Si discute di storia, letteratura e meridione con “Cristo si è fermato ad eboli”

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Si discute di storia, letteratura e meridione con “Cristo si è fermato ad eboli”

Nella giornata di domenica 1 agosto, alle ore 17 e 30, si svolgerà a San Giovanni a Piro un dibattito articolato intorno a idee e spunti inerenti la famosa opera letteraria "Cristo si è fermato ad Eboli" scritta da Carlo Levi. L’iniziativa avrà luogo presso i giardini pubblici del paese cilentano.

 

Cristo si è fermato a Eboli è il libro più famoso di Carlo Levi, scrittore, pittore, medico che attraverso quest’opera racconta la sua storia di confino in Basilicata sotto il regime fascista. Un libro che è diventato anche film grazie all’abile regia di Francesco Rosi e all’efficace interpretazione di Gian Maria Volonté.

Perché Eboli?

Eboli come limite storico, non solo geografico, di un mondo. Perché Eboli è il paese dove la strada e il treno abbandonano la costa, e si addentrano nelle terre aride, desolate della Basilicata.

Un libro pubblicato da Giulio Einaudi nel 1945 dopo la liberazione, in un’edizione dalla carta grigiastra. Da subito incontrò il favore della critica e del pubblico, in Italia e all’estero, tanto da diventare un classico della letteratura italiana, grazie alla capacità di Levi di raccontare quel mondo chiuso, con la consapevolezza che sarebbe rimasto uguale a se stesso.

Rocco Scotellaro disse: «Cristo si è fermato a Eboli è il più appassionante e crudele memoriale dei nostri paesi», mentre Asor Rosa in Scrittori e popolo afferma «Levi giudica la realtà secondo gli schemi semi-mitici dell’Uomo e della Storia. Ma l’Uomo a cui guarda, e la Storia, secondo cui giudica, non restano opinioni generali, volontaristiche affermazione di verità. Egli non esce dal campo del Mito, anzi per lui la realtà descritta tende sempre a diventare anch’essa mito ma come accade talvolta, il Mito s’incarna in lui in una figura concreta».

Un libro di guerra, fino a quando l’autonomia e la libertà saranno la ragione d’esistenza di molti. L’atteggiamento di Levi è quello di colui che per passione di vivere si trova bene in qualsiasi luogo, e cerca di tenere tutto insieme. Quel suo parlare di un paese ignoto, di linguaggi ignoti, problemi antichi non risolti, di alterità presente, dell’individuo come luogo di tutti i rapporti e di un mondo immobile di chiuse possibilità, ne è la dimostrazione.

Ci si accorge, prendendo quel treno, tornando a Eboli, osservandone la stazione martoriata, per incuria, inciviltà, percorrendo questo paese ancora lontano dal Tempo e dalla Storia, andando per i paesi da lui descritti, come Senise ad esempio, che quel mondo è ancora tutto lì: racchiuso in un dolore che non può essere lenito.

 «Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello che si usa chiamare la Storia. … Ma chiuso in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è grato riandare con la memoria a quell’altro mondo, serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte. – Noi non siamo cristiani, – essi dicono, – Cristo si è fermato a Eboli».

Informazioni e spunti tratti da www.italialibri.net

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