Orlando: non è con eventi “assurdi” tipo il ‘Meeting del Mare’, che si fa turismo di qualità. Alcuni suggerimenti. Il giornale risponde

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Orlando: non è con eventi “assurdi” tipo il ‘Meeting del Mare’, che si fa turismo di qualità. Alcuni suggerimenti. Il giornale risponde

Riceviamo e pubblichiamo

A proposito del Turismo di massa nel Cilento.
La decadenza turistica del Cilento è tale da non farci prevedere, almeno a breve tempo, un’inversione di tendenza: carenze strutturali ed infrastrutturali, incapacità gestionali, assenza di professionalità, sono solo alcune delle cause che impediscono anche il solo pensare di potersi risollevare.
     Qualcuno si è chiesto se Marina di Camerota potesse sopportare un turismo di massa o non si dovesse piuttosto mirare ad un turismo di qualità. Ebbene a Marina di Camerota, come in molte altre realtà del Cilento esiste un turismo di massa sì, ma di una massa insignificante in quanto a valore intrinseco, specialmente nelle due settimane centrali di Agosto. Se il territorio non è in grado di “selezionare” e di offrire un prodotto di qualità, ogni operatore decide cosa fare e come farlo sapendo di non aver alcun impedimento da chi dovrebbe essere preposto ai controlli. Da qui nascono locali con musica assordante che sperano di evidenziare così la qualità del loro prodotto, si accettano persone che affittano appartamenti usando materassi buttati da altri, pronti poi, però, a lamentarsi dei danni subiti dagli inquilini stagionali.
     Non possiamo pretendere di avere altro tipo di turismo quando ci sono operatori che chiudono le strutture perché devono riprendere la loro primaria attività: il turismo non può essere affidato a chi lo vede come seconda attività perché  esso ci porta a lavorare con il pubblico e non esiste nulla di più difficile che confrontarsi con il pubblico e con le sue esigenze. Sino a quando questo non sarà chiaro, sarà impossibile dire di essere operatori turistici.
     Fare turismo di qualità significa sì richiedere tariffe elevate, ma offrire un prodotto di qualità, servito da professionisti ed in un contesto che giustifichi i costi elevati. Oggi abbiamo solo costi elevati, il resto, nella maggior parte dei casi, manca.
     Per spiegare tale idea sono abituato a fare un esempio. Un piatto di spaghetti alle vongole costa, ad ogni operatore più o meno la stessa cifra, a far mutare il prezzo di “vendita” di quel piatto sono altri fattori: chi lo serve, il contenitore (piatto di plastica, ceramica o porcellana), posate, tovagliato (carta, cotone, lino), e  per ultimo, l’eleganza del locale.
     Turismo di qualità è avere un porto turistico degno di tale nome, sentieri trekking curati e segnalati nelle specifiche guide, aree sosta camper  attrezzate (un camperista ha grandi capacità di spesa), vie di comunicazioni rapide e ben curate.
     Turismo di qualità è curare e salvaguardare l’ambiente che non si manifesta impedendo l’illuminazione notturna delle spiagge (nuova “trovata” del Parco), ma la pulizia del territorio, spiagge comprese e la realizzazione di un vero sistema di parcheggi  coadiuvato da sistemi di trasporto innovativi.
     Turismo di qualità è il saper organizzare eventi culturali soprattutto in bassa stagione e non affidarsi semplicemente a quell’assurdità  chiamata  “Meeting del Mare” che il turismo di qualità lo allontana.
      Attualmente, in gran parte del Cilento del Turismo di qualità abbiamo solo i costi e non i servizi, ed è questo uno dei motivi di decadenza quantitativa e qualitativa dei flussi turistici; del resto cosa possiamo aspettarci da chi è abituato a pensare che l’albergo è suo solo perché lo ha costruito? Come si fa a fargli capire che la struttura turistica nel momento in cui è frequentata dagli ospiti, appartiene a loro? Come si fa ad inculcare in questi strani esseri la “cultura del turismo” quando forse hanno solo la “cultura della cosa mia” e si sentono autorizzati, nel loro locale, a comportarsi come meglio credono?
     Come possiamo pensare ad un turismo di qualità quando offriamo paesaggi contaminati da montagne di spazzatura solo perché gli amministratori non pensano che, durante l’estate, sarebbe opportuno provvedere ad una raccolta quotidiana dei rifiuti?
     Mancano gli spazi? Come mai per buttare  macerie edili in giro gli spazi ci sono sempre?  E’ così difficile realizzare un sito di stoccaggio transitorio? Mancano i soldi per gli spazzini? Basta farsi pagare la tassa sui rifiuti da tutti, villaggi ed hotel compresi,senza guardare in faccia a nessuno, piccolo o grande elettore che sia, e finanziate qualche festa in meno.
     In realtà manca l’idea organica di cosa si è ed un progetto di dove si vuole arrivare. Si tira a campare alla giornata, tra un convegno, un taglio di nastro, una cena di pseudo-lavoro , un viaggio istituzionale, che non guasta mai,a carico della comunità; e mentre tutto ciò avviene questi signori non riescono a vedere lo scempio che li circonda. L’importante è andare avanti e finire il mandato, poi il testimone passerà a qualcun altro della stessa parrocchia (magari a moglie o figlio) o di quella vicina: e cosi sono passati decenni  in cui a “gestire pro domo sua” il territorio sono gli stessi, direttamente o per interposta persona.  Ed il cittadino? Si è accontentato di un falso posto di lavoro per tacitare la coscienza, mentre l’operatore turistico ha chiesto solo di salvaguardare la propria posizione a discapito dei colleghi. Basterebbe fare un ”rewind” e vedere chi amministrativa Palinuro ai tempi del Club Med e chi lo amministra oggi. Basterebbe fare una chiacchierata con i vari Assessori al Turismo dei Comuni per capire in quali menti eccelse sono riposte le speranze di rinascita del territorio. E così qualcuno realmente pensa di fare turismo di qualità? Ma non scherziamo!
     Al massimo ci potranno essere delle “isole felici”: isole perché oltre la porta c’é l’inferno  frutto della disorganizzazione imperante. Oggi i pochi veri operatori ed imprenditori turistici che vivono oltre Agosto, devono poter contare solo sulle loro capacità gestionali, promozionali ed organizzative e si trovano a lottare, contro le Amministrazioni,  per evitare che la melma che esiste fuori entri anche nelle loro strutture.
     Come si può pensare di “fare turismo” quando manca una vera classe imprenditoriale: sembrerebbe una bestemmia viste le tante attività commerciali esistenti. Esistono tante strutture turistiche, ma quelle frutto di un’idea imprenditoriale sono, guarda caso, quelle poche che mirano ad un lavoro più continuo. Le altre sono il frutto dell’assistenzialismo più negativo, dei finanziamenti a pioggia, sono quelle gestite da chi pretende di operare nel commercio con la mentalità dell’impiegato statale: “spendo (non investo) solo se sono soldi altrui, se devo spendere soldi miei lo faccio solo se certo del ritorno economico”.
      Essere imprenditori è ben altra cosa: chiedere a quelle migliaia di persone che quotidianamente aprono la saracinesca del proprio negozio, sperando di “salvare la giornata”.
     Turismo di qualità nel Cilento? Certo, solo quando ognuno, nel suo piccolo, riflettendo capirà che il turismo non è arricchimento selvaggio, ma professione che può arricchire se siamo in grado di offrire agli altri quello che vorremmo avere quando siamo noi ad essere in vacanza.
     Invece oggi succede che vogliamo l’oro, pagandolo per ottone e vendiamo l’ottone facendolo pagare per oro. Questo non significa essere furbi (intelligenza è altra cosa), significa solo castrarsi con le proprie mani. Forse è meglio così: da castrati non si potrà dare vita ad un’altra generazione di persone capaci di annullare ogni ricchezza dataci dalla Natura. Del resto il Padre Eterno dopo aver creato il Cilento profondendo ogni energia, si è risparmiato nel creare noi Cilentani: tutto perfetto sarebbe stata una bestemmia.
     Perché dopo tante riflessioni negative continuo ad aver fiducia? Perché penso che una volta toccato il fondo, si potrà risalire evitando di commettere i soliti errori. Del resto bisogna pur aver fiducia in qualcosa: anche vincere all’Enalotto è una speranza vana, eppure giochiamo…..
Giuseppe Orlando
info@turismoedintorni.org

 

Risposta del direttore

Gentile Giuseppe Orlando
La ringrazio nuovamente per i suoi contributi di riflessione e per gli spunti che offre ai nostri lettori. Nel risponderle rischio di scivolare sulle ovvietà e sulla retorica da strapazzo, ma con sorpresa spesso mi accorgo che a volte è proprio lì che risiede qualche opportuna risposta proprio perchè il nostro territorio non ha raggiunto, a mio modesto avviso, neppure un livello di decoro, ovvio per un contesto che ama definirsi turistico. Ho la fortuna per lavoro di girare e viaggiare abbastanza e di mettere quindi a paragone le nostre risorse con quelle di altri posti. Di recente sono stato a Vernazza (Cinque Terre) posto incantevole non solo paesaggisticamente. Bene lì si vivono problemi diversi dai nostri semplicemente perchè se immaginiamo una scala evolutiva quei problemi noi li dovremmo vivere fra circa 150 anni. Non hanno un turismo stanziale, ed ogni fazzoletto delle Cinque Terre accoglie i turisti al massimo per due giorni. L’intero territorio è un unico sistema turistico. C’è quindi l’esigenza di confezionare una vacanza cercando di fare entrare nel pacchetto quante più esperienze possibili da poter consumare in brevissimo tempo. Ecco credo di vederla allo stesso suo modo su quanto ha scritto. Forse però ha dimenticato di pronunciare un aspetto che sarebbe probabilmente insito nel suo messaggio. Ogni popolo ha la classe dirigente che merita e per conseguenza anche i risultati in termini sociali ed economici. Il nostro è un popolo che assomiglia più ai sudditi che ai cittadini. Questo l’ho anche motivato in un editoriale che se ha pazienza nella lettura può trovare su questo quotidiano, alla sezione "cerca" in alto a destra digitando (popolo di camerota più sudditi che cittadini). Ma anche rispetto ai sudditi autentici marchiamo le nostre differenze. Quelli della storia anglosassone (che pur avendola una regina sono invece diventati cittadini per davvero), dicevo quelli lì erano individui dediti al lavoro, alla fatica, al sacrificio e alla vita dura. Noi invece amiamo essere assistiti e lavorare due, tre mesi l’anno. Una piccolissima parentesi mi sia concessa anche sulla questione ‘musica alta’ a Camerota che ha richiamato diverse riflessioni, non per rispondere a lei ma ai molti che hanno scritto. Leggevo da una lettera di un operatore turistico la denuncia verso un contesto che non favorisce qualità sia dal punto di vista della programmazione che delle strutture. E che tali operatri sarebbero ben lieti di fare la loro parte in una realtà turistica di più elevato livello. Rispetto a questa affermazione non ho letto nessuna risposta. Invece credo meriti qualche rilflessione anche per aiutare ad uscire da un livello definito polemico. Ritorno alla sua lettera. Condivido il profilo che lei traccia sull’imprenditore turistico. Aggiungo solo che quelli che ho il piacere di conoscere sono più dediti alla programmazione che all’amministrazione. Ovvero ciò che i nostri proprio non amano fare, limitando, per la maggiore, il proprio tempo di intervento al momento dell’arrivo del cliente. E’ come il chitarrista che pensa solo a suonare senza prima accordare. O come il piastrellista che pensa solo a mettere la mattonella senza prima preparare il massetto e una buona colla. In entrambi i casi si rischia di fare un cattivo lavoro ed una suonata stonata. Certo la fase di programmazione è più laboriosa e meno divertente, qualcuno quindi pensa bene di rinunciarci. Ecco quindi la sciorinata delle ovvietà. Sperando che ci sarà dato modo di dibattere al di là di questo stretto, strettissimo recinto. Alla prossima epistola

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