Omicidio Vassallo: il sogno spezzato di un Cilento in armonia con la natura

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Omicidio Vassallo: il sogno spezzato di un Cilento in armonia con la natura

Lo chiamavano il sindaco pescatore perché l’attività di amministratore la svolgeva nella sua comunità, intrecciata alla vita della popolazione di Pollica e del Cilento. Angelo Vassallo è stato ucciso il 5 settembre di 12 anni fa per essersi opposto al traffico di droga che aveva scelto il porto di Acciaroli come approdo degli stupefacenti. In base alle nuove indagini della procura, con la Dda di Salerno, tre i carabinieri coinvolti nell’omicidio e nel depistaggio, pianificato insieme all’agguato.

Cosa è rimasto dei sui progetti lo racconta Dario Vassallo, presidente della fondazione intitolata al fratello: «Si era battuto per costituire l’area protetta del giglio marino ad Acciaroli, a ridosso della spiaggia grande. A soli tre anni dalla morte la zona era già in rovina, mezzi meccanici avevano spianato i bulbi e la recinzione era stata divelta, un oltraggio alla natura e uno sfregio alla memoria di Angelo». Si tratta di una superficie di 1.750 metri quadrati, per realizzare il progetto fu necessario ricorrere al Tar: area del demanio gestita dalla capitaneria di porto, il comune per poterla gestire ha dovuto pagare un canone alla capitaneria di porto. I fiori del giglio marino vengono impollinati quando il vento soffia a una velocità inferiore ai 2 nodi, le sue radici sono profonde e svolgono una funzione anti erosione: «I suoi colori e il suo profumo – prosegue Dario Vassallo – stimolano attività sensoriali producendo stati d’animo. Era una cosa in cui credeva fortemente mio fratello. Fece una delibera dove invitava i suoi concittadini a mettere sul balcone i gerani in vasi di terracotta perché colori e profumi si adattavano al ferro battuto e alla pietra».

Era stato nominato presidente della Comunità del parco, organo dell’ente Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano: «Era il più rigido nel voler preservare la zona dalla cementificazione. Se si prende una piantina topografica del Cilento di 15 anni fa, soprattutto tra Acciaroli e Ascea, e la si confronta con una attuale, si vede il disastro combinato, la distruzione del territorio».

Non solo salvaguardia, aveva progetti importanti per lo sviluppo sostenibile dei comuni: «La sua idea, stiamo parlando del 2006, era creare una comunità energetica, rendere l’area parco indipendente da questo punto di vista. “Le pale eoliche non le possiamo mettere – mi spiegava – allora dobbiamo sfruttare ruscelli e fiumi con l’idroelettrico: basta una piccola diga, un picciolo restringimento”. Mi sono documentato, aveva ragione: basta un dislivello di un
metro, una soluzione non impattante, si incanala l’acqua e una turbina genera energia. Ora, con il Pnrr, parlano di comunità energetica ma vogliono farlo comprando le biciclette elettriche e sarà un’idea gettata al vento».

Altra intuizione era la dieta mediterranea: inserita il 16 novembre 2010 dall’Unesco tra i patrimoni culturali immateriale dell’Umanità grazie al lavoro del sindaco pescatore. «L’attività legata alla dieta mediterranea si trova nel Castello di Pollica, dove alla fondazione Vassallo è stata revocata la sede per fare spazio a una società privata che gestisce il castello e gli eventi. La regione finanzia il progetto M.D.net “per favorire la crescita economica e l’inclusione sociale nella comunità del Cilento”. Possiamo sapere questi fondi quanti posti di lavoro hanno creato? Doveva essere un progetto culturale, è diventato marketing». Il suo impegno aveva un obiettivo preciso, creare un Cilento diverso: «L’idea era coinvolgere l’intera area, 180mila ettari, un mare stupendo – spiega ancora il fratello Dario -. Cos’è successo dopo la sua morte? sono stato nominato dall’allora ministro Costa presidente dell’area marina protetta Costa degli Infreschi e della Masseta, nell’arco di un anno ho dovuto ricorrere alla procura di Vallo della Lucania e poi di Roma, al ministero e alla Dda di Salerno per denunciare le anomalie: la presenza di un peschereccio affondato, che nessuno recupera da 4 anni i cui serbatoi potrebbero essere pieni; il sistema di videosorvegliaza, per cui sono stati spesi 2 milioni, non ha le telecamere; come presidente non mi hanno mai fatto vedere i conti».

La battaglia che gli è costata la vita aveva al centro il porto di Acciaroli: «Era di proprietà della capitaneria di porto, è stato il primo in Italia a ottenere che la gestione rientrasse al comune. Si è battuto per cercare di fermare il traffico di droga perché sognava uno sviluppo ancorato alla legalità e all’armonia con la natura. Ad esempio, utilizzando i 53 locali sul molo sovra flutto dandoli ai pescatori rimasti e agli artigiani locali per vendere cesti intrecciati, ceramiche, olio. Invece quei locali sono diventati posti dove si mangia, uno solo resiste ed è il barbiere. Adesso hanno messo una libreria, chiamano gli esperti di legalità a dibattere. Ma l’amministrazione sa le barche che sono attraccate di chi sono? magari c’è qualche camorrista che si guarda lo spettacolo dalla coperta. La commissione antimafia è venuta ad Acciaroli la scorsa estate, degli 89 amministratori della zona c’erano solo il sindaco Pino Palmieri di Roscigno e
Gisella Botticchio della minoranza del comune di Agropoli».

La camorra in Cilento è sparita dai radar: «I soldi della droga – conclude Dario Vassallo – vengono investiti nel mattone e il cerchio si chiude. Ho chiesto a un’agenzia immobiliare quanto costa un metro quadrato ad Acciaroli, mi hanno risposto dai 5mila agli 8mila euro a metro quadrato, come ai Parioli a Roma. È diventata un’enclave a sé, chi si può permettere queste cifre non è l’operaio, l’impiegato, il pescatore, ma solo chi è ricco che però sceglie di spendere tanto pur non andando in un posto alla moda. E allora chiudete il porto e vedete di chi sono le barche».

Il progetto di un Cilento differente sono in tanti a tradirlo. La fondazione Vassallo, ad esempio, ha scritto a papa Francesco per «il caso dell’ecomostro di Ascea, di proprietà della Diocesi di Vallo della Lucania, trasformato da istituto religioso a resort lussuoso sulla spiaggia, a due passi dal parco archeologico di
Velia». Nel testo si legge: «Nella terra del sindaco pescatore, la Chiesa, impersonata dal vescovo della Curia di Vallo della Lucania, ha ristrutturato ad Ascea Marina, nei luoghi dov’è nata la filosofia eleatica di Parmenide e Zenone, un vecchio edificio posto a ridosso della spiaggia per trasformarlo in una struttura alberghiera di lusso, con 149 camere, piscina, parco giochi, un campo da calcetto e un campo da paddle». Alla Curia la fondazione aveva fatto una domanda: «Ho conosciuto il vescovo Ciro Miniero nel 2011, quando feci richiesta personalmente per avere in comodato d’uso una chiesetta diroccata e abbandonata, a Pollica, per ristrutturarla a nostre spese e farne la sede della fondazione. Alla mia richiesta non c’è stata ancora risposta. Fermi questo scempio. La scelta di questo Vescovo va contro ogni logica cristiana, basta ricordare che la cementificazione della costa era uno dei mali che combatteva Angelo».

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