noi alla prova duramente, ma le conseguenze che sta avendo l’emergenza coronavirus anche sul comparto della mozzarella di bufala campana Dop sono gravi, e speriamo, perché consumatori ed estimatori di questa eccellenza del nostro paese, di uscirne quanto prima. Intanto cerchiamo di raccontarvi la storia di questa primizia del palato.

Le bufale con le quali si ottiene il latte destinato alla produzione della mozzarella sono esclusivamente quelle della razza mediterranea, razza bufalina riconosciuta nel 2000 proprio grazie al millenario isolamento nel mezzogiorno d’Italia. Le province che possono fregiarsi di produrre l’autentica mozzarella di bufala Campana col marchio D.o.p, infatti, rientrano in linea di massima nei confini storici dell’antica Campania Felix, quindi Napoli, Caserta, Salerno, alcuni comuni del Beneventano, Foggia, Venafro, ed i comuni del sud pontino. Si deve questo toponimo alla città di Capua, una città la cui fondazione è probabilmente anteriore a quella di Roma e dunque grosso modo contemporanea a quella di Partenope, se non addirittura anteriore rispetto a quest’ultima. La zona di Capua e dei suoi immediati dintorni era pianeggiante, ed è dagli abitanti di quel centro, iCapuani, che si hanno i Campani, ossia coloro che vivevano in tutta quell’area sulla quale era esercitata l’influenza di Capua.

Ager Campanus, infatti, era per gli antichi proprio il territorio di Capua, che fino alla sua volontaria romanizzazione – donò se stessa ai romani per non farsi conquistare dai sanniti – era la più grande città in Italia. Posto che per indicare i campi coltivati i latini usavano la parola ager, si potrebbe ipotizzare che da Campania provenga il corrotto campagna, termine che ancora oggi designa il terreno coltivato, come doveva essere in antichità la regione. Con questo nuovo ampio concetto di Campania, Plinio il Vecchio parlò di Campania felix per sottolineare la fertilità della regione. Oggi, purtroppo, di quella Campania felix è rimasto poco o nulla, eccetto le testimonianze di un passato glorioso, e abbiamo per contro veleni, ignoranza, devastazione sociale ed economica.

Un passato poi non così lontano, che dobbiamo far ritornare. Per la mozzarella di bufala i primi documenti risalgono XII secolo, dove i monaci del monastero di san Lorenzo in Capua erano soliti offrire ai pellegrini che si recavano ogni anno in processione un formaggio di latte di bufala denominato in antichità mozza o provatura, ma la prima fonte dove si annovera col nome di mozzarella è nel 1570, dove il cuoco papale Bartolomeo Scappi ne parla in un libro di cucina dove si legge: “Butiro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche et neve di latte”.

Le origini della mozzarella sono direttamente legate all’introduzione dei bufali in Italia. Una delle ipotesi più accreditate sostiene che la diffusione in Italia meridionale sia avvenuta in epoca Normanna, partendo dalla Sicilia dove i bufali erano stati portati verso la fine del X secolo, a seguito delle invasioni dei Saraceni e dei Mori. La bufala è originaria dell’Asia ed esistono varie ipotesi del suo arrivo in Italia. Alcuni pensano che sia venuta al seguito di Pirro nel 285 a.C., altri, invece che sia stata portata in Italia molto più tardi dai longobardi nel VI secolo d.C., sotto il regno di Agilulfo.

La bufala trovò un suo habitat naturale soprattutto nel clima mediterraneo dell’Italia meridionale. Si concentrò nelle pianure ricche di paludi e acquitrini come la piana del fiume Sele in Campania sulle cui rive da secoli prosperava e splendeva Paestum la più bella città della Magna Grecia. In epoca recente la piana di Paestum è stata bonificata ma si è riusciti a far coesistere la bufala, pur con le sue caratteristiche di rusticità e di senso del branco con le più moderne forme di tecnica agraria. Dal 1300 in Campania i prodotti bufalini cominciano già a comparire nei mercati di Capua, Aversa, del Salernitano e dei paesi vicini alle zone di produzione, perché essendo la mozzarella di bufala un prodotto fresco non era possibile trasportarlo per molti chilometri, ma si facevano pervenire ai paesi più distanti le provole o altri affumicati che avevano una conservazione più lunga.

La crescente produzione di latticini e l’aumentare delle bufale, portò già nel 1700 ad istituire un registro bufalino, e in epoca Borbonica si ebbe una vera e propria industrializzazione della mozzarella di bufala, con la nascita della Tenuta Reale di Carditello, uno dei primi esempi in Europa di zona agricola industrializzata. Dalla metà del 1700 fino all’Unità d’Italia, la produzione dei prodotti bufalini nel meridione d’Italia corrispondeva ad uno dei primi esempi di industria casearia d’Europa, ed era in continua crescita rientrando nei progetti illuministici d’Industrializzazione dell’epoca. Dal 1861 al 1871, come tutta l’industria meridionale dell’epoca, anche la produzione della mozzarella di bufala si fermò, e l’Italia perse uno dei primi esempi in Europa d’industrializzazione casearia, e la produzione ebbe un lento declino fino agli anni 50 e 60 del novecento, che portò l’industria bufalina quasi a scomparire. Nonostante tutto lo sviluppo del settore agricolo e la bonifica delle zone paludose favorirono l’espansione degli allevamenti bufalini e la crescita della produzione di mozzarella in tutto il centro-meridione, dal sud della provincia di Roma fino in Puglia e passando per il Molise. Poi nel 1981 nacque Il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana,  l’unico organismo riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali per la tutela, la vigilanza, la valorizzazionee la promozionedi questo straordinario formaggio del Centro-Sud Italia, apprezzato in tutto il mondo. È bene ricordarlo a chi spesso sostiene che il sud sia inferiore.

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