«Noi picchiati a sangue senza motivo a Marina di Camerota. Vi raccontiamo il nostro sabato da incubo»

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«Noi picchiati a sangue senza motivo a Marina di Camerota. Vi raccontiamo il nostro sabato da incubo»

«Siamo stati aggrediti brutalmente da un branco a Marina di Camerota, ecco come sono andate davvero le cose». Li chiameremo Alberto, Giuseppe e Marco, tre nomi di fantasia a loro tutela. Si tratta di tre ragazzi che sarebbero stati malmenati da un «branco». Era la sera del 25 luglio e i tre decidono di passare il sabato sera a Marina di Camerota in un lido balneare sulla spiaggia, vicino al porto. Serata che però si trasforma quasi in tragedia, accade quella che da una prima ricostruzione pare sia una rissa fra loro e altri 7 ragazzi. Alberto e Giuseppe riescono a scappare, Marco non fa in tempo e viene accerchiato e percosso dal branco. Gli aggressori – secondo quanto affermano le presunte vittime – sarebbero invece «dieci o al massimo undici».

«Non si tratta di una rissa ma di un’aggressione», spiega Alberto ancora un po’ scosso e con un occhio tumefatto (mostrerà in seguito altri lividi che ha sulla schiena). «Siamo scesi dai nostri paesi vicino Vallo della Lucania a Marina di Camerota per passare una serata tranquilla e ci siamo diretti al lido sul porto che organizza serate d’estate. Là dentro non siamo stati sempre tutti e tre insieme, ognuno stava per i fatti suoi, chi con una ragazza, chi a fare altro. Ad un certo punto ho notato che si era creata una certa tensione ho preso Giuseppe e gli ho detto di andarcene, tanto ormai la serata era andata». «Una volta usciti dal locale eravamo solo io e Giuseppe, Marco è rimasto indietro ma comunque gli avevo detto di uscire. Mentre camminiamo verso la macchina – racconta – mi sento gridare alle spalle, mi giro e mi arriva un pugno in faccia secco. Giuseppe inizia a scappare e io lo seguo». Sono attimi di terrore per i ragazzi. Uno di loro avevano avuto una piccola scaramuccia all’interno con persone residenti nel comune di Camerota. «Saranno stati una decina, massimo 11. Iniziano a seguire tutti me, l’obbiettivo in quel momento ero io e il motivo non riesco proprio a capirlo perché non ho dato fastidio a nessuno, ne ho messo le mani addosso a qualcuno. Il motivo non riesco proprio a concepirlo. Era una rabbia che avevano». Le mani gli sudano mentre racconta quello che ha passato. I ricordi gli ritornano in mente e pesano come un macigno. Però continua a raccontare e lo fa perchè «vuole far conoscere a tutti la verità». «Mentre scappavo un ragazzo che non conosco si accosta con l’automobile e mi invita a salire. Io sono andato ancora più in paura ma alla fine sono saltato sulla macchina e lui mi ha portato sopra Marina. Io non lo conosco e sinceramente non ricordo neanche il volto di questo ragazzo perché in quel momento non ho pensato di vedere chi fosse». 

A questo punto della storia, i tre ragazzi si sono divisi. Gli amici hanno perso le tracce. Tra di loro nessuno sa dove sono gli altri due e cosa stanno facendo. Giuseppe si sarebbe preso solo un calcio, poi è fuggito. Marco invece ha avuto la peggio perchè sarebbe rimasto indietro e il branco lo avrebbe accerchiato. Alberto non ha assistito alla rissa e al linciaggio subito da Marco, però racconta quanto il suo amico gli ha a sua volta raccontato. «Quando lui (Marco ndr) è uscito dal locale era in compagnia di una ragazza. Uscendo ha preso la stessa nostra strada e ha incontrato i ragazzi di prima che stavano tornando indietro e nel momento in cui lo hanno visto gli hanno tirato una bottiglia, per fortuna è riuscito ad evitarla. In quell’istante ha cercato di scappare, gli hanno strappato la maglia e sono riusciti a farlo andare a terra». Un sabato sera che si trasforma e prende improvvisamente un’altra piega. «Una volta a terra si è chiuso, proteggendosi con le braccia e l’hanno iniziato a riempire di calci. Alla fine lui si è rialzato ed è finita là», racconta ancora Alberto. I ragazzi si sono recati in ospedale separatamente. Al San Luca di Vallo della Lucania Alberto ha dichiarato di essere stato aggredito da ignoti. È ancora sotto choc e racconta di come nei giorni successivi gli fosse passato l’appetito e la voglia di uscire per le vie del suo paese per timore di essere giudicato come «rissoso» quando invece sarebbe solo stato aggredito. Almeno questo è quello che racconta ai microfoni del giornalista. Ora si è un po’ ripreso. Nella sua mente, però, una domanda rimbomba in modo frequente: «Non sono proprio il tipo che fa queste cose, non ho mai litigato con nessuno neanche verbalmente. Loro perchè ci hanno aggredito?».

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