Tre strade lo collegano alla statale: due sono chiuse, tra un po’ anche la terza. Il sindaco: “la montagna cede”

| di
Tre strade lo collegano alla statale: due sono chiuse, tra un po’ anche la terza. Il sindaco: “la montagna cede”

«Questo è un paese che andrebbe presidiato dalla Protezione Civile». A due mesi dalla frana che ha mosso la terra per oltre un chilometro e mezzo, Maria Luisa Pecori, giovane consigliera comunale, lancia l’allarme sul rischio isolamento di Roscigno. Il motivo è semplice: delle tre strade che mettono in comunicazione questo paesino con il resto del mondo, due sono chiuse. Da tempo. E quella che sopravvive alla viabilità è in condizioni per nulla ottimali sicure e presenta diversi punti frana sul tragitto. Se cedessero, il rischio sarebbe zero vie di fuga. Ed il paese resterebbe isolato da tutto e tutti. A Roscigno, dopo il clamore dei primi giorni di dicembre, quando giravano le immagini dell’asfalto spaccato con la montagna che franava, i riflettori si sono gradualmente spenti. Ma il dramma e il precario equilibrio geologico sono rimasti. In località Sant’Andrea, davanti ad una casa, c’è un’ordinanza sindacale di sgombero.
Luciana Di Mieri fino al 3 dicembre dello scorso anno abitava lì insieme a sua figlia e a suo marito. Madre e figlia, nel giorno della protesta degli alluvionati, erano a Roma a mostrare le foto della loro casa distrutta. I pilastri di cemento come spaccati da una scossa di terremoto. Ma è stata solo una frana. A Roscigno, nei giorni dell’emergenza, sono arrivati ottantamila euro della Protezione civile regionale, spesi per irreggimentare le acque. Come ha riferito il vicesindaco Benito Resciniti, durante l’audizione in commissione Ambiente della Regione Campania, la frana è interessata da varie sorgenti. Ma una sola è stata captata.
Delle altre non si ha traccia. Poco più giù, in località Morinello, la geografia del territorio è completamente stravolta. Qui, qualcuno ha visto anziani andare nei terreni devastati e piangere. Perché questo movimento sotterraneo, non ha avuto solo la forza di spostare una strada, trascinarla, muovere come pedine alberi fontane, alterare i confini, ma anche quella di fermare l’orologio di tanti agricoltori. «Ora c’è un problema di catasto — dice il vicesindaco mentre mostra le lingue d’asfalto scivolate a valle — perché ad esempio c’è chi prima aveva sul suo terreno ulivi e ora si ritrova con degli alberi di noce». Come un crudele gioco da tavolo, la frana ha modificato le proprietà. Tutto da rifare. Ci sono fondi agricoli divenuti irraggiungibili con questi smottamenti.
A Roscigno c’è ora però soprattutto un problema di viabilità e di collegamenti. E’ chiusa la provinciale 342 per Corleto Monforte. E’ chiusa la stessa provinciale per Sacco. Qui tra la notte del 2 e 3 novembre caddero dei massi dal costone del Favaro. Arrivano i tecnici del Genio Civile, della Provincia di Salerno, i Vigili del Fuoco. Viene rilevata la massima pericolosità e scatta il divieto di transito. Va bonificato il costone. Il 7 dicembre arriva un’impresa di rocciatori. «Il 18 dicembre— si legge in una delibera del comune di Sacco — arriva una relazione del Genio Civile in cui si conclude che lo stato di emergenza resta, nonostante la bonifica». L’unica soluzione prospettata è una galleria paramassi. Conclusione: la strada resta chiusa. Il sindaco di Sacco, Antonio Macchiarulo, tra il serio e lo scherzoso commenta: «Aspettiamo la galleria».
A soffrire di più lo zig zag di divieti e deviazioni sono gli studenti. Che ogni giorno devono cimentarsi in questa sorta di rally tra frane e rocce. tempi di percorrenza con gli autobus adesso sono aumentati. I ragazzi di Sacco che vanno al liceo a Roccadaspide partono alle 6.30 del mattino. Gli ostacoli sono uno sulla statale 166 al km 27.700 dove pare siano ancora in corso i lavori di sistemazione della carreggiata, e dove dopo due anni di semaforo, vige ancora il divieto di transito per camion e pullman. L’altra strada interrotta è la provinciale che da Ottati porta ad Aquara. Gli studenti arrivano a scuola alle 8.30. Dopo due ore. Qui, in questa area del Parco del Cilento e Vallo di Diano, così si campa.

Fonte: corriere del mezzogiorno

Consigliati per te

©Riproduzione riservata