Nonna Trisina e gli scauratielli di Natale: «C’è Dio, ci sono i morti e ci sono i santi»

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Nonna Trisina e gli scauratielli di Natale: «C’è Dio, ci sono i morti e ci sono i santi»

di Luigi Martino

Il suffisso cambia a seconda delle altitudini dei borghi, della loro vicinanza al mare, dell’accento e dell’influenza dei dialetti. Gli scauratielli, se pur conosciuti come scauratieddi o scauratelle, dall’altro lato del fiume Alento, fino al golfo di Policastro, restano tra i simboli più autentici del Natale del Cilento. Per conoscere la loro storia, occorre conoscere la storia dei contadini e dei pescatori di questo fazzoletto di Sud.

Le zeppole si ottengono attraverso l’utilizzo di ingredienti poveri. Questa è la ricetta per chi ha paura di incontrare le cose belle e diffida osservandole da lontano, senza attraversare le viscere, senza imparare dalle radici.

Per gli altri, invece, difficilmente si riesce ad elencare tutti gli ingredienti. C’è sicuramente profumo di tradizioni antiche, di ruralità, di vite passate. C’è il peso dei sacrifici, il lavoro, l’importanza di santificare le feste con gli insegnamenti di chi aveva già lasciato il posto a qualcun altro. C’è il baratto, la condivisione, un pugno di umiltà e una buona dose d’amore, di famiglia, di comunità. «E poi c’è dio, ci sono i morti e ci sono i santi».

Borgo San Martino è uno scrigno di pietre e di anime. È un intestino di viuzze piccole e strette. Porta i segni antichi della sua storia e li porge a chi li sa riconoscere.

Timidamente abbiamo violato il silenzio di nonna Trisina. Lei c’ha aperto la porta di casa sua e il cuore.

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