Politica e omossessualità, Vladimir Luxuria: «Passi in avanti ma non c’è ancora uguaglianza»

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Politica e omossessualità, Vladimir Luxuria: «Passi in avanti ma non c’è ancora uguaglianza»

di Giangaetano Petrillo

Non è mai stata nel Cilento e spera di venirci quanto prima, soprattutto perché «so che il mare lì da voi è stupendo». Ma ha un legame particolare e intimo con la Madonna di Montevergine, che è stata vista nel corso degli anni come il simbolo della tolleranza e vicina al mondo gay. «Chiamami Vladi», si presenta così Vladimir Luxuria icona del mondo LGBT, tra le organizzatrici del primo Gay-Pride d’Italia nel 1994 e prima transgender eletta nel parlamento di uno Stato europeo. «Fino a quando ci sarà un solo diritto che viene negato ad una persona perché di orientamento sessuale diverso, vuol dire che abbiamo ancora da battagliare». Sicuramente una delle cose che non ha perso è la sua forte e lucida determinazione. «Sono una donna credente. Ho insegnato catechesi un po’ di sessi fa. Siamo solo all’inizio di questo percorso, ma mi auguro davvero che tutti abbiano diritto alla fede, senza alcuna discriminazione sessuale». La seconda è la luminosità, quella chiarezza solare che splende sul volto delle persone gentili.

Vladi, questa emergenza ha colpito anche l’organizzazione di molti gay-pride. Come li vivremo quest’anno?
Siamo persone che vivono in questo mondo e quindi rispettiamo le regole. Non possiamo organizzare i pride perché è la forma massima di assembramento, perché i pride fortunatamente sono molto partecipati, quindi si tratterebbe di manifestazioni con tante persone. Fino a quando non ci sono le condizione sanitarie che lo consentono noi ci atteniamo alle regole, perché il primo diritto, prima ancora degli stessi diritti civili, è quello alla salute. Ci saranno sicuramente delle forme alternative e si sta pensando a una formula simile all’iniziativa promossa da LadyGaga. Diversi artisti, dunque, utilizzando i social in maniera positiva. Un Global Pride con testimonianze da tutto il mondo e magari fare un punto della situazione sui  diritti LGBT negli altri paesi del mondo. I diritti, comunque, non vanno in quarantena, perché ci sono tantissime iniziative che si stanno organizzando. Fino al 4 Maggio, se si va su una pagina facebook che si chiama Lovers Film Festival, si  può accedere gratuitamente alla visione di film a tematica lesbo-gay-trans. Film che fanno riflettere, di un festival di cui sono direttrice artistica, che si sarebbe dovuto tenere in queste date a Torino. 

Dai moti di Stonewall molto è cambiato, eppure in diversi paesi del mondo l’omosessualità viene condannata, e in alcuni casi persino con la pena di morte.
Ricordiamocelo tutte le volte, perché spesso si hanno anche dei rapporti commerciali con queste nazioni, penso agli Emirati Arabi. Ci sono molte nazioni dove c’è appunto la pena di morte, dove rischi di morire per il semplice fatto di essere gay, o incarcerato, o torturato, reso invisibile, non riconosciuto. Quando ero parlamentare ponevo sempre l’accento sul fatto che si comprendono gli affari e le merci, però quando si ha la possibilità di parlare con un rappresentante di una nazione dove gay e lesbiche se la passano male, bisogna porlo il problema, sollevarlo. Ogni tanto si hanno anche dei piccoli spiragli, penso a quanto successo in Tunisia, dove un tunisino si è sposato in Francia con un francese e questo matrimonio è stato riconosciuto anche dal governo tunisino. È una piccola rondine che speriamo faccia primavera.

In Ungheria invece un premier chiede i pieni poteri per combattere l’emergenza sanitaria e come primo atto vieta la possibilità di cambiare sesso.
Intanto qualcuno mi dovrebbe spiegare che cosa c’entra il cambio di sesso con il coronavirus. Ha chiesto appunto i pieni poteri, ha esautorato completamente il Parlamento, e ovviamente qui parliamo davvero di una dittatura, non sto riecheggiando parole di Matteo Renzi sul premier Conte. Esautorato il Parlamento, dunque, Orban la prima cosa che ha fatto è stata non riconoscere l’esigenza del cambiamento di genere. Purtroppo ci sono un po’ di leader sparsi in giro per il mondo che stanno facendo fare passi indietro. Parlo dell’Ungheria ma anche degli Stati Uniti d’America, con Trump che per distrarre l’opinione pubblica, ritorna a parlare di non concedere questo diritto, di non concederne un altro, di bagni per le trans. Parlo del Brasile, dove la situazione è terribile, con Bolsonaro che ha fatto del machismo uno strumento per contrastare qualsiasi forma di diversità sessuale. Tra l’altro sono gli stessi personaggi che stanno gestendo nella maniera peggiore l’emergenza del coronavirus. Fossero solo dei leader ostili alle mondo LGBT, gli altri potrebbero pure fregarsene, il problema è che sono anche incapaci di gestire una situazione d’emergenza. Nel caso dell’Europa, dall’Ungheria alla Polonia e alla Russia di Putin, nazioni omofobe e contrarie ad aiutare l’Italia in questo momento. Lo hanno fatto prima per quanto riguardava l’emergenza dei migranti e continuano a farlo ora per quanto riguarda il reperimento di fondi da poter investire nella nostra economia.

Anche in Italia abbiamo visto forze politiche che si richiamano alla famiglia normale, come il senatore Pillon.
Intanto volevo dire una cosa su questa questione del genitore uno e genitore due, che fa anche un po’ sorridere. È stata strumentale perché in realtà in questi famosi moduli che venivano dati ai genitori in una scuola, poiché esistono oggi coppie formate dallo stesso sesso e hanno dei figli e la cosa può piacere come non può piacere, come si può essere d’accordo come non lo si può essere, ma la realtà ci dice che esistono. Hanno anche fondato una rete, un’associazione che si chiama Famiglia Arcobaleno. Si trattava, dunque, di sostituire le parole padre e madre, non perché non ci piacessero, ma perché era più comprensivo utilizzare per entrambi il termine genitore. Che tra l’altro è una parola contemplata dal vocabolario italiano, sempre stata usata ed ora non piace perché bisogna andare contro le famiglie arcobaleno. Era una mediazione per fare in modo che la burocrazia tenga conto della realtà esistente. Pillon voleva fare, più che dei provvedimenti, dei dispetti, creare più difficolta mentre la politica dovrebbe cercare di risolvere le difficoltà. Certo è che in questo periodo di coronavirus sta emergendo quanto sia stato negativo non approvare una legge sulla stepchild adoption, sulle famiglie arcobaleno. Una coppia composta da due donne, una delle quali è la mamma biologica mentre l’altra è la madre cosiddetta sociale, e quest’ultima vuole uscire per fare una passeggiata con la propria figlia, rischierebbe di essere multata perché il ruolo di mamma sociale ancora nel nostro ordinamento non è riconosciuta. Si tratta di questioni pratiche che la politica deve decidere di affrontare e di legiferare.

Lei è stata la prima parlamentare transgender eletta in un uno Stato europeo. Quello che sembrava uno slancio verso una sempre più larga libertà di genere sembra essersi arenata. In fondo, oltre alla Legge Cirinnà, sembra che permanga ancora un cultura pregiudizievole verso il mondo LGBT.
Diciamo che è un po’ di tempo che non si parla più dei nostri temi. Ovviamente in un periodo emergenziale come questo in cui l’unica preoccupazione è giustamente quella di arrivare ad un vaccino e non contare più i morti, è chiaro come purtroppo viene un po’ immolata la questione LGBT. Ma siamo pronti a ritornare alla carica.

È stata tra le organizzatrici del primo Gay-Pride d’Italia nel 1994, ma le sue battaglie per i diritti della comunità LGBT iniziarono molto prima. Se dovesse tirare un primo bilancio?
Sono una abituata ad essere positiva, a sperare ed essere ottimista. Vedo anche la parte mezza piena del bicchiere. Meglio di ieri, senza dare nulla per garantito. Pensa che in Inghilterra, considerata il faro dei diritti civili, adesso persino lì c’è una nuova ministra alle cosiddette pari opportunità che sta facendo dei passi indietro sulle questioni LGBT. Abbiamo le unioni civili ma dobbiamo combattere per il matrimonio egualitario, abbiamo giornali e questure che si occupano di omofobia. Io ricordo che quando ero più piccola io i gay addirittura non andavano a denunciare le aggressioni fisiche perché temevano di essere maltrattati in questura e che si venisse a sapere che fossero gay. Ci sono dei passi in avanti sicuramente, ma il traguardo ancora non è stato raggiunto, che è quello poi dell’uguaglianza. Nessuno dovrebbe essere trattato in maniera diversa per orientamento sessuale. Fino a quando ci sarà un solo diritto che viene negato ad una persona perché di orientamento sessuale diverso, vuol dire che abbiamo ancora da battagliare.

Come considera le aperture del Pontefice verso l’omosessualità? «Non sono nessuno per poter giudicare», e soprattutto quelle dette a Juan Carlos Cruz, «Dio ti ama come sei».
Un altro dei miei obiettivi è quello di creare un ponte tra la comunità ecclesiastica e la comunità LGBT. Non è facile perché siamo stati duramente attaccati, voglio ricordare che il Pontefice precedente a questo era lo stesso che diceva che eravamo moralmente disordinati, che eravamo un pericolo sociale. Veniva fomentata la diffidenza, l’astio, l’ostilità nei nostri confronti. Eravamo un pericolo e in quanto tale dovevamo essere sconfitti, un pericolo sociale da sconfiggere. Non ci si occupava del pericolo della pedofilia ci si occupava del pericolo dell’omosessualità. Penso che il Papa purtroppo non abbia completamente libertà di poter davvero dire e fare quello che vuole. Lo stesso Papa dichiarò di non essere libero nemmeno di andarsi a mangiare una pizza, probabilmente alludendo all’impossibilità di potersi esprimere liberamente.

In una delle ultime inchieste di Report è emerso come l’ala più conservatrice della Chiesa avversi le aperture verso la comunità LGBT promosse da Papa Francesco.
Ho seguito con molta attenzione questa trasmissione che amo moltissimo, ho seguito molto quelli che sono i legami tra la destra, i finanziamenti ad alcuni partiti e l’ala più conservatrice e intransigenti della cristianità. Fanno realmente venire la pelle d’oca ascoltare certe parole, perché una religione che dovrebbe parlare d’amore viene messa in bocca a persone di estrema destra. Questo dovrebbe far gridare allo scandalo. Effettivamente ci sono due tendenze all’interno della stessa Chiesa. O si ritorna ad una Chiesa oscurantista, retrograda oppure possiamo avere ciò che auspica Papa Francesco, cioè una Chiesa più aperta. Siamo solo all’inizio di questo percorso, ma mi auguro davvero che tutti abbiano diritto alla fede e che nessuno più consideri un omosessuale una persona indegna di andare in Chiesa o di diventare sacerdote o suora.

In molte posizioni di governo sono pochissime le donne, e per ovviare a questa stortura sociale e culturale siam dovuti arrivare a imporle per legge con le quote rosa. Ancora meno gli omosessuali, oppure omettono persino di dichiararsi. Come mai?
L’orientamento sessuale di una persona non dovrebbe essere considerato né una qualità né un difetto, né un ostacolo, né un qualcosa che ti avvantaggia. Meritocrazia nel caso dei posti di lavoro, vocazione nel caso dell’ambito religioso. Dovrebbero essere considerati solo questi parametri.

Voglio farle una domanda che spero non le sembri banale. Seguo, come tanti, le serie Netflix e vedo sempre più la presenza di storie omosessuali. Immagino Skam, una serie internazionale che ha riscosso molto successo e che ha dedicato un’intera stagione al tema dell’omosessualità. Quanto sono, dunque, importanti anche i media e la cinematografia per rinnovare e svecchiare l’opinione pubblica?
Io sono direttrice artistica, per il primo anno, del festival più antico d’Europa di Cinema che narra delle nostre vite, delle nostre esigenze attraverso il linguaggio del cinema. Si chiama appunto Lovers, ricordo che fino al 4 Maggio si possono vedere gratis fil, cortometraggi, e quindi sono importantissimi. Pensa solo ad un film, un film del 1999, che si chiama Tutto su Mia Madre, un film di Almodovar. Quanto è servito questo film per far capire che una persona non smette di amare un figlio se cambia sesso. È la storia di Esteban, questo figlio che muore per un incidente e la mamma deve comunicare la morte di questo figlio al suo ex marito che non vede da tanto tempo, perché è diventata trans e si fa chiamare Lola. Ed è straziante vedere il dolore di questa persona per la morte del proprio figlio. Sicuramente i film servono ad aprire le menti perché comunque il linguaggio del cinema attraverso le emozioni può toccare corde del cuore, alle volte anche di più di un dibattito o a un intervento politico.

In questo anche il film di Luca Guadagnino, Chiamami col tuo nome.
Certo, tratta principalmente il tema della differenza d’età. Anche questo è stato un film che ha avuto riconoscimenti internazionale. Ma una volta era tabù, sai.  Negli anni ‘50 in America esisteva il codice Hays, dal nome di un senatore Repubblicano, per cui venivano censurati i film che trattavano l’omosessualità. Per cui bisognava alludere non parlarne in maniera esplicita. Anche in Italia, ancora oggi, si vorrebbe ricorrere alla critica preventiva e quindi ci si scandalizza se c’è un bacio tra due uomini in una fiction sulla RAI. I tempi cambiano per fortuna e sempre più si tratta anche di queste tematiche.

Ha avuto mai rimpianti per essersi così tanto esposta?
Mai, assolutamente. Granitica la mia risposta. M-A-I. Milano-Ancona-Imola.

Una domanda che spero non fraintenda. Se un giorno dovesse lasciare un testamento morale su cosa questa esperienza le ha insegnato, cosa scriverà?
Scrivo che chiunque combatte per far sentire meglio una persona, per regalare un sorriso, una speranza, per far sentire meno reiette le persone, sta sempre dalla parte giusta della storia.

Non le chiedo se ritornerà in politica, anche perché il suo impegno è politico e sociale. Ma pensa di poter ritornare a ricandidarsi?
Se è un partito serio in cui mi riconosco e se sento che la gente ripone fiducia in me, perché no. Non lo escludo.

Si riconosce in qualche partito attuale?
Mi riconosco semplicemente nella sinistra.

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